400 nombres vascos al norte de los Pirineos

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83
V
METEOROLOGÍA / 85
CONCIERTO/ 88
FESTIVAL DE BLUES / 90
El cineasta Sean Casey
se adentra en los
tornados para filmarlos
«A nosotros se nos
perdona el éxito»,
declara Estopa
La veteranía de
Ike Turner busca
hoy al público de Getxo
Y ADEMÁS . . .
RELIGIÓN / 87
Los reclusos judíos,
musulmanes
y evangélicos
recibirán servicios
religiosos
Un real decreto
regula desde ayer
el derecho a culto
en las prisiones
españolas
FERIA DEL LIBRO / 89
Adolfo García
Ortega da vida a
marinos, muñecos
y magos en su
novela ‘Autómatas’
«Para mí, el
mar era el cielo
y el infierno,
la libertad y
la fatalidad»,
declara el autor
situado a tan sólo diez kilómetros de Vitoria. / EL CORREO
esta misma época podrían ser
también una pequeña serie de
nombres propios en vascuence
encontrados en lápidas de Álava,
Guipúzcoa y Navarra.
Los investigadores sostienen
que, hacia los siglos IV y V, gentes de Aquitania emigraron hacia
tierras del Sur, extendiendo así
su lengua. La secuencia temporal no continúa al no encontrarse testimonio alguno hasta el
siglo X, en el monasterio riojano
que atesora también las primeras palabras del castellano.
Esta confusa cronología del
idioma vasco incrementa la
importancia de las inscripciones
encontradas en el yacimiento situado cerca de Nanclares de la
Oca, en el que también ha aparecido la primera representación
del calvario de Jesús, fechada en
el III d. C.
Este primer conjunto de sencillos dibujos, que arroja luz
sobre los albores del cristianismo en el País Vasco, se completa
con una segunda colección de
epigrafías lingüísticas. La expresión ‘Urdin izar’ no es única. Los
arqueólogos han encontrado más
vocablos. Entre ellos, destacan
dos palabras que pueden ser el
primer fragmento de la oración
del Padrenuestro. Se trata de la
secuencia ‘Geure ata’ que, según
estudiosos consultados por EL
CORREO, «casa bien con las posiciones de lingüistas que defienden su evolución posterior a ‘gure
aita’» (‘nuestro padre’).
muy cauteloso respecto a las
fechas definitivas de los hallazgos que remiten al primitivo vascuence. «Creemos, como hipótesis de trabajo, que se correspon@@h?
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La comunidad
científica se muestra
cautelosa respecto
al hallazgo
La cronología del
euskera tiene un
periodo oscuro de
siete siglos
La investigación ha
sido encargada a
Henrike Knörr y
Joaquín Gorrotxategi
Otros vocablos
Además, la cerámica enterrada
durante muchos siglos tiene grabadas palabras como ‘edan’, ‘jan’
y ‘jainkoa’ (‘beber’, ‘comer’ y
‘señor’). A todos estos vocablos se
añaden algunas pequeñas frases
no dadas a conocer hasta que no
se pongan en relación unas con
otras.
El equipo investigador del yacimiento, situado a sólo diez kilómetros de Vitoria, se muestra
Escena
cotidiana en
el antiguo
poblado de Iruña.
?
?
??
??
??
??
den a época tardorromana», se
limitó a decir mediante un comunicado.
La misma prudencia mantiene
la comunidad científica. Especialistas en Lingüística e Historia de la Lengua Vasca eludieron
ayer emitir siquiera una primera valoración respecto al conjunto epigráfico de Iruña-Veleia hasta que no avancen los estudios ya
en curso.
La investigación ha sido encargada a dos estudiosos de primera
fila: el director de Investigación
de Euskaltzaindia y catedrático
de Filología Vasca de la UPV, Henrike Knörr, y su colega Joaquín
Gorrotxategi, autor de numerosos trabajos sobre el euskera primitivo. Tienen por delante una
ardua tarea, porque en IruñaVeleia queda por excavar el 99%
del yacimiento, con lo que esta
primera ‘estrella azul’ puede ser
sólo la estela que arroje nueva luz
sobre una lengua milenaria.
m.j.carrero@diario-elcorreo.com
400 nombres vascos
al norte de los Pirineos
Aquitania atesora la
mayor colección de
términos propios
del euskera arcaico
M. J. C. VITORIA
Estrabón escribía en los primeros años de la era cristiana en
su ‘Geografía’: «Los aquitanos
son completamente diferentes
(de los demás galos) no sólo linggüística sino corporalmente, y
más parecidos a los iberos».
Apenas existen referencias
sobre el parecido lingüístico al
que se refiere el geógrafo y escri-
tor griego. La razón es muy sencilla. Luis Núñez Astrain la
explica en ‘El euskera arcaico:
Extensión y parentescos’. «No
se conserva ningún texto arcaico redactado en euskera, pero sí
unos nombres vascos incluidos
en inscripciones latinas sobre
piedra, generalmente mármol,
de los tres primeros siglos de
nuestra era», señala el investigador para referirse a las lápidas funerarias de Aquitania.
Estas inscripciones contienen
unos 400 nombres vascos de personas, supuestamente referidos
a difuntos, y unos 70 de divinidades vinculadas generalmente a algún árbol o animal, y muy
diferentes de las deidades de las
zonas próximas en la ribera
derecha del Garona, ya en territorio de los galos.
Esta colección de nombres
propios, fechada entre los siglos
I y III d. C., constituye el primer
testimonio escrito de la lengua
vasca. Pero en esta época no se
encuentra ni un solo vocablo
que haga referencias a cuestiones comunes.
Los rasgos fonéticos de esta
nómina, que contiene también
híbridos del euskera con otras
lenguas, son válidos para los
nombres testificados al sur de
los Pirineos, que son mucho
menos abundantes.
Así, Navarra, Guipúzcoa y
Álava también registran en
estos mismos siglos estelas
funerarias con nombres propios euskéricos. Seis son de la
zona central de Álava. Se da la
circunstancia de que dos de
ellas fueron encontradas, precisamente, muy cerca de Iruña-Veleia.
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