Guatemala. El Mirador - Viaggi Avventure nel Mondo

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Una “prima” nella giungla per scoprire
la citta’ perduta dei maya: El Mirador
Dal Peten Archeo Trek del gr. Ceriani
El
Guatemala
Lago Atitlan
Mirador
Penten, templi
Testo e foto di Maurizio Ceriani
La partenza
P
artire per un viaggio è sempre un’emozione.Ci
sono curiosità, il fascino dell’evasione, dell’avventura e dell’ignoto, ma una “Prima” è ancora
di più; la si porta in gestazione per tanto tempo, la si matura, e con le proprie convinzioni e
entusiasmo. E quando si parte non ci si sente mai preparati abbastanza anche se razionalmente si sa benissimo che
non è così.
L’idea di questo viaggio nella giungla guatemalteca del Peten alla scoperta di El Mirador mi è venuta più di due anni fa, quasi per caso, leggendo qualcosa e parlando di questo posto sperduto, sconosciuto ai più per la sua posizione geografica difficilmente accessibile, ma sorprendentemente vivo per ciò che di nuovo sta dando agli archeologi che ci stanno lavorando e quindi alla storia.
Raggiungere El Mirador significa effettuare una lunga camminata nella giungla con tanti chilometri da percorrere su
sentieri tendenzialmente pianeggianti, e comunque con
pochi saliscendi, ma che possono diventare molto difficoltosi se si mette a piovere; e ciò è possibile anche durante la stagione secca. Camminare nella giungla può senza dubbio essere affascinante, per l’atmosfera e per l’ambiente, ma può apparire oltre modo monotono in quanto
la vegetazione è fitta e per lunghi tratti uguale a se stessa;
generalmente si cammina all’ombra e di panorami se ne
vedono pochi. Le difficoltà inoltre non finiscono con le
camminate,ma persistono per la presenza di numerosi insetti che anche in questa stagione procurano punture varie nonostante i repellenti.Alla sera le cene si consumano al campo e si dorme nelle amache che con le loro zan-
zariere sono legate agli
alberi e che possono essere anche comode, almeno fino a quando non
piove e diventano impregnate di umidità.
I campi sono sempre dei luoghi predisposti per i bivacchi,
con capanne rudimentali provviste solo di telone e che
servono per ripararsi e per cucinare e hanno generalmente un tavolo per mangiare.
I chilometri che si percorrono in sette giorni sono in tutto circa 140, sempre su sentieri ben tracciati e tenuti puliti anche se bisogna sempre prestare attenzione a rami,
piante ed innumerevoli ragnatele. La giungla tutt’intorno
non è quasi mai puramente tropicale e per la maggior parte del percorso appare come un fitto bosco dalla vegetazione molto intensa attraverso la quale gli agenti esterni,
come il sole o la pioggia, riescono a penetrare, ma senza
continuità.
Ma affrontare questo significa arrivare a El Mirador.In quest’area di circa 16Kmq sono disseminati numerosi templi,
costruzioni e grosse piramidi,una delle quali,quella di Danta, è una delle più grosse piramidi mai costruite al mondo.Tutto il sito è di notevole importanza archeologica ed
è tuttora oggetto di scavi e studi da parte di diverse università statunitensi e guatemalteche. Le testimonianze ricavate in questo luogo stanno facendo riscrivere la storia
della civiltà Maya,facendo anticipare di diversi secoli la datazione del loro apogeo che fino a poco tempo fa era datato solo nel periodo classico e cioè tra il III ed il IX secolo d.C.; il periodo di Tikal.
E tutto ciò fa di El Mirador un posto unico per il suo fascino, anche se la maggior parte delle costruzioni è ovviamente ancora sepolta sotto la fitta vegetazione e per
il mistero del suo sostanziale abbandono avvenuto diciotto secoli fa.
Così si parte con le poche informazioni tuttora disponibli e la mente aperta, preparati ad affrontare sia il fascini
e le incognite di un’avventura un po’ più particolare del
solito.
E così si viaggia completamente all’oscuro dell’entità della tragedia dovuta allo Tsunami che in questi stessi momenti sta provocando distruzioni e lutti dall’altra parte
del mondo.
Tikal
Il viaggio è stato lungo coi soliti voli aerei, transiti, coincidenze, per finire col lungo tragitto in bus da Guatemala
city a Flores dove siamo arrivati ieri quasi a mezzanotte.
Non è la prima volta che questa cittadina sorniona, ma viva, appoggiata su una penisola e circondata dal suo dolce
ed invitante lago, fa da base di partenza per le mie escursioni. E anche questa volta sarà così, per il lungo trekking
a El Mirador prima del quale però ci concediamo una dovuta visita a Tikal.
A 60Km a nord di Flores,Tikal è già in mezzo alla giungla,
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ma raggiungibile facilmente con una comoda strada ed è
per questo che la sua fama e i suoi turisti stanno aumentando visibilmente. Ci sono stato per la prima volta ben
quattordici anni fa;molto è cambiato,ma l’attrattiva e il fascino di questo luogo restano inalterate.Come in tanti altri siti, anche qui molto è ancora da scoprire, ma quello
che si vede è stupefacente. Le piramidi si stagliano contro
il cielo e contrastano col verde della natura che le circonda. Ovunque qui si sente il fascino della civiltà Maya,
della sua cultura e della sua potenza.
Come tanti altri centri,anche Tikal venne abbandonata misteriosamente nel IX secolo d.C., dopo essere stata egemone in questa zona per oltre sei secoli.Variazioni climatiche, calamità naturali, mancanza d’acqua, carestie, eccesso di sfruttamento delle risorse naturali, guerre e rivolte;
queste sono le possibili cause che ancora oggi vengono
ipotizzate e che valgono per tutto il mondo Maya come
causa di abbandono di tutti i grandi centri nella giungla.
E così Tikal piace sempre, sia a chi l’ha già vista tre volte
sia a chi assapora il gusto della novità. E’ un posto unico,
magico,trasuda storia e fascino con le sue costruzioni suggestive immobili nel tempo. C’è un bel sole e questa visita in questa prima giornata serve anche per avere un assaggio della storia dei Maya e farsi un’idea di ciò che andremo a vedere.
I giorno di trekking:
Flores/Carmelita/Ramonal
Ed è così arrivato il momento tanto atteso; c’è un po’ di
eccitazione, nonostante l’ora. Sono le 6,00 e siamo tutti
pronti. Il minibus dell’agenzia arriva un po’ in ritardo; carichiamo tutto e partiamo per il villaggio di Carmelita dove arriviamo dopo tre ore di strada sterrata. Carmelita è
il solito posto di frontiera con poche povere case ai margini della foresta;qui ci aspetta Darwin,la nostra guida,che
comincia ad organizzare il carico dei cavalli. L’operazione
non è veloce, tutti i bambini del paese ci guardano incuriositi coi loro occhi sgranati mentre sistemiamo ogni prodigio della nostra tecnologia.Anche se questo è il posto
di partenza per ogni trekking verso El Mirador, di turisti
se ne vedono comunque pochi; solo un piccolo gruppo di
tre inglesi parte con noi, ma farà il giro in senso inverso e
saranno comunque gli unici viaggiatori che incontreremo
nei prossimi giorni.
Carmelita - prima della partenza per il trekking
Nelle strade di Antigua
Ci addentriamo subito nella fitta foresta primaria, dove la
luce del sole fa quasi fatica a filtrare tra le piante imponenti; il sentiero è però ben segnato anche se a tratti è
fangoso. Camminiamo di buona lena perché siamo partiti
in ritardo e si deve recuperare.Dopo poco più di due ore
arriviamo a Floridia che è un sito archeologico minore dove però sono state ripulite e restaurate alcune abitazioni
che visitiamo; poco distante, in un presidio delle guardie
della riserva, ci fermiamo per il pranzo, ma i cavalli con i
viveri non arrivano e quindi, dopo un po’ di attesa, non ci
resta che riprendere il cammino senza aver pranzato…
Proseguiamo sempre di buon passo perché bisogna arrivare prima del buio. Camminiamo tutti in fila nel sentiero
sempre ben segnato con attorno la fitta vegetazione.Darwin mi dice che negli ultimi anni sta piovendo sempre meno e che tutta l’immensa biosfera del Peten comincia a risentirne.
Riusciamo ad arrivare a Ramonal alle 17,30.Ramonal è un
piccolissimo e squallido accampamento di Chicleros che
sono raccoglitori di gomma vegetale da masticare; questa gomma viene estratta dagli alberi e poi impastata in
panetti per essere venduta alle solite multinazionali. Per
ricavare un panetto, grosso più o meno come un mattone, bisogna lavorare su un centinaio di alberi e viene venduto a venti o venticinque dollari che qui possono essere
anche tanto. Ma le condizioni di lavoro sono veramente
dure. In questa stagione di insetti ce ne sono pochi, ma
durante la stagione delle piogge anche l’aria diventa irrespirabile per la loro quantità, il terreno si infesta di serpenti ed essere morsi da un serpente corallo significa sicuramente morire.
Qui ci sistemiamo attorno al fuoco, i cavalli arrivano alla
spicciolata ed un po’ in ritardo. La temperatura scende a
20°C, si fa notte e il cielo si riempie di stelle. Riusciamo a
cenare solo alle 21,00 e dopo ci montiamo le amache.Siamo stanchissimi quando alle 23,30 riusciamo ad andare a
dormire.
II giorno di trekking: Ramonal/Nakbe
Ramonal alla mattina ci appare ancora più desolante anche perché la sveglia è alle 4,30 con Radio Honduras a tutto volume accesa dai lavoranti. Dopo colazione ci prepariamo, facciamo un giro per vedere come si raccoglie la
gomma da masticare e come la si impasta e poi partiamo
per la nostra lunga camminata; sono le 8,30. Lasciamo Ramonal e le facce segnate di questa gente che vive e lavora in condizioni per noi estreme.
Il ritmo del nostro cammino è oggi più tranquillo anche
se si devono fare ben 30Km. Il sentiero è segnato in mezzo ad una ricca vegetazione che ci copre a volta, il sotto-
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bosco è fitto e secco e le radici degli alberi sono forti nel
terreno. Ci sentiamo costantemente parte integrante di
un sistema incredibilmente primordiale ed affascinante,
unico. Si cammina con un senso di libertà respirando l’aria a pieni polmoni,si subisce il fascino dell’isolamento sentendosi parte di una spedizione e sentendo il fascino dell’avventura allo stato puro.
Camminiamo fino alle 12,30, ci fermiamo un’ora per un
pranzo veloce e poi ripartiamo. Il sole filtra tra gli alberi,
si sentono diversi rumori della giungla e si vedono i primi
uccelli e le prime scimmie che fanno ondulare gli alberi.
Fortunatamente il terreno è asciutto e arriviamo a Nakbe alle 17,00. Si monta il campo, qui il posto è bello e ci
sistemiamo in una radura discretamente disboscata adiacente all’accampamento delle guardie. Ci fermeremo due
notti. Ceniamo alle 19,00 e dopo aver ammirato la bellissima stellata andiamo a dormire in preda alla stanchezza
per la lunga camminata, siamo soddisfatti.
III giorno di trekking: Nakbe
Come El Mirador, anche Nakbe è una città perduta, contemporanea e alleata della più potente e famosa vicina nel
periodo pre-classico dei Maya.Alleate,le due città che distano solo 15Km, erano collegate da una comoda strada
lastricata e avevano probabilmente almeno parte delle
strutture agricole in comune. Questi enormi campi, coltivati principalmente a mais, erano posti tutt’intorno alle
città nella giungla disboscata e provvedevano ad alimentare tutti gli abitanti delle città stesse.
Oggi siamo più rilassati e dopo la lunga camminata di ieri
ci concediamo una giornata tranquilla gustandoci Nakbe.
Qui è praticamente tutto coperto dalla vivace vegetazione, ma le spiegazioni di Darwin e la nostra fantasia ci fanno immaginare una bella città.Saliamo sulla piramide principale da dove ammiriamo un bellissimo panorama che
spazia, sopra la fitta vegetazione, per innumerevoli chilometri;in lontananza si scorgono le cime delle piramidi degli altri insediamenti, tra i quali El Mirador.
Andiamo poi all’osservatorio, al campo della pelota e dopo pranzo saliamo su un’altra piramide e andiamo a visitare un tempio questa volta pulito dalla vegetazione e restaurato, bello ed interessante per ciò che ci racconta dei
riti Maya.
Purtroppo comincia a piovere anche se non copiosamente; dobbiamo quindi tornare al campo per stendere i teloni impermeabili sopra le amache.
Gustiamo la cena e festeggiamo l’ultimo dell’anno con vino,dolci e liquore locale portato da Darwin;ci auguriamo
tutti buon anno e andiamo a dormire alle 21.00; in questa
atmosfera sembra notte fonda!
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Guatemala
silenzio più assoluto, siamo anche riusciti a sentire il rumore della pioggia in lontananza, quasi una colonna sonora delle nuvole scure del cielo. E infine i templi di Cascavel e Leon, completamente coperti dalla vegetazione, ma
fatti incredibilmente rivivere dalle interessanti spiegazioni
di Darwin.
Il sito è molto grande e quindi si è camminato parecchio
anche oggi; alla fine la pioggia arriva anche su di noi, fortunatamente dopo il nostro rientro al campo. E’ stata una
giornata emozionante e intensa e piove ancora mentre ceniamo e durante la chiaccherata serale, e anche durante
la notte…
El MIrador - il gruppo sulla piramide di Danta
VI giorno di trekking: El Mirador/El Tintal
IV giorno di trekking: Nakbe/El Mirador
L’anno comincia purtroppo col cielo nuvoloso; smontiamo il campo e ci incamminiamo alle 8,30 verso nord, a El
Mirador. Durante la prima parte del tragitto piove a tratti, ma c’è entusiasmo per l’avvicinarsi della nostra meta,
inoltre il terreno è abbastanza compatto e si procede senza difficoltà. Siamo sempre nel fitto della giungla, sotto i
nostri piedi foglie bagnate, e sopra le nostre teste alberi
che ci riparano dagli scrosci di pioggia che si sentono soltanto. Intravediamo scimmie, uccelli di diverse specie ed
altri animali che scappano al nostro passaggio nel fitto sottobosco. Alcuni alberi caduti ostruiscono il nostro passaggio rendendo a volte difficoltoso il cammino dei muli.
Giungiamo all’ingresso di El Mirador alle 12,30; ha smesso di piovere.Il sito è molto esteso e nell’attraversarlo intravediamo alcune costruzioni e due stele molto belle;arriviamo al campo in mezz’ora e con Darwin decidiamo
dove e come accamparci.
Questo campo è molto esteso essendo lo stesso utilizzato dalle spedizioni archeologiche che periodicamente,ancora oggi, raggiungono questo posto per le nuove rilevazioni e lavori vari di ripristino; anche Darwin partecipa a
questi lavori organizzati da università statunitensi e guatemalteche.
Poiché il tempo minaccia ancora pioggia sfruttiamo delle
strutture esistenti, non lontano dal presidio dei guardiani
del sito, per montare il tendone sopra le amache; dopo
pranzo comincia a piovere e piombiamo nell’umidità…
Piove per il resto del pomeriggio e riusciamo quindi a concederci solo qualche camminata nei paraggi del campo,giusto per non perdere l’abitudine. Dopo cena il cielo si rasserena e saliamo quindi sulla sommità della vicina piramide di El Tigre. Durante il cammino, alla luce delle nostre
torce,scorgiamo un grosso serpente di due o tre metri di
lunghezza, per fortuna non velenoso. Una volta saliti, comunque, riusciamo ad ammirare una magnifica stellata;
sembra di esserci in mezzo …
V giorno di trekking: El Mirador
Oggi il tempo è migliore e possiamo partire alla scoperta
del sito.
El Mirador è archeologicamente importante perché le ricerche qui condotte stanno spostando indietro, di alcuni
secoli, l’orologio dell’organizzazione sociale dei Maya. Prima di tale scoperta si credeva che questo popolo, parte
del quale si era trasferito dagli altipiani centrali del Guatemala in questa zona apparentemente inospitale, avesse
sviluppato strutture sociali tali da poter costruire città architettonicamente imponenti e influenti culturalmente e
militarmente su ampie zone del territorio, solo nel perio-
do classico e cioè tra il III ed il IX secolo d.C., secolo nel
quale si assiste al misterioso e definitivo abbandono di tutto il Peten per giungere poi al definitivo declino della civiltà Maya.
In pratica le stesse ragioni ipotizzate che vanno dal dissesto dell’ambiente, alle carestie, epidemie, rivolte sociali o
guerre che avrebbero portato all’abbandono di Tikal e Palenque, avrebbero anche causato, molti secoli prima, l’abbandono di El Mirador; circa nel III secolo d.C.
El Mirador a quell’epoca, e per tutti i secoli precedenti
corrispondenti all’era pre-classica dei Maya, era una città
imponente e potente che contava probabilmente tra i cinquanta ed i sessantamila abitanti.Le costruzioni erano belle e maestose e degne forse della città più grande del continente già a partire dal IV secolo a.C. Le piramidi di El Tigre e di Danta sono alte settanta metri e sono più grosse di quelle di Tikal, o di altre favolose città Maya, costruite ben sette o più secoli dopo.
Questo è ciò che è sepolto qua, sotto questa natura rigogliosa,affascinante,invadente e che incute un po’ di soggezione.
Dopo alcuni anni di lavoro (il sito è stato scoperto nel
1926, ma l’inizio delle attività archeologiche è degli anni
’70), solo alcune parti sono state scoperte e strappate alla natura che le ha coperte per secoli.Non c’è quindi molto da vedere, ma calpestare secoli importanti di storia fa
sempre un certo effetto e ci fa sentire l’ebbrezza dell’avventura fin nelle ossa.
Saliamo prima sulla piramide di Danta, la più alta della città.La piramide ed il suo complesso sono situati poco fuori dalla città stessa e per salirci si percorre una ripida scalinata, ricavata nella terra, aiutandosi con una corda. Solo
la cima è pulita e fa affiorare le antiche pietre e dalla sua
sommità si può individuare la topografia della zona e delle sue costruzioni. Solo poche parti delle pareti sono pulite e solo a tratti si intravedono le pietre della costruzione, ma salire in cima ad essa ci fa sentire sul tetto della giungla con una veduta a 360° che è semplicemente mozzafiato: un mare verde a perdita d’occhio. I colori sono i
più disparati: dal verde più acceso all’azzurro intenso del
cielo, dal bianco delle nuvole che si rincorrono al cupo
verde della pianura dovuto alle loro ombre mobili.Andiamo poi al tempio 34 detto dei “Mascarones”, che è stato
di recente completamente restaurato e che col suo stucco chiaro e fresco sembra quasi una nuova costruzione
che contrasta con la natura circostante.
Dopo il pranzo al campo ripartiamo alla scoperta del sito visitando la piramide di El Tigre e quella di Los Monos
dalle quali si hanno vedute altrettanto sensazionali vedendo le cime delle piramidi di Nakbe ed El Tintal; qui, nel
Siamo ancora appagati da quanto abbiamo visto ieri, ma
anche molto umidi per la notte trascorsa;qualcosa si è bagnato nonostante la copertura perché ha piovuto durante la notte anche se non in maniera intensa. Piove ancora
e dopo colazione partiamo sotto l’acqua. Lasciamo così
questo luogo unico, sperduto, affascinante e meraviglioso.
Sulla strada ci fermiamo per visitare due templi splendidamente puliti e restaurati appena fuori dal sito; questa
era una città satellite adiacente alla grande El Mirador. I
templi sono veramente belli con la loro struttura in pietra che emerge dal verde vivo della giungla,se tutto El Mirador fosse così sarebbe splendido…
Gli scarponi affondano nel fango e il fango si attacca rendendoli pesanti.Il cammino diventa difficile anche se smette di piovere; abbiamo addosso molta umidità. Il sentiero
è sempre ben segnato, ma oggi i chilometri da fare sono
molti e in certi punti non perdere l’equilibrio è proprio
difficile. Siamo partiti alle 9,00, ci fermiamo per un breve
pranzo alle 13,00 e dopo si procede per un leggero saliscendi che almeno spezza la monotonia; spunta anche un
po’ di sole e riusciamo anche a vedere un grosso gruppo
di scimmie che scorrazza litigando tra gli alberi sopra le
nostre teste.Arriviamo a El Tintal alle 17,30 e siamo veramente stanchi per i 30 Km percorsi,ma soprattutto per
la difficoltà della strada.
Anche qui possiamo sfruttare delle strutture esistenti per
piantare teloni e amache perché il tempo è comunque ancora instabile anche se a tratti compare una bellissima stellata. Ceniamo con la solita zuppa che ci sembra buonissima e poi a letto presto.
Salita con la corda alla piramide di Danta
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Guatemala
Tikal - la piramide del Giaguaro
VII giorno di trekking:
El Tintal/Carmelita/Flores
Solita colazione alle 6,30;anche oggi le operazioni di smontaggio campo e carico dei cavalli sono lunghe e riusciamo
a partire alle 8,30. Il terreno è migliore perché si è un po’
asciugato e solo a tratti troviamo del fango. Siamo abbastanza di fretta e quindi dobbiamo rinunciare alla visita veloce del sito di El Tintal che avevamo programmato. Cominciamo subito a camminare a ritmo sostenuto e con lo
scorrere dei chilometri il sole comincia a brillare e la vegetazione si dirada;si comincia ad avere una sensazione di
“ritorno alla realtà” dopo essere stati, per questi ultimi
giorni indimenticabili,sospesi nel tempo e nello spazio.Arriviamo a Carmelita alle 13,00; il bus già ci aspetta come
ci eravamo accordati e mentre ci scaricano i bagagli dai
cavalli per caricarceli sul bus, facciamo un veloce pranzo
che avevo prenotato prima di partire. L’aver passato una
settimana nella giungla ci fa sentire e assaporare tutto in
maniera un po’ diversa.
Darwin è stata una bravissima guida e insieme a lui abbiamo vissuto momenti difficili, ma anche impagabili e indimenticabili,ci salutiamo calorosamente e poi partiamo alle 14,00 sulla solita strada sterrata.C’è quasi un po’ di malinconia,ma siamo soddisfatti di tutto quanto abbiamo fatto.Arriviamo a Flores dopo tre ore e ci rechiamo subito
nell’albergo dove avevo prenotato due stanze per le nostre docce.Scopro che le camere non sono disponibili perEl Mirador - il tempio 34
(dei "Mascarones")
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ché sono state date ad un altro gruppo. Ma non c’è problema per la doccia, ce la meritiamo troppo e riusciamo
a trovare un posto all’ostello ad un prezzo irrisorio: una
camera per cambiarci,uso cortile e uso bagni e docce comuni; le docce sono fredde, ma nessuno di noi si crea dei
problemi dopo una settimana! L’ostello poi è molto bello, pulito e dall’atmosfera rilassante.
Alle 20,00,ci viene a prendere un minibus per portarci alla stazione da dove parte il nostro bus per Guatemala city.
Il mezzo è bellissimo e ce lo meritiamo: sedili ultra-reclinabili,tutte le comodità a bordo e perfino una hostess che
ci serve cibo e da bere; un altro lusso meritato. Partiamo
puntuali alle 21,00 e si viaggerà nella notte abbandonando il nostro Peten.
ni giocano coi cerchioni delle biciclette o arrampicandosi
ad ogni cosa e sono incuriositi, quasi eccitati, nel vederci.
Nella piazza alcuni di loro giocano a calcio a piedi scalzi
con un’arancia, la scena è dura, dolce, divertente ed irreale al tempo stesso.
Delle bambine salutano da una finestra sorridendo ed offrendoci una granatina, ma le donne scappano quando vedono la macchina fotografica. E poi uno di noi ha una bella idea: compra un pallone e lo regala alla piazza. Comincia così un festival di grida e corse in un tripudio generale; un divertimento semplicemente puro. E così comincia
l’immancabile partita a calcio confusa e polverosa, ma che
rappresenta il più bel modo di salutare quest’altra parte
del nostro viaggio.
Il lago Atitlan
Antigua
Siamo negli altipiani guatemaltechi a 1500 metri di altitudine circondati da vulcani imponenti; qui si trova il lago
Atitlan. Il posto è di una dolcezza tremenda e con un’acqua intensa e azzurra che contrasta coi colori delle sue
rive. Intorno villaggi Indios che purtroppo non è possibile visitare tutti. Un certo turismo di massa è arrivato anche qui, ma scovare qualche posto dove poter assaporare contatti etnici un po’ genuini è ancora possibile.
La giornata è bella e sul lago risplende un bel sole che fa
risaltare maggiormente i colori e i contrasti; oggi ci abbronzeremo un po’, dopo tutta quell’ombra… Attraversiamo lo specchio d’acqua in barca fino al villaggio di S.Pedro,uno dei più grossi e movimentati.Il posto è abbastanza
turistico e risente anche di una certa atmosfera freak influenzata da qualche bianco alternativo che ha scelto di vivere qui in tempi passati.Oggi è giorno di mercato e la via
centrale è densa di colori e visi, la piazza è piena di ragazzi e ragazze che giocano diverse partite in contemporanea sullo stesso campo.
Nonostante tutto il movimento, questo è un posto poetico e sembra incredibile che villaggi come questo abbiano potuto conoscere, in un vicino passato, una delle più
cruenti repressioni che l’ex regime militare guatemalteco
abbia perpetrato nei confronti degli Indios. Una repressione continua che nel corso degli anni ha ucciso circa
duecentomila Indios.
Ripresa la barca andiamo a S. Marcos, posto d’elite con
una bella spiaggia con resort esclusivi e tranquilli che contrastano però con un piccolo paese quasi disabitato, un
po’ desolato e che ricorda l’atmosfera di “cent’anni di solitudine”. E poi Santa Cruz che è una sorpresa che ripaga
la dura salita sotto il sole che si deve fare per raggiungerlo.E’ questo il villaggio delle stoffe rosse che le donne tessono nelle strade, la gente è però diffidente e tende a nascondersi,ma di turisti non ce ne sono.L’atmosfera è suggestiva anche se intrisa di povertà. Per le strade i bambi-
Antigua è ricca di fascino e praticamente la più bella città
coloniale di tutto il Centro America.Di chiese e palazzi da
visitare ce ne sono molti: il Parque Central coi suoi edifici,la Cattedrale,i Conventi de los Capuchinas e de la Merced; ma ciò che affascina di più è il camminare per le strade acciottolate e le case colorate e vive.Sì,qui i colori sono tra i più disparati e a loro fanno da contraltare i vulcani che incombono imponenti e minacciosi al termine
delle strade rettilinee.
Passeggiare qui è come fare un salto indietro nel tempo
quando questa era la capitale del Centro America spagnolo; da qui si governava un territorio vastissimo: dal
Chiapas a Panama.
Ma questo passato illustre oggi non c’è più; forse proprio
i terremoti che l’hanno così tanto trafitta, hanno anche
preservato questa città rendendola quella che è oggi. Sì,
perché proprio il problema sismico ha indotto lo spostamento della capitale lasciando Antigua nella sua atmosfera suggestiva, tranquilla e sospesa.
Quella stessa atmosfera che si respira oggi, intrisa di un
certo fascino della decadenza, dovuto al passato illustre
rappresentato dai bellissimi e importanti palazzi e dall’abbandono per le diverse rovine oggi ancora presenti, quasi a testimoniare le ferite ancora aperte in questo splendido paese.
Il finale
L’aereo è arrivato in una mattina fredda, grigia e nebbiosa
e c’è un po’ di tristezza; ma tornare da un viaggio è molto di più.Tornare da un viaggio significa sempre avere dentro di sé un miscuglio di sensazioni che vanno dalla malinconia all’eccitazione del rientro, dalla felicità per l’esserci stati alla soddisfazione per l’aver vissuto qualcosa di
unico.Al rientro di questa “Prima” tutto ciò appare esaltato per l’avere contribuito a qualcosa di nuovo che resterà impresso indelebilmente, almeno in noi stessi.
Panorama a El Mirador - la piramide di El Tigre nella giungla
L
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