CAPITOLO 1 Le grandi problematiche dell'Ottocento 1.1 L'eredità dell'Illuminismo e della Rivoluzione francese Il Settecento è caratterizzato da un grande fermento intellettuale che portò ad una nuova visione del mondo, alla fiducia nella ragione e all'idea di progresso. Le élite intellettuali compresero la contraddizione tra le nuove occasioni di sviluppo offerte dalle innovazioni scientifiche ed economiche e l'immobilismo delle classi privilegiate (clero e nobiltà) che difendevano l'assolutismo politico e la concezione del potere come emanazione della volontà divina. Questo movimento culturale, l'Illuminismo, si sviluppò soprattutto in Francia e si diffuse poi in tutta Europa. Gli intellettuali, i philosophes, avevano una grande responsabilità nei confronti della popolazione, che derivava dalla fiducia nella ragione. Diffusero le nuove verità al di fuori delle ristrette élite colte, frutto del metodo critico e della sperimentazione razionale. La circolazione del sapere fu uno degli obiettivi principali (Encyclopédie). Protagonista fu soprattutto la borghesia, in piena ascesa nelle società francesi e inglesi, caratterizzate da un'espansione economica e demografica. La borghesia è dotata di mentalità utilitaristica e di senso pratico: l'Illuminismo divenne il mezzo per smantellare l'Ancien Régime, fondato sulla monarchia di diritto divino e sui dogmi della Chiesa. Voltaire, o Francois-Marie Arouet, si impegnò nella battaglia contro il potere clericale, l'Inquisizione, la tortura... L'affermazione degli ideali illuministici di tolleranza e di libertà di pensiero sul piano politico divenne una lotta al dispotismo delle classi privilegiate in favore di una società cosmopolita composta da cittadini del mondo ugualmente degni di rispetto, in grado di avere pieno esercizio della ragione e della conoscenza critica. A questo proposito, il barone di Montesquieu, basandosi sul sistema inglese, teorizzò la separazione dei poteri per evitare la tirannia: al Parlamento rappresentativo spettava il potere legislativo, al Re e al governo rispettivamente il potere esecutivo e quello di governare, alla magistratura indipendente, invece, il potere giudiziario. Era favorevole alla monarchia costituzionale che prevedeva che il potere del sovrano venisse moderato da leggi fondamentali e da corpi politici intermedi. Jean-Jacques Rousseau sosteneva il liberalismo di matrice democratica basato sul modello di democrazia diretta: gli uomini sono uguali per natura e quindi titolari di diritto alla vita, ai beni materiali, alla libera diffusione delle proprie idee. Il pensiero economico illuminista venne influenzato dalle teorie di Adam Smith, il quale sosteneva che l'economia fosse destinata alla sussistenza e allo sviluppo della popolazione, che sarebbe scaturito dal perseguimento dell'interesse personale. Quindi, la ricerca della felicità e l'egoismo individuale si sarebbero tradotti poi nella prosperità per tutti. Il potere politico aveva il solo compito di agevolare l'espansione della produzione, eliminando i monopoli, gli ordinamenti corporativi e gli ostacoli che si potevano frapporre alla libera iniziativa individuale. Il lavoro come fonte di ricchezza e il principio della libera concorrenza in campo economico sono i capisaldi del pensiero di Smith che influenzarono l'Illuminismo francese. RIVOLUZIONE: movimento che, modificando l’ordine politico, ne prepara il superamento. Dal punto di vista teorico, il contrattualismo prepara il terreno alla rivoluzione introducendo l’idea di discontinuità. L’illuminismo recepisce l’idea di rivoluzione come momento necessario del processo storico. Introducono il principio costituzionale, il potere costituente attraverso le assemblee rappresentative e la sovranità popolare. Nel corso del Settecento, si verificò anche la Rivoluzione industriale, specie in Gran Bretagna. La borghesia, priva di titoli nobiliari ma dotata di spirito imprenditoriale, fu la principale a far circolare i saperi e le idee dell'Illuminismo. Gli ideali illuministici di libertà ed eguaglianza e il protagonismo della borghesia industriale caratterizzarono le due grandi rivoluzioni nel corso della seconda metà del Settecento. Nella prima rivoluzione industriale, il settore trainante fu il settore tessile. Nella seconda, l’industria metallurgica e quella chimica. Produsse una crescita economica: cambiò il sistema di produzione, ci fu una crescita economica continuativa, incrementò il PIL, aumentarono le industrie e calò l’agricoltura, nacque il proletariato, ci fu il fenomeno dell’urbanizzazione. La Rivoluzione americana fu il risultato di molti eventi. Tra il 1756 e il 1763 ci fu la Guerra dei Sette anni che causò l’aumento della pressione fiscale. Le colonie cominciarono a imporre il principio “No taxation without representation”. Nel 1773 ci fu il Boston Tea Party, la protesta per la pressione fiscale. Nel 1774 vennero emanate le leggi intollerabili: il Massachussets Government Act e il Quebec Act. Tra il 1775-1783 scoppiò la Rivoluzione Americana, condotta dalle 13 colonie inglesi del Nord America contro la madrepatria, portò alla nascita degli Stati Uniti d'America nel 1783 e alla "Dichiarazione di indipendenza" attraverso la quale si sanciva l'indipendenza delle colonie (4 luglio 1776), i principi della filosofia illuminista a partire dall’uguaglianza degli uomini, al diritto alla rappresentanza politica ed ai diritti fondamentali ed inalienabili della vita, della libertà e della ricerca della felicità: l’ordinamento politico, quindi, se dovesse negare questi diritti, il popolo ha il diritto di riluttarlo o di abolirlo, secondo il diritto di rivoluzione e di resistenza (obbligazione politica). Venne redatta da Thomas Jefferson con Benjamin Franklin, Roger Livingston e John Adams. La Rivoluzione francese, deriva dalla ribellione della borghesia francese contro Luigi XVI e contro la monarchia assoluta. Assemblea costituente 1789-1791 Infatti, il Terzo Stato rifiutò il principio del voto secondo l’ordine sociale e in giugno divenne Assemblea nazionale. In luglio , si proclamò Assemblea costituente e venne eletto il giacobino Mirabeau. La Rivoluzione iniziò con la Presa della Bastiglia, la prigione-fortezza parigina simbolo del potere della repressione, il 14 luglio del 1789. Il 26 agosto 1789 venne emanata la “Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino” in cui si affermavano i principi di libertà e la sovranità popolare quali fondamenti del potere politico. L’Assemblea nazionale riorganizzò l’amministrazione, la giustizia e l’economia francesi, avviò un processo di secolarizzazione in favore dello sviluppo del culto della ragione e dell’essere supremo. All’interno dell’Assemblea vi erano dei moderati che auspicavano al ritorno della monarchia costituzionale mentre i repubblicani erano una minoranza. Il 20 giugno 1791, però, con la fuga del re a Varennes si acuirono gli scontri. Assemblea legislativa 1791-1792 I nobili francesi, per opporsi alla Costituzione, pubblicano la Dichiarazione di Pillnitz in difesa della monarchia. I girondini, però, nel 1792, dichiararono guerra all’Austria e alla Prussia in favore della politica radicale. Ciò scatenò anche la rivoluzione dei sanculotti per la liberazione di altri popoli, prevista dalla Convenzione del novembre 1792. Convenzione Nazionale 1792-1795 Il re venne imprigionato e condannato a morte per tradimento. La Convenzione abolì la monarchia e proclamò la Prima Repubblica francese nel 1792. Venne promulgata la prima Costituzione di stampo democratico ma non entrò mai in vigore. Fra il 1792 e il 1814 ci furono molte tensioni interne. Nel 1793 venne creato il Comitato di Salute Pubblica. I radicali montagnardi riescono a cacciare i girondini e a instaurare un regime dittatoriale chiamato “Terrore” che terminò il 9 termidoro anno II (27 luglio 1794) a causa delle divisioni interne. Direttorio 1795-1799 La Convenzione elaborò la Costituzione dell’anno III (1795), più favorevole alla borghesia liberale. Il potere esecutivo venne affidato a cinque direttori; la separazione dei poteri era radicale e non prevedeva risoluzioni in caso di conflitto tra assemblee e direttori, così da agevolare un colpo di stato, che avvennero poi nel 1797, nel 1798 e nel 1799. Nel 1797 venne firmato il Trattato di Campoformio per porre fine alla prima campagna in Italia. Nel 1798 venne resa obbligatoria la coscrizione e nel 1798-1801 venne sconfitta molte volte la seconda coalizione con Gran Bretagna, Austria e Russia per contrastare la politica italiana ed egiziana del Direttorio. Periodo Napoleonico 1799-1814 In questo contesto, Napoleone Bonaparte, ufficiale di artiglieria, a guida dell'esercito interno e poi delle truppe della Campagna d'Italia, fra il 1796 e il primo decennio del XIX secolo, riuscì a conquistare parte del continente europeo e a consolidare in Francia una dittatura personale attraverso un colpo di stato attuato il 18 brumaio anno VIII. Nel 1802 si proclamò console a vita, nel 1804 venne incoronato a Parigi imperatore dei francesi. Le guerre di conquista in Europa diffusero le idee di libertà e di uguaglianza della rivoluzione del 1789 e le sue campagne militari favorirono l'identità nazionale presso quei popoli che subirono l'invasione delle truppe francesi. Nel 1815 Napoleone venne sconfitto e ciò determinò la fine delle turbolenze della Rivoluzione francese ma non le rivendicazioni della borghesia europea. RESTAURAZIONE 1815-1830: non solo il ritorno all’antico sistema ma tentativo di conservare i tradizionali equilibri con alcun innovazioni. Le caute riforme falliscono perché i reazionari più estremi erano contrari e perché i liberali erano insoddisfatti. 1.2 L'Europa dopo Vienna Il Congresso di Vienna venne convocato nel 1814 e si concluse nel 1815 dopo la sconfitta di Napoleone. Aveva l'obiettivo di stabilire un nuovo ordine geopolitico dell'Europa dopo la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche. Il nuovo ordine si basava su principi di legittimità dinastica e di equilibrio tra le potenze: venne stabilito il ritorno dei sovrani sui troni europei per diritto divino e la costruzione di un sistema di relazioni internazionali bilanciato senza l'emergere di una potenza sull'altra. I protagonisti del Congresso di Vienna furono la Gran Bretagna e la Russia ma un ruolo significativo lo ebbe il ministro degli esteri austriaco K. W. Lothar von Matternich. Metternich, attraverso la sua politica dell’Amalgama, cercò di unire l’assolutismo illuminato settecentesco con la modernizzazione amministrativa di Napoleone. Era il progetto di costruire una monarchia amministrativa, cioè composta dal potere assoluto affiancato da una burocrazia efficiente e un’amministrazione centralizzata. Dopo le rivolte degli anni Trenta, propose una Monarchia Costitutiva (1831), un sistema gerarchico di assemblee comunali e centrali consultive per inoltrare proposte al governo senza introdurre parlamenti. Da questa nuova risistemazione, la Russia ottenne la Finlandia, Bessarabia e una parte della Polonia, espandendosi così verso occidente, ma gli venne negato il passaggio dello stretto dei Dardanelli che le avrebbe consentito l'accesso ai mari caldi. L’Impero asburgico estese i propri domini sul territorio italiano con il possesso della Lombardia e del Veneto. La Gran Bretagna acquisì l'isola di Malta, che consolidò la sua posizione egemonica nel Mediterraneo in quanto già in possesso di Gibilterra. Nel settembre del 1815, lo zar Alessandro I propone la Santa Alleanza (Russia, Austria e Prussia) con alcune potenze europee. Il re di Prussia e l'imperatore d'Austria sottoscrissero il patto, mentre la Gran Bretagna lo rifiutò perché poco efficace sul piano internazionale e lontano dall'ordine costituzionale del sistema politico britannico. La Santa Alleanza non produsse molti risultati ma servì a Metternich per garantire la conservazione del nuovo equilibrio di Vienna contro i moti nazionali indipendentisti degli anni Venti e Trenta dell'Ottocento. Nel novembre del 1815, venne firmata dalla Prussia, dalla Gran Bretagna, dall'Austria e dalla Russia, la Quadruplice Alleanza su proposta del ministro degli Esteri britannico Robert Stewart Castlereagh, che imponeva l'uso della diplomazia come unico mezzo di risoluzione delle contese tra gli stati. Al termine del Congresso di Vienna la situazione del continente rimandava all'aspetto precedente alla Rivoluzione francese. In Spagna ritornò sul trono Ferdinando VII di Borbone che eliminò le garanzie costituzionali introdotte dalla Costituzione di Cadice del 1812. La Prussia espande i suoi territori verso ovest ottenendo la Sassonia, le città di Colonia e Treviri e il bacino della Ruhr, ma non riuscì a porsi come guida nel processo di unificazione nazionale dei popoli di lingua tedesca. Infatti, essi vennero uniti nella Confederazione Germanica, formata da 39 stati di lingua tedesca, sotto la presidenza dell’imperatore d'Austria. Prevedeva un impianto istituzionale la cui Dieta aveva sede a Francoforte. In Italia , invece: -Ferdinando III di Asburgo-Lorena tornò ad essere sovrano del Granducato di Toscana; -Maria Luisa d'Austria del Ducato di Parma e Piacenza; -Francesco IV di Asburgo Il Ducato di Modena e Reggio; -la dinastia dei Borbone il Regno di Napoli, che nel 1816 venne ribattezzato Regno delle Due Sicilie; -lo Stato Pontificio riottenne i vecchi territori, anche quelli che gli erano stati sottratti da Napoleone; -il Regno di Sardegna era guidato dalla dinastia dei Savoia e ottenne il territorio la Liguria, la quale, nell'età Napoleonica, era soggetta alla dominazione francese. La Francia, ammessa al Congresso di Vienna nonostante il protagonismo che ebbe nella rivoluzione, grazie al rappresentante Charles Maurice de Talleyrand, si garantì i confini originari e stabilì che il trono andasse al fratello del sovrano ghigliottinato durante la rivoluzione, Luigi XVIII di Borbone. Il sovrano scelse di seguire una linea moderata e concesse una Costituzione come riprova che il ritorno all'assolutismo dell'Ancien Régime non era più possibile. Essa stabiliva la presenza delle Camere e il potere legislativo tra il Re e le Camere. Non è una costituzione liberale perché il re detiene il potere legislativo. Nel 1830, Carlo X, nuovo re di Francia, emanò l’ordinanza di Saint Cloud. luglio). Il nuovo Re emana la Carta del Trenta, liberale perché il Re non può legiferare senza l’approvazione delle camere. Essa limita il potere del Re (art. 13: ordinanze reali non possono sospendere le leggi). Il potere legislativo è condiviso tra il Re, la Camera dei pari e la Camera dei deputati. Se uno dei tre organi non approva, la legge non può essere ripresentata. TEORIA DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI di Montesquieu: il potere legislativo deve essere condiviso tra il Re e le camere e il primo può solo bloccare o approvare la legge. Un problema era costituito dalle norme d’accesso alla camera elettiva che prevedevano il suffragio ristretto basato sul censo (circa 200 mila elettori appartenenti all’alta borghesia). Iniziano a verificarsi istanze di allargamento del suffragio (banchetti) che venne esteso a suffragio universale maschile, costituendo una potenziale crisi del Regime. La restaurazione delle antiche case regnanti non bastò a ripristinare la situazione geopolitica. 1.3 Le Rivoluzioni del 1848 tra Costituzione, diritti e principio di nazionalità Nel biennio 1848-1849, l'Europa continentale fu attraversata da moti che segnarono la crisi definitiva dell'assetto politico istituzionale definito dal Congresso di Vienna, causati da: l’azione della borghesia che aveva lo scopo di ottenere un ruolo politico attivo nella sfera del governo sostituendo il principio assolutistico dell'origine divina dell'autorità con quello liberale del merito e della responsabilità; l’affermazione del principio di nazionalità come ispirazione di una nuova legittimazione del potere politico delle relazioni internazionali. In Francia, si verificarono contrasti di classe animati da ideali democratici; l'Austria e l'Italia, invece sono caratterizzate dalla lotta per l'indipendenza, l'unità nazionale e l'istituzione di regimi liberali e costituzionali. La Gran Bretagna e la Russia non vennero toccate dalla Primavera dei popoli perché i governi inglesi avevano già imboccato la strada del costituzionalismo e delle riforme di stampo liberale, mentre in Russia, l'autocratico regime zarista, non lasciò attecchire movimenti liberali, dopo la repressione della rivolta decabrista del 1825. I moti vennero favoriti dalla grave crisi economica del 1846 che causò malessere sociale, e si traduce poi in una crisi finanziaria che colpisce soprattutto i paesi in via di industrializzazione. Specialmente la Francia, in cui il monarca Luigi Filippo d'Orleans vietò le riunioni pubbliche, i banchetti, che richiedevano l'ampliamento del suffragio elettorale, e ciò causò l'insurrezione parigina del 22 febbraio 1848 che costrinse il re alla fuga. Venne proclamata la Seconda Repubblica (Prima Repubblica 1792), creando un governo provvisorio con rappresentante di tutti gli schieramenti: liberali moderati, repubblicani e il socialista Louis Blanc. Il nuovo esecutivo approvò riforme quali la libertà di stampa e di associazione, l'imposta progressiva sul reddito, la riduzione della giornata lavorativa. In linea con ciò che aveva teorizzato nell' "Organisation du travail", Louis Blanc proclamò il diritto al lavoro e si impegnò nella realizzazione di un programma a favore dei disoccupati istituendo gli opifici nazionali per la realizzazione di opere pubbliche. I salari pagati dagli opifici provocarono un aumento del debito pubblico e quindi delle imposte: questo provvedimento non venne più gradito dalla parte moderata del governo che sosteneva il liberismo economico, dai contadini, dagli artigiani, dai bottegai, dai piccoli proprietari e professionisti. Le elezioni dell’Assemblea costituente del 23 aprile 1848 decretarono la vittoria dei moderati, sostenuti da un elettorato rurale tradizionalmente conservatore. La sinistra, che su 900 deputati solo un centinaio erano socialisti o Democratico radicali, esclusa quasi totalmente dall'esecutivo, abbandonò la via legalitaria per tentare quella insurrezionale. Fu la base per una svolta moderata: vennero chiusi gli opifici e ci fu un’insurrezione operaia che la Guardia Nazionale, sotto il comando del generale Louis-Eugène Cavaignac, il ministro della guerra, represse. La Seconda Repubblica cominciò ad essere sempre più diffidente nei confronti della democrazia assembleare. Venne emanata una nuova Costituzione che, nonostante prevedesse l'elezione a suffragio universale maschile dell'Assemblea Nazionale, un sistema monocamerale con il potere legislativo, concedeva al presidente, eletto direttamente dai cittadini, poteri molto ampi tra cui la titolarità del governo. Il 10 dicembre 1848, venne eletto presidente Luigi Napoleone Bonaparte, nipote di Napoleone I, per le esigenze di stabilità e ordine ma soprattutto per il grande prestigio popolare dei Bonaparte. Perciò, il 1848, in Francia, sfociò in uno scontro tra moderati e forze democratiche e socialiste. Nel 1849 vinse il partito dell’ordine, partito moderato-conservatore che pone l’accento sull’ordine. Si avviò una politica repressiva attraverso l’emanazione di una legge contro la libertà di stampa e una legge che ridusse il diritto di voto solo ai residenti da lungo tempo. Nel 1851, Napoleone vuole farsi rieleggere presidente, nonostante non fosse prevista la rieleggibilità, e perciò, propose all’assemblea nazionale una modifica costituzionale, che venne però rifiutata. Napoleone allora sciolse la Camera e si prolunga la carica di 10 anni attraverso un plebiscito, una ratifica di un atto già compiuti attraverso l’uso della forza. Nel 1851 viene emanata una nuova Costituzione e nel 1852 viene proclamato il Secondo Impero Francese attraverso un plebiscito. PLEBISCITO: etimologia plebiscitum, un ordine del popolo, una sanzione di atti costituzionali e legittimare annessioni territoriali. Un atto eccezionale non disciplinato dalla Costituzione, che spesso ratifica un nuovo ordine. Non vi è facile distinzione dal referendum, il quale però è disciplinato dalla Costituzione. In Germania, nell'Impero asburgico, invece, i conflitti fra le forze rivoluzionarie erano affiancati dalla questione nazionale, specialmente in città come Berlino, Vienna, Budapest e Praga. La rivolta di Vienna del 31 marzo costrinse l'imperatore Ferdinando I d'Austria a convocare un Assemblea costituente ed allontanare dalla Corte il principe di Metternich. Ciò scatenò la ribellione alla dominazione austriaca in favore dell'Indipendenza nazionale dei polacchi, boemi, italiani e ungheresi. In Ungheria, con la guida del patriota Lajos Kossuth, liberarono i contadini dalla servitù della gleba e, con il loro appoggio, intrapresero una guerra di indipendenza, ma ciò venne compromesso dal rifiuto degli ungheresi di concedere parità di diritti, nella dieta magiara rivoluzionaria, alle minoranze slovacche, serbe, rumene e croate. Inoltre, in Polonia, si assiste allo scontro tra contadini e nobili agrari e al timore dei liberali viennesi che l'Impero si potesse disgregare. Questi scontri vennero domati grazie all'appoggio militare della Russia, con il quale si ristabilì l'ordine nei territori. In Germania, i sovrani della Confederazione Germanica, furono costretti a concedere ordinamenti liberali. Il re di Prussia Federico Guglielmo IV, di fronte alla popolazione berlinese in rivolta, si piegò alla rivoluzione. Oltre alle richieste di maggiore libertà da parte delle forze democratiche, si sviluppa il desiderio di unità nazionale dai fermenti del liberalismo e del patriottismo. Si ottenne l'elezione a suffragio universale maschile di un’Assemblea Costituente, nella quale dovevano essere rappresentati tutti gli stati tedeschi. Si affermarono due partiti contrapposti: i grandi tedeschi, che auspicavano l'unione di tutti i popoli di lingua tedesca sotto la guida dell'Austria, e i piccoli tedeschi, i quali avevano l'obiettivo di far nascere uno Stato nazionale più piccolo e compatto guidato dalla Prussia. Nel 1848 venne emanata la Costituzione Prussiana ottriata che istituiva una monarchia costituzionale pura in cui il Capo dello stato deteneva i poteri di nominare i ministri, il potere esecutivo, il potere di promulgare le leggi, il comando supremo dell'esercito e il potere di sciogliere le camere. Il potere legislativo era condiviso tra il re e il Landtag, un Parlamento composto da una camera non elettiva detta Camera dei signori o Herrenhaus, e da una seconda camera elettiva, l’Abgeordnetenhaus. I piccoli tedeschi prevalsero, e perciò i deputati, nell'aprile del 1849, offrirono a Federico Guglielmo IV di Prussia la corona dell'Impero federale tedesco. Il re la rifiutò perché l'investitura derivava dalla rivoluzione del popolo e ciò lo avrebbe costretto a dare maggior peso politico alla sovranità popolare. I moderati e i conservatori si allontanarono dall'Assemblea, che continuò nonostante tutto i lavori per lo Stato nazionale tedesco di sovranità popolare. I moti della primavera-estate del 1849, colpirono anche l’Assemblea costituente tedesca che venne sciolta il 18 giugno 1849. Ciò che rimase del suo operato furono alcune garanzie di libertà. Nel 1850 venne modificata la Costituzione con l’introduzione del sistema elettorale delle tre classi, che garantiva il mantenimento del potere politico nelle mani dell'élite tradizionali. Le classi erano divise per gettito fiscale. Il voto era indiretto poiché venivano votati i Grandi Elettori, i quali si sarebbero poi riuniti per eleggere i deputati; era diseguale, in quanto il voto valeva per classe e non per testa e quindi le classi, nonostante fossero di grandezza diversa, avevano lo stesso peso; era pubblico, si votava in Assemblea. In Italia, le rivolte caratterizzarono tutto l’Ottocento. I moti degli anni 1820-1821 e del 1830 vennero guidati dalle società segrete, le quali nacquero in età napoleonica come società di carattere antinapoleonico. La più diffusa fu la Massoneria, permeata da ideali illuministici. L’aderente conosce un processo di educazione che si svolge solo al suo interno, per gradi. Un’altra società segreta fu la Carboneria, la quale prevedeva la segretezza dei membri, un programma segreto fittizio, poiché quello reale veniva conosciuto solo da coloro che ascendessero ai vertici dell’organizzazione. I moti carbonari del 1820-1821 e del 1830 fallirono a causa della segretezza del programma, la quale ostacola il proselitismo e restringe la base sociale. Negli anni Trenta, le insurrezioni vennero guidate dai mazziniani e dai democratici, influenzati dal pensiero di Giuseppe Mazzini. Quest’ultimo seguì le teorie del giansenismo e della cultura francese. Inizialmente aderì alle società segrete ma, scontento, fondò la Giovine Italia nel 1831. Nel 1834 fondò poi la Giovine Europa e nel 1853, il Partito d’Azione. La Giovine Italia non era una società segreta come la Carboneria, poiché essa era clandestina e segreta, ma aveva un programma pubblico, reclutava seguaci e si autofinanziava attraverso il pagamento delle quote. Aveva come obiettivo l’Unità d’Italia, con l’istituzione della forma repubblicana e l’attuazione di provvedimenti di giustizia sociale. Agiva attraverso l’educazione delle masse, attraverso la propaganda scritta e orale e utilizzava la strategia insurrezionale. L’azione mazziniana riuscì a diffondere ideali risorgimentali e il patriottismo, costruì una rete politica di appoggio internazionale, propagandò la situazione italiana in Gran Bretagna e promosse la figura di Giuseppe Garibaldi ad eroe. Però, i ripetuti fallimenti indebolirono la confidenza nei confronti della causa: nel 1833 venne scoperta una congiura in Piemonte e nel 1834 fallì la spedizione in Savoia. Scoppiarono, inoltre, i moti rivoluzionari a partire dal 12 gennaio 1848 con l'insurrezione del popolo di Palermo che costrinse Ferdinando II di Borbone a concedere una Costituzione, che venne seguito poi da: Leopoldo II in Toscana, Carlo Alberto di Savoia nel Regno di Sardegna, Papa Pio IX nello Stato Pontificio. Nei possedimenti austriaci nella penisola italiana, alle istanze liberali e costituzionali si aggiungevano le rivendicazioni indipendentiste. Venezia si ribellò il 17 marzo. I patrioti Daniele Manin e Niccolò Tommaseo vennero liberati dal carcere e il governatore austriaco venne costretto alla fuga. Un governo provvisorio presieduto da Manin proclamò la nascita della Repubblica di Venezia (Repubblica Veneta di San Marco). A Milano, durante le Cinque giornate, vennero innalzate le barricate e il palazzo del governo assaltato dai rivoltosi, guidati da un Consiglio di guerra costituito da democratici e diretto da Carlo Cattaneo. Il maresciallo austriaco Johann J. F. Radetzky si ritirò nel quadrilatero costituito dalle fortezze di Mantova, Verona, Peschiera e Legnago. Carlo Alberto decise di intervenire militarmente contro gli Asburgo, preoccupato per le sollecitazioni dei patrioti liberali e le aspirazioni della monarchia sabauda (Carlo Alberto di Savoia) ad allargare verso est i confini del suo regno. Il 23 marzo del 1848 il Regno di Sardegna, di Toscana, di Sicilia e dello Stato Pontificio dichiararono guerra all'Austria, ma ritirarono le proprie truppe già alla fine di aprile. Inoltre, nonostante le vittorie di Goito e Peschiera, Carlo Alberto non era abile nella conduzione della campagna militare, tant'è che gli austriaci riuscirono a riorganizzarsi e a riprendere l'iniziativa. A fine luglio, l'esercito sabaudo di Carlo Alberto venne sconfitto a Custoza, presso Verona. Il sovrano firmò l'armistizio di Salasco con gli austriaci il 9 agosto ritirando le sue truppe in Piemonte. Per riconquistare il prestigio perduto, nel marzo del 1849 Carlo Alberto riaprì le ostilità con l'Austria ma venne nuovamente sconfitto a Novara. Il sovrano abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II. L'esercito austriaco riprese l'opera di restaurazione nel resto della penisola a sostegno del papà e dei sovrani legati alla corona asburgica. Intervenne in Toscana, a Venezia e nelle legazioni pontificie per abbattere le ultime resistenze degli insorti. Tra le ultime che vennero sconfitte, da parte però della Francia di Luigi Napoleone, fu la Repubblica Romana, sorta dopo la fuga del papa Pio IX a Gaeta il 24 novembre 1848, per manifestare contro l'elezione a suffragio universale dell’Assemblea costituente del 23 aprile 1848. A Roma si insediò quindi un governo provvisorio retto da un triumvirato composto dai democratici Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini. Nonostante la resistenza guidata da Giuseppe Garibaldi, la Repubblica Romana venne stroncata dalla Repubblica francese liberal-conservatrice, sorta anch'essa dalla rivoluzione del '48. Questa seconda restaurazione della prima metà del 1849, pose fine alla primavera dei popoli che lasciò le costituzioni concesse dai sovrani, ma che vennero poi ritirate da tutti i monarchi. Solo Vittorio Emanuele di Savoia accettò di mantenere in vigore lo Statuto Albertino promulgato da suo padre Carlo Alberto. Esso fu emanato per concessione del sovrano Carlo Alberto di Savoia nel 1848. Sanciva i poteri del re, quali la nomina e la revoca dei ministri, la nomina dei senatori, lo scioglimento della Camera e la promulgazione delle leggi. Il potere legislativo era esercitato da due camere, una camera elettiva, la Camera dei deputati, e il Senato di nomina regia. Il Governo, secondo la costituzione formale, dipendeva dal Re, ma secondo la Costituzione materiale, cioè la prassi, dipendeva dal Parlamento: occorreva la fiducia del Parlamento al Governo. Il principio di fiducia non era previsto dallo Statuto, perciò non era stabilito quale delle due camere dovesse darla, ma solitamente la camera elettiva. 1.4 Stato e società La Rivoluzione industriale fece comprendere quanto la potenza economica determinasse la gerarchia fra gli stati. Infatti, la Gran Bretagna, dove la Rivoluzione industriale esplose già nella seconda metà del Settecento, aveva un ruolo di assoluto primo piano negli equilibri fra le potenze in quanto, all'inizio del secolo successivo, il 30% della produzione industriale di tutto il globo era britannico e possedeva il primato nei commerci e il controllo dei mari. L'introduzione della macchina a vapore permise lo sviluppo del settore dell'industria tessile, grazie all’esportazione del cotone, e nell'industria dei trasporti. Sull'altro piano, l'industrializzazione apporta benefici solo ad una parte minoritaria della popolazione, e la Gran Bretagna fu il primo paese a mostrare i vizi e le virtù del sistema capitalistico. Gli operai, cioè la forza lavoro, nel processo di produzione capitalistico, ricevevano una remunerazione inferiore rispetto a quella che veniva riconosciuta agli altri fattori della produzione. Inoltre, la massa di uomini di donne provenienti dalle campagne verso le città industriali come Liverpool, Manchester e Birmingham, con la conseguente organizzazione, creò problemi sociali nuovi e difficili condizioni di vita della classe operaia. Venne emanata la Poor Law del 1834 cercando di far fronte a questa massa di indigenti. Nacque nel Seicento come legge per sostenere coloro che a causa dell'età o della malattia non potevano svolgere un'attività lavorativa, finanziata dai ceti benestanti costretti a versare i contributi. Con il provvedimento del 1834, si perdono le caratteristiche assistenzialistiche in favore del principio del sussidio concesso in cambio di lavoro nelle workhouses. Durante la prima metà dell'800, i processi di industrializzazione e urbanizzazione si estesero a Francia, Belgio e Olanda. La grande fase di crescita economica si verificò solo dopo la crisi rivoluzionaria del 1848-1849 e durò fino alla metà degli anni Settanta del XIX secolo coinvolgendo l'Europa e i Paesi extraeuropei. Gli Stati Uniti, la Svizzera, la Prussia, l'Italia e il Giappone cominciarono ad orientare l'industria verso il mercato mondiale e tra gli anni ‘50 e ‘70 si posero le basi di una moderna economia industriale mondiale fondata sull'industria del ferro e del carbone. Il modello liberista stava cominciando ad affermare un regime di concorrenza tra le diverse economie nazionali. In Gran Bretagna, vennero abolite nel 1846 le Corn laws, i dazi doganali sull'ingresso del grano proveniente da altri paesi, ponendo fine al sistema protezionistico in favore del liberismo economico. Questa ideologia, definita anche laissez faire, teorizzata da Adam Smith, riteneva che il rapporto tra domanda e offerta fosse regolato dalla mano invisibile. Ciò contribuì a creare un diffuso senso di sicurezza nel mondo borghese a livello commerciale, imprenditoriale e finanziario. Questa illimitata fiducia nel progresso industriale e materiale cessò di fronte alla contrazione dello sviluppo economico che si verificò dal 1873 fino alla metà degli anni ‘90 con la crisi della Grande Depressione. Essa colpisce soprattutto i paesi della seconda ondata di industrializzazione, i second comers. La produzione non cessò ma si trattò di una crisi di assestamento in cui il mercato non era più in grado di assorbire tutti i prodotti industriali a causa della sovrapproduzione e gli imprenditori si troveranno costretti a licenziare una parte della manodopera che divenne così disoccupata. Ciò comportò una ridefinizione in senso protezionista di alcuni paesi. In Francia, Germania, Stati Uniti e Italia si svilupparono aziende sostenute da commesse pubbliche, grandi società di capitale riunite in cartelli e poi in trust, capaci di effettuare investimenti che richiedevano i settori industriali emergenti. La Gran Bretagna era caratterizzata dall'impresa privata o dalla piccola azienda familiare e dal sistema liberoscambista. I second comers, invece, vennero aiutati dai governi imponendo dazi protettivi sulle merci straniere per aiutare i gruppi industriali nazionali e ciò ebbe ripercussioni sulle relazioni internazionali. Dal punto di vista sociale, la grande crescita economica della metà dell'800 vide nascere un nuovo gruppo sociale, il proletariato industriale, e il fenomeno dell'urbanizzazione causato dal flusso migratorio verso i centri urbani alla ricerca di un posto di lavoro. Le città si ritrovarono sovrappopolate e le strutture igienicosanitarie e abitative non erano adeguate. Il nuovo proletariato urbano era composto dagli operai delle fabbriche, dagli artigiani, dai domestici e dai manovali che condividevano le precarie condizioni di vita ma non il contesto lavorativo. All'interno della città si persero i tradizionali riferimenti religiosi e culturali ma si delineò una vera e propria coscienza di classe, consapevoli del fatto che la lotta per combattere lo sfruttamento si potesse condurre solamente uniti. In questo periodo cominciarono ad emergere organizzazioni di difesa dei lavoratori e artigiani ma la Gran Bretagna fu il primo paese in cui nacquero organizzazioni sindacali di mestiere, le Trade Unions, sorte a metà degli anni Venti per tutelare i lavoratori specializzati stabilendo con gli imprenditori gli orari di lavoro anche mediante il ricorso allo sciopero. Nel 1868 diedero vita al Trade Unions Congress, il quale riuniva i maggiori sindacati del movimento operaio britannico. Nella definizione del nuovo assetto socioeconomico mondiale, un importante contributo venne dato da Karl Marx e Friedrich Engels, con il Manifesto del Partito Comunista del 1848 in cui si interpretava l'evoluzione dei rapporti sociali in termini di lotta di classe e venivano invitati all'unità i proletari di tutto il mondo. Il loro socialismo veniva definito scientifico, basato su una concezione materialista del divenire storico. Le teorie vennero sviluppate ne “Il capitale”, un'opera nella quale delineava una critica al capitalismo, una previsione negativa dei suoi sviluppi futuri e un’indicazione dei compiti che spettavano al proletariato considerato il nuovo soggetto rivoluzionario della storia. Il primo volume uscì nel 1867 segnando un passaggio decisivo per il movimento operaio per la cultura occidentale. Il socialismo veniva presentato come il deterministico e scientifico punto di arrivo che si raggiungerà grazie alle azione delle masse lavoratrici approfittandosi delle debolezze del sistema capitalistico. Fu il primo ad aver messo in luce il rapporto di causa-effetto della differenza tra la remunerazione dei fattori produttivi e le condizioni di sfruttamento della classe operaia e fu alla base del Movimento operaio. 1.5 Le ideologie diventano “partiti” Uno dei fenomeni centrali del processo di modernizzazione politica è il ruolo sempre più centrale delle ideologie politiche. Spesso l'Età contemporanea viene definita Età delle ideologie per sottolineare l'importanza che hanno avuto nell'interpretazione e nel condizionamento del processo storico. Il termine ideologia venne coniato all’inizio del’800 da Destutt de Tracy nell’opera “Elementi d’ideologia” (1801-1818). Inizialmente veniva usato dai filosofi del ‘700 con un'accezione negativa, come falso pensiero, mentre, da Marx, acquisì nell'Ottocento una connotazione neutra, una sorta di filosofia pratica per spiegare orientare l'agire umano nella sfera pubblica. Ogni ideologia elabora un proprio sistema di valori e uno schema coerente, fatto di parti sia prescrittive che descrittive, per comprendere la realtà storicopolitica ed indirizzare l'azione dei soggetti preposti alla gestione del potere pubblico. Per questo motivo, le ideologie assumono un carattere legittimante per gli attori politici fornendo loro supporto teorico per giustificare le scelte compiute all'interno dello spazio pubblico. Ciò che distingue le ideologie è la maniera nella quale i concetti fondamentali di libertà, uguaglianza e giustizia vengono utilizzati, ordinati, interpretati. Orsina definisce l’ideologia come un “insieme di idee astratte di natura prescrittiva e descrittiva con fini di legittimazione politica”: perciò l’ideologia è un’idea astratta che viene presa dalla realtà ma che non è propria della realtà, che ha elementi prescrittivi, quindi che servono ad orientare un’azione, che ha elementi descrittivi e una finalità di legittimazione politica, cioè che attraverso l’ideologia si dà senso e significato all’azione politica. L’ideologia si pone il problema del cambiamento, del mutamento: conservare l’esistente o modificarlo con delle norme o rivoluzionare l’ordine esistente. L’ideologia determina chi debba governare, definisce il rapporto tra stato e società e tra individuo e collettività. Nel corso dell'800, si affermarono in Europa quattro grandi famiglie ideologiche: reazionarismo, conservatorismo, liberalismo e socialismo. Esse cominciarono ad assumere un profilo politico marcato e un ruolo più importante nella determinazione delle scelte dei governanti nella prima metà dell'800, con la Rivoluzione francese e i movimenti per l'indipendenza nazionale. → Il reazionarismo nasce come diretta reazione agli eventi prodotti dalla Rivoluzione francese del 1789 opponendosi a tutti i valori della cultura rivoluzionaria e soprattutto al presupposto di ricreare politica e società secondo un ordine razionale, trascurando l'eredità della tradizione dei valori religiosi. I reazionari ottocenteschi negavano l'idea della libera organizzazione degli uomini secondo la propria ragione e ritenevano che l'assetto politico-sociale non potesse essere modificato poiché derivante dall'ordine naturale e dalla volontà divina. Perciò i principi dell'organizzazione sociale e tradizionale non si potevano cambiare e le strutture della famiglia, della comunità locale e della chiesa dovevano rimanere in una struttura gerarchica al cui vertice troviamo l'autorità tradizionale sancita dalla volontà divina. La loro ideologia si basa sul legittimismo, la concezione secondo cui era necessario rimettere al trono i sovrani decaduti con la rivoluzione, sull’origine divina del potere, sulla naturalità dell’ordine sociale e sull’organizzazione in corpi sociali. Si basava sul tradizionalismo storico e sui valori dell'Ancien Régime, fondato sull'elemento divino e religioso legittimante dell'intero sistema politico e sociale. Il processo di modernizzazione nel corso dell'800 non poteva essere fermato, quindi il reazionarismo mutò in parte gli obiettivi e i valori. Cessò di pensare al ristabilimento dell'ordine di antico regime e si concentrò sulla politica della difesa della nazione. Questo nuovo movimento prese corpo fra gli anni dell'Otto/Novecento nell'esplosione del nazionalismo e dell'imperialismo. VS modernità: origine divina del potere/principio costituzionale; ritorno all’ancien regime/Rivoluzione francese; organizzazione in corpi sociali/individualismo; principio gerarchico/uguaglianza. → Anche il conservatorismo rifiutava lo spirito di cambiamento introdotto dalla Rivoluzione francese, ma era disposto ad impegnarsi per mitigarne gli effetti e rallentare la diffusione delle trasformazioni sociali. Il conservatorismo, a differenza del reazionarismo, era più disposto a entrare in rapporto dialettico con la modernizzazione senza indebolire però le strutture sociopolitiche tradizionali. Sosteneva la struttura gerarchica della società per l'ordine e la coesione sociale, la tutela della religione e il rispetto per la proprietà privata, fondamento della piramide sociale. Nella seconda metà dell'800, il conservatorismo si concentrò sui problemi dello sviluppo dell'industrializzazione, sostenendo che le classi più agiate dovessero provvedere al benessere dei gruppi più svantaggiati al fine di impedire proteste e rivendicazioni. Da questo movimento presero vita il conservatorismo sociale e il socialismo della cattedra, cioè il paternalismo. Ritenevano che fosse lo Stato a dover garantire il benessere dei meno abbienti attraverso un sistema di tutele, sussidi e servizi, influenzati dalla pubblicazione dell'enciclica Rerum Novarum nel 1891 di Papa Leone XIII, in cui invitava operai e imprenditori ad una soluzione pacifica delle contese sollecitando però i cattolici ad impegnarsi nel settore dell'assistenza. Anche il conservatorismo rimase influenzato dal principio nazionale. Infatti, diventarono i principali artefici di una politica estera aggressiva di stampo nazionalista e colonialista, e il richiamo alla coesione nazionale fu utilizzato dai gruppi conservatori come elemento di coesione di fronte all'emergere dei partiti socialisti e della competizione tra classi. VS reazionari: i conservatori sono disposti ad accettare i cambiamenti se si preservano la struttura gerarchica della società, il valore dell’ordine, la famiglia, la religione e la proprietà privata. → Il liberismo fu l'ideologia di stampo illuminista a guidare tutti i fenomeni di modernizzazione politica seguiti alla Rivoluzione francese. Il concetto principale è l'individualismo, cioè la salvaguardia dell'autonomia del singolo di fronte a qualsiasi altro soggetto, dallo Stato ai gruppi sociali tradizionali. Infatti, la razionalità dell'individuo e la sua autonomia di giudizio e di azione diventarono i pilastri concettuali e politici del pensiero liberale. La libertà dell'individuo doveva essere difesa dalle intrusioni del potere pubblico, il quale non doveva interferire nell'attività economica dei singoli. Il motore dell'economia doveva essere costituito esclusivamente dalla capacità e dall'intraprendenza dei singoli in libera concorrenza. La libertà economica veniva difesa in virtù del principio dell'autonomia dei singoli e perché era ritenuta lo strumento più efficace per promuovere il benessere dell'intera collettività. In Gran Bretagna, vi fu la piena accettazione dei principi del liberoscambismo mentre, nei paesi dell'Europa continentale, il ruolo dello Stato continuò ad essere centrale anche per i teorici del liberalismo. Verso la fine del secolo, alcuni liberali vennero influenzati dal nazionalismo e i nuovi problemi legati allo sviluppo industriale portarono all'elaborazione del concetto di libertà positiva. Oltre a non ostacolare l'individuo nella realizzazione, era necessario fornirgli anche gli strumenti minimi per riuscire a vivere come desiderava. Si sviluppò in Gran Bretagna la corrente del nuovo liberalismo all'inizio del Novecento e negli anni fra le due guerre. Sul piano dei diritti politici, il liberalismo sosteneva che il potere di intervenire nella gestione della cosa pubblica dovesse essere affidato a chi poteva agire senza condizionamenti dovuti al bisogno e all'ignoranza e che poteva esprimere un'opinione politica autonoma. I requisiti venivano fissati sulla base della ricchezza dell'istruzione e gli elettori venivano stabiliti in base al censo e al grado di istruzione. Tutela la libertà ei singoli attraverso la divisione dei poteri e il primato della legge. I liberali sostengono l’esistenza di due libertà: la libertà negativa, secondo la quale non devono esserci ostacoli all’attività dell’individuo purché le sue attività siano lecite; la libertà positiva, l’individuo deve essere messo in grado di avere gli strumenti per vivere secondo i suoi desideri. VS democrazia: il liberalismo promuove la partecipazione dei cittadini attraverso il voto, la democrazia promuove la partecipazione attraverso il voto, promuove l’uguaglianza tra i cittadini e tende ad assumere al suo interno il liberalismo. Liberalismo: ideologia politica che comprende il liberismo. Può convivere con diverse concezioni economiche (liberoscambismo e protezionismo). Liberismo: ideologia economica che sta all’interno del liberalismo. Nega l’intervento dello stato e sostiene il primato del mercato. → Nel corso del XIX secolo nacque una corrente liberale ma più democratica: il radicalismo. Sosteneva i tradizionali valori della difesa dei diritti individuali, la limitazione del potere statale e la libertà economica, il tentativo di avvicinare le istituzioni rappresentative al popolo attraverso la concessione del suffragio universale, la moralizzazione delle procedure elettorali e la retribuzione dei deputati. All'inizio del XX secolo, le classi politiche liberali finirono per accettare l'estensione del suffragio e di dotarsi di ideologie più democratiche. → Il socialismo poneva il perseguimento del benessere del corpo sociale al centro della sua opera. Doveva essere omogeneo al proprio interno, egualitario nella distribuzione del potere politico ed economico e fondato sulla solidarietà reciproca tra tutti i membri della collettività. Sosteneva una forma compiuta di democrazia con la partecipazione di tutti i cittadini e, sul piano economico, la scomparsa della proprietà privata e il passaggio a forme collettivistiche di possesso e gestione dei beni. Si basa su forme collettive o statali di gestione dell’economia e l’obiettivo è quello di raggiungere la massima felicità eliminando lo sfruttamento. Nella prima metà dell’Ottocento vi era il socialismo utopistico. Con il contributo di Marx divenne il socialismo marxista, che ritiene che la lotta di classe sia il motore dell’economia. Marx ed Engels ritenevano inevitabile il rovesciamento del capitalismo e della borghesia ad opera della classe sfruttata, il proletariato. Marx sostiene che la dittatura del proletariato potesse essere diversa dagli altri predomini di classe e non oppressiva dato che il gruppo al potere sarebbe stato composto da una grandissima maggioranza della popolazione. Si sarebbe trattato di una dittatura solo transitoria perché avrebbe fatto nascere una società senza classi, senza proprietà privata e priva di disuguaglianze e disparità sociali. Perciò, Marx e Engels ritengono che la lotta di classe sia il motore della storia e il risultato dei rapporti di produzione. In ogni epoca vi è stata una classe sociale che guida lo sviluppo delle forze produttive: nel medioevo, la classe feudale; nella Rivoluzione industriale, la classe borghese; nel socialismo, la classe operaia. Nel capitalismo, la classe operaia produce il plusvalore e fa crescere le forze produttive. La lotta di classe sfocia nella rivoluzione che instaura poi un nuovo ordine. Negli ultimi decenni dell'800 cominciarono ad essere fondati partiti politici socialisti: il più importante fu quello tedesco nato a Gotha nel 1875. Nel 1864 Venne costituita la Prima Internazionale Socialista, un'organizzazione che aveva il fine di raccogliere in un unico organismo i movimenti socialisti dei diversi paesi. Scoppiò un dibattito tra la corrente marxista e il gruppo degli anarchici riguardo alla tattica più opportuna da seguire e gli strumenti da utilizzare per la realizzazione della società. Portò alla fine del XIX secolo alla formazione del gruppo dei cosiddetti revisionisti, i quali sostenevano la necessità di interagire con le classi politiche borghesi al potere, rinunciando alla politica della conflittualità inevitabile e promuovendo un'azione graduale per il conseguimento delle riforme. In contrapposizione vi è la corrente massimalista, che sosteneva l'immediata realizzazione degli obiettivi socialisti e in contrapposizione con l'assetto socioeconomico borghese. Infine, tra il 1917 e il 1919 vi è la separazione tra socialismo e comunismo. → Il comunismo è un’ideologia politica che deriva principalmente dall’influenza delle teorie di Marx e Engels. I due studiosi lo concepivano come la fase finale del socialismo. Nel Novecento comincia a svilupparsi come movimento politico e divenne l’ideologia di regime nei paesi dell’est. Dal punto di vista storico è l’ideologia che legittima la dittatura di Lenin, il quale rinnovò il marxismo saltando la fase borghese. La Russia doveva ancora passare la fase democratica ma Lenin si impose. Pone l’accento sul ruolo di partito come rappresentazione della coscienza di classe → L’anarchismo è un’ideologia politica che sostiene il progetto di una società senza stato e di libertà dell’individuo. Tende all’ideale di democrazia diretta in quanto nessuna decisione può essere presa senza votazione. Questo sistema funziona solo se i sistemi sono poco complessi. Questa ideologia dà vita a comunità di liberi individui in cui nessuna decisione può essere presa senza il consenso del singolo. Tra gli anarchici si distinguono gli anarchici comunisti, cioè quelli influenzati da Marx, fautori di una gestione collettiva dei mezzi di produzione, e gli anarchici individualisti, sostenitori del libero mercato e dell’assenza dello Stato. Esistono anche le cosiddette ideologie dal nuceo debole, ideologie che per la loro struttura possono associarsi alle ideologie principali. Il nazionalismo, infatti, può essere integrato all’interno del liberalismo come del conservatorismo. Il populismo, invece, è un’ideologia che richiama i popoli come elemento legittimante, critica le élite ritenute traditrici del mandato popolare. Essa può essere associata sia alle ideologie di destra che di sinistra e può essere concepita come movimento politico o come stile politico. 1.6 I primi movimenti suffragisti L'esclusione della donna dalla politica aveva origine dal pensiero greco classico secondo cui, la sfera pubblica era lo spazio propriamente maschile della polis, città, che doveva essere visibile a tutti a differenza dello spazio privato della casa. Il pensiero classico invece distinse il logos, cioè la ragione, e il corpo. Le donne a causa delle differenze biologiche rispetto all'uomo e delle loro funzioni riproduttive, non sarebbero state in grado di sviluppare un ordine morale di tipo razionale. Questi concetti si conservarono fino alla fine del XVIII secolo separando la sfera pubblica razionale maschile a quella privata sentimentale femminile. Il costituzionalismo liberale, entra in contraddizione dato che nella definizione liberale dell'individuo come soggetto libero ed autonomo non venivano comprese le donne nonostante i concetti di uguaglianza libertà o cittadinanza. Da questa contraddizione nacque il movimento di rivendicazione del diritto di voto, cioè il suffragismo, e in generale di rivendicazione dei diritti di cittadinanza per le donne. Le prime femministe chiedevano l'uguaglianza e la parità dei diritti con gli uomini per rendere veramente universale il concetto di individuo, ma rivendicavano allo stesso tempo la differenza di genere tra maschile e femminile e chiedevano per l'accesso alle donne diritti universali avvenisse sulla base di una loro intrinseca specificità. Il testo fondativo del Movimento risale al 1791 ad opera della francese Olympe de Gouges: la Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina. Sosteneva la necessità che i diritti naturali, l'uguaglianza politica e sociale venissero estesi anche a tutto il genere femminile. L'inglese Mary Wollstonecraft, con la sua Vindication of the Rights of Woman (1792) sosteneva l'uguaglianza dei diritti tra uomini e donne grazie alla quale solo così sarebbero potute diventare vere compagne dell'uomo. Nel 1848, le femministe americane approvarono un documento in cui chiedevano l'estensione del diritto di voto alle donne, riunite a Seneca Falls a New York. Si trattava di donne bianche protestanti e di classe media, le quali redassero una Declaration of Sentiments che venne poi sovrapposta anche al movimento dell'abolizione della schiavitù dei neri: entrambi venivano considerati incapaci giuridicamente. In Europa, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, le associazioni cominciarono a prendere corpo legandosi ai partiti democratici e socialisti. Con l'ingresso delle donne nel mondo del lavoro durante la Seconda Rivoluzione Industriale si costituì un nuovo panorama di rapporti sociali. Le femministe europee e americane si resero conto che la conquista del diritto di voto non avrebbe garantito la realizzazione individuale. Cominciarono a rivendicare anche il diritto d'accesso all'istruzione e al mondo del lavoro. La lotta delle femministe veniva spesso associata a quella dei partiti socialisti per i diritti delle lavoratrici nelle fabbriche, il rapporto tra i movimenti di emancipazione femminile e i partiti politici. L’accelerazione per i diritti delle donne si ebbe verso la fine dell'Ottocento con i movimenti anglosassoni dell'inizio del XX secolo, come l'Unione sociale e politica delle donne. In Gran Bretagna, la concessione al diritto di voto alle donne avvenne nel 1918 e tra il 1919-1926, Austria, Germania di Weimar, Paesi Bassi, Lussemburgo e Stati Uniti. Nel periodo dei regimi totalitari, il movimento suffragista e femminista conobbe una forte contrazione ma tra il XIX e XX secolo, oltre al diritto di voto, le donne ottennero miglioramenti nel campo delle politiche assistenziali e si assistette a una graduale ridefinizione dei ruoli all'interno della famiglia e delle vecchie divisioni fra pubblico e privato. 1.7 Dalla politica come decisione alla politica come mediazione Negli Stati assoluti europei, il sovrano, titolare esclusivo del potere politico, derivava la sua legittimazione dalla volontà divina. Esercitava il suo potere ed era svincolato da qualsiasi interferenza, ponendosi come legittime interprete degli interessi del suo popolo. Era legibus solutus, la sua azione si poneva al di sopra delle leggi e la produzione del diritto dipendeva da lui. Il suo potere era svincolato dal controllo dei gruppi sociali e professionali che si erano formati dal Medioevo in poi. In questo periodo, il governo, l'organo deputato alla gestione della sfera pubblica e politica, si identificava col re e con i suoi ministri e collaboratori svincolato da altri soggetti o istituzioni. Per tutta la durata dell'Ancien Régime, il rapporto fra governo e sovrano rimase invariato. I ministri godevano della fiducia del re che li poteva nominare o revocare a suo piacimento. Il sovrano assoluto era l'unico responsabile artefice delle decisioni e degli atti quotidiani. Poteva consultare i propri ministri e suddividere nelle competenze quando la complessità degli affari dello Stato lo richiedeva. La fine dei regimi assoluti comportò una trasformazione nel rapporto fra il sovrano e l'istituto governativo e nel modo di intendere e formulare il processo della decisione politica. I mutamenti economici sociali dovuti all'industrializzazione, la Primavera dei popoli e il consolidarsi delle ideologie politiche portarono l'affermazione del Civis, il cittadino come perno della comunità politica. Nel corso della prima metà del XIX secolo si avviarono i processi che condussero la società civile a porsi come soggetto autonomo interlocutore del sovrano e la gestione dello spazio politico. Le trasformazioni economico-sociali stavano portando alla diffusione dei principi del liberalismo e alla rivendicazione di un diritto di critica e di partecipazione alle decisioni politiche. In Gran Bretagna questo processo iniziò alla fine del XVII secolo in cui i protagonisti della Glorious Revolution del 1688-1689 rivendicarono gli antichi diritti e le antiche libertà e misero il Parlamento al centro del sistema, un organo elettivo dove il sovrano, la nobiltà e la borghesia interagivano per la gestione dello spazio politico. Questa rivoluzione voleva difendere la tradizione storica dell'organizzazione del potere che aveva visto affermarsi presso la società inglese il riconoscimento dei diritti delle libertà. La Gloriosa Rivoluzione diede vita inizialmente a una forma di governo costituzionale puro, dove il potere esecutivo era nelle mani del sovrano che era il primo rappresentante della Corona in Parlamento (King in Parliament) consacrando il principio rappresentativo. Il Parlamento però rimane titolare unico della decisione politica. La nascita del costituzionalismo moderno implica due cambiamenti importanti: il sistema costituzionale parlamentare poneva dei vincoli al potere del sovrano, non più assoluto e svincolato dalle leggi ma gestita all'interno del parlamento; la formula del King in Parliament faceva sì che il re fosse assoggettato alla legge e se si fosse rifiutato di sottoporvisi sarebbe stato privato dei suoi poteri. Il principio della divisione dei poteri, teorizzato dai filosofi illuministi e soprattutto da Montesquieu, limitò totalmente l'autorità del sovrano, il quale non poteva più intervenire nell'Amministrazione della Giustizia e doveva riconoscere piena libertà ai rappresentanti politici. La nascita del costituzionalismo parlamentare portò anche alla definizione del Parlamento come organo che limitava il potere del re e come luogo in cui la decisione politica doveva nascere dalla mediazione tra le diverse parti e i diversi interessi. Scaturiva dalla discussione e dalla mediazione tra i vari gruppi presenti in Parlamento, rappresentativi anch'essi degli interessi dei gruppi presenti nella società civile. La formula del Government by discussion, che affermava il carattere aperto e plurale della decisione politica, divenne la base di sistemi liberal-parlamentari ottocenteschi. Nell'Ancien Régime, il potere del sovrano era assoluto e indistinto la società civile non aveva nessuna legittimazione nella decisione politica. Quella di adesso è una società più complessa che rivendica le proprie libertà e i propri interessi. Questa società finì per produrre corpi politici distinti che si sarebbero poi trasformati nei moderni partiti. Attraverso la separazione dei poteri e la centralità del Parlamento si ponevano le basi della sovranità popolare e progressivamente della politica come mediazione e discussione. Il Parlamento doveva tradurre la pluralità delle opinioni degli interessi in un'unica decisione legittimata dalla maggioranza e dalla minoranza. In questo modo il Parlamento diventa espressione della volontà Nazionale, la quale si manifesta attraverso una rappresentanza politica non soggetta al mandato imperativo: i deputati non erano vincolati alle richieste degli elettori in quanto il loro compito è quello di rappresentare il potere popolare nel suo complesso e deve agire per il bene del paese. 2.1 L’Inghilterra vittoriana e la trasformazione del sistema politico negli anni di Gladstone e Disraeli Il sistema politico istituzionale della Gran Bretagna, dopo la Glourious Revolution del 1688-1689, divenne un modello di regime costituzionale liberale basato sulla sovranità della nazione e del Parlamento. Si fondava sulla monarchia, l’aristocrazia e la rappresentanza popolare. Il sistema istituzionale inglese prevedeva che il potere legislativo fosse detenuto da due camere: la Camera dei Comuni, elettiva e composta dai rappresentanti delle comunità delle nazioni; la Camera dei Lord, con i membri dell’aristocrazia e della Chiesa anglicana di nomina regia o per eredità. Inizialmente, il re possedeva il potere esecutivo ma venne sempre più limitato, fino alla riforma del 1867, con la quale si instaurò un rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo. Il Governo risponde alla Camera dei Lords e dal 1867, il re sceglie come primo ministro un rappresentante del partito vincitore alle elezioni. I due partiti principali sono i Whigs e i Tories, che dal XIX secolo costituiranno i liberali e i conservatori. Il Re aveva il potere di nominare i membri della Camera dei Lords, di sciogliere la Camera dei Comuni e di nominare il primo ministro. Tra gli anni Sessanta e Settanta, liberali e conservatori cominciarono a dotarsi di strutture organizzative stabili e a carattere nazionale. Il sistema inglese della prima metà dell’Ottocento si basava su un’estensione limitata del suffragio e la Camera elettiva veniva decisa solo dalle classi medie e medio-alte. Nel 1832, il First Reform Act sanciva il diritto di voto ad un maschio adulto su cinque. Con il Second Reform Act del 1867, varata da Benjamin Disraeli, venne concesso ai proprietari di beni mobili e immobili e a coloro che pagassero un affitto nei centri urbani. Il sistema elettorale inglese rimase il maggioritario a turno unico che, però, con il tempo favorì un sistema tendenzialmente bipartitico. Il sistema inglese era composto da elementi tradizionali e rituali del sistema politico, come la monarchia e la Camera dei Lord, che garantivano stabilità e continuità alle istituzioni, e elementi razionali e pratici, quindi il governo di gabinetto e la Camera dei comuni per l’efficienza e la funzionalità del sistema. Dagli anni Settanta dell’Ottocento, ci fu la figura della regina Vittoria che consolidò il sistema liberal parlamentare inglese. Il suo regno durò dal 1837 al 1901, definendo questo periodo come Epoca Vittoriana, caratterizzato da una nuova monarchia popolare. La stabilità dell’Inghilterra contribuì alla crescita economica inglese e grazie all’ampliamento dei commerci e all’industrializzazione, alla fitta rete ferroviaria e alla grande flotta mercantile, il paese divenne il principale centro commerciale e finanziario. Tra il 1837 e il 1848 si verificò il fenomeno del Cartismo, un movimento di rivendicazione dei diritti politici che, attraverso il People’s Charter richiedeva il voto segreto, la riforma dei collegi elettorali, l’abolizione del censo per l’elettorato passivo, l’indennità ai deputati e rinnovi annuali della Camera, ma venne rigettato. Dal punto di vista sociale, lo sviluppo portò al consolidamento della classe media. Infatti, il XIX secolo viene definito secolo della borghesia, la quale includeva le élite economiche e colte, ma anche le figure sociali di più basso livello, come artigiani, piccoli proprietari terrieri e commercianti. I valori dell’etica borghese prevedevano l’austerità, l’inclinazione al risparmio, il rispetto dell’autorità del capofamiglia, la subordinazione della donna e il decoro della famiglia. Questi influenzarono anche la morale della classe lavoratrice nella seconda metà dell’Ottocento. Dal punto di vista politico, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’egemonia del Whig lord Henry John T. Palmerson rappresentò il culmine della golden age Vittoriana e della supremazia economica e culturale del modello inglese. Dopo la sua morte, si riaccese il conflitto riguardo all’estensione del suffragio. Le elezioni del 1868 furono le prime a suffragio allargato e vinse il leader del Partito Liberale William E. Gladstone che rimase in carica fino al 1874. Nel 1872 venne abolito il voto palese e venne varato l’Education Act, una riforma che migliorò il funzionamento dell’istruzione pubblica. Venne riformata l’amministrazione pubblica attraverso l’introduzione del reclutamento mediante concorsi e con la rimozione delle barriere dell’avanzamento in base al merito. Nell’esercito, inoltre, venne proibita la compravendita delle cariche e dei gradi. Per quanto riguarda le rivendicazioni dell’Irlanda, dovute al sentimento nazionalista di autonomia irlandese dalla Gran Bretagna della maggioranza cattolica, Gladstone tentò la conciliazione attraverso l’eliminazione dei privilegi della Chiesa anglicana e con l’irish Land Act del 1870, migliorò le condizioni dei fittavoli. Alle elezioni del 1874, nonostante questo, vennero eletti alcuni rappresentanti del partito nazionalista irlandese che sostenevano la necessità di un Parlamento irlandese autonomo. A queste elezioni, vinsero i conservatori di Disraeli, i quali vararono delle riforme sociali riguardo la salute pubblica, la casa, le sofisticazioni alimentari, l’istruzione e l’attività sindacale, eliminando delle restrizioni al diritto di sciopero per le Trade Unions. Inoltre, il governo si impegnò anche in un forte attivismo in politica estera, promuovendo la politica coloniale britannica, specialmente con il consolidamento dei possessi indiani attraverso la proclamazione di Vittoria imperatrice delle Indie (1876). Cercò anche di assicurare alla Gran Bretagna un ruolo più attivo nella gestione degli affari europei. Al Congresso di Berlino del 1878, dopo la guerra russo-turca, Disraeli riuscì ad ottenere l’isola di Cipro. Intanto, Gladstone rimase a capo del Partito Liberale, il quale vide l’emergere di Joseph Chamberlain, leader radicale fondatore della National Liberal Federation nel 1877. Per evitare contrasti tra l’ala moderata e l’ala radicale, Gladstone concentrò il Partito sull’opposizione alla politica estera filoturca di Disraeli in quanto in contrasto con la morale e la religione inglese. Il Partito Liberale vinse alle elezioni del 1880, grazie anche alla Bulgarian Agitation. Gladstone, però, non riuscì a ribaltare totalmente l’indirizzo imperialistico di politica estera. Infatti, nel 1882 avviò l’occupazione dell’Egitto. In politica interna, nel 1884 varò il Third Reform Act, una legge elettorale che estese il Second Reform Act anche ai lavoratori agricoli e nel 1885 approvò una legge per una più equa distribuzione delle circoscrizioni elettorali. Nel 1886, Gladstone promosse la legge per l’Home Rule (autogoverno) irlandese e ciò causò la spaccatura tra i liberali inglesi. Sanciva l’istituzione di un Parlamento autonomo a Dublino, lasciando a quello di Londra il controllo della difesa, della politica estera e delle finanze. Era volto a cessare le aspirazioni autonomistiche dell’Irlanda e a terminare le azioni terroristiche del movimento feniano. L’opposizione dei liberali, specialmente radicali, fece fallire il disegno di legge. Gladstone si dimise. Gli oppositori dell’Home Rule, guidati da Chamberlain, costituirono il Partito Liberale Unionista che in futuro si avvicinerà al Partito Conservatore. Così, il Partito Liberale divenne più compatto e radicale e il Partito Unionista consentì al Partito Conservatore di proseguire l’indirizzo di Disraeli, basato sul riformismo sociale, sul nazionalismo e sulla politica imperialistica. Alle elezioni del 1886 venne sconfitto il Partito Liberale in favore dei conservatori che, guidati dal 1886 da Lord Salisbury, governeranno fino al 1905. 2.2 La Francia dal Secondo Impero alla Terza Repubblica La Seconda Repubblica francese, nata dai moti del 1848, si autoinflisse l'elezione di Luigi Napoleone Bonaparte, conservatore, che nel 1851 cercò di far approvare dall’Assemblea Nazionale una revisione costituzionale che gli avrebbe permesso di ricandidarsi. Di fronte al rifiuto dell’Assemblea Napoleone fece occupare dell'esercito la capitale e il parlamento. Chiese poi ai cittadini di sanzionare con un plebiscito la sua condotta, ottenendo così anche i poteri per redigere una nuova costituzione. Questa allungava a 10 anni la durata in carica del presidente, confermava il suffragio universale maschile, ma toglieva alla Camera l'iniziativa legislativa, trasferendola nelle mani del presidente e di una seconda camera eletta dal presidente. Privato sostanzialmente di ogni potere, il sistema repubblicano venne anche formalmente abbattuto nel 1852, reintegrando la dignità imperiale nella persona di Napoleone III (sempre ratificato con plebiscito). Il regime assunse caratteri inediti, Marx lo definì bonapartismo, si trattava di una dittatura che univa forme arcaiche ad elementi di modernità a metà strada tra paternalismo e autoritarismo: suffragio universale, ma utilizzato solo attraverso i plebisciti, mito dell'impero e centralismo decisionale. Il sostegno dei contadini era assicurato dalla conservazione della proprietà terriera, l’appoggio della borghesia lo ottenne grazie alla crescita delle attività legate al settore bancario e agli imponenti investimenti in opere pubbliche. In politica estera Napoleone III aveva come riferimento il suo predecessore e voleva riaffermare lo status di Parigi come massima potenza nel continente. La prima occasione per il novello protagonismo francese fu la “questione d'Oriente” : Napoleone III interessato a ristabilire un'area di influenza nel Mediterraneo, scese in guerra accanto alla GB contro la Russia nella guerra di Crimea. Nel 1854 all’assedio di Sebastopoli si aggiunsero anche i piemontesi. Dopo la caduta di Sebastopoli, la conferenza di pace di Parigi mise fine alle pretese egemoniche della Russia sul Mar Nero. (l'impero asburgico, nonostante i patti e l’aiuto ricevuto dalla Russia a Vienna nel 1848, non era intervento a favore della Russia.) La conferenza di Parigi fece emergere un sistema internazionale molto diverso da quello del congresso di Vienna, la Francia e la GB ottenevano un potere maggiore, a scapito di Austria e Russia. Napoleone III si poneva a sostegno dei movimenti nazionali che contestavano la restaurazione e in questa ottica la Francia siglò un patto con Regno di Sardegna (Cavour) nel 1858 a Plombièrs: in caso di conflitto con Vienna la Francia l'avrebbe sostenuto ma ottenendo in cambio Nizza e la Savoia e lo Stato pontificio sarebbe rimasto inviolato. Le truppe franco piemontesi conducono quindi contro l'Austria una guerra vittoriosa ma Napoleone cambia idea e decide di ritirarsi unilateralmente dal conflitto siglando l armistizio di Villafranca. Il voltafaccia dell'imperatore era dovuto principalmente ai costi della guerra che erodevano i consensi in patria, ma anche al fatto che l'unificazione italiana rischiava di alienare a Napoleone il consenso dell'area cattolico conservatrice che vedeva in pericolo lo Stato Pontificio. Napoleone III, bisognoso di legittimazione, mette in atto riforme in senso liberale e nel 1868 modifica la costituzione abbandonando la struttura accentrata e riproponendo elementi di un sistema rappresentativo. (Fase del cd “impero liberale", che ovviamente fu avversata da monarchici e conservatori. Ma il vero problema per Napoleone III fu la guerra con la Prussia. Iniziata per una contesa esterna che riguardava la successione al trono di Spagna ( casa borbone decaduta, possibile candidato appartenente alla stessa casata del re di Prussia) timoroso di essere accerchiato Napoleone III richiede il ritiro della candidatura, il cancelliere prussiano Bismark nega e la F dichiara guerra. La schiacciante supremazia prussiana e la sconfitta di Sedan costrinse la F ad arrendersi, a Parigi cinta d'assedio viene proclamato un governo provvisorio che chiede l’armistizio. La pace di Francoforte 1872 prevede indennità economica e la cessione della Alsazia e Lorena, condizione vissute dalla F come grave umiliazione che avrebbe segnato i rapporti con il neonato impero tedesco per molti decenni futuri. Intanto riemerge una drammatica crisi interna tra le componenti rivoluzionarie, forti nelle citta e soprattutto a Parigi, e quelle reazionarie maggioritarie nelle campagne. Questa frattura era evidente già nel 1871 con le nuove elezioni della assemblea nazionale, fortemente volute da Bismark che voleva un organo legittimato per firmare l’armistizio. La nuova assemblea vide la maggioranza di conservatori e monarchici, rappresentati al governo da Thiers. Quando i parigini seppero le condizioni della pace insorsero e costituirono la Guardia nazionale, esercito volontario. Si indissero le elezioni del consiglio della Comune e la sinistra socialista e anarchica diede vita al “ primo esempio di gestione socialista del potere" come dissero Marx e Bakunin Ma la F aveva fatto già la sua scelta e la capitale rimase isolata e presto le truppe governative, con l’avallo dei prussiani, misero fine all’esperimento. Con la repressione della Comune il movimento rivoluzionario subiva una seconda e definitiva battuta d'arresto dopo il 48 ma questo esperimento produsse un effetto decisivo provocando la indiscutibile separazione delle idee democratiche da quelle liberali. La terza repubblica francese nasceva con una marcata impronta conservatrice, unendo destra ultranazionalista, tradizionalismo cattolico, desiderio di rivincita contro la Germania (revenchisme) e monarchici. Mentre la ripresa economica fu abbastanza rapida, il processo di stabilizzazione politica fu lento e travagliato. Nel 1873 l’elezione di Mahon cercò di imporre un ritorno alla monarchia sotto mentite spoglie repubblicane ma le istituzioni vennero formalizzate con 3 leggi costituzionali che stabilivano che la F fosse una Repubblica parlamentare con presidente eletto dalla Assemblea Nazionale. Le elezioni del 1877 sconfissero definitivamente Mahon consegnando la vittoria ai repubblicani, solo allora il potere di scioglimento delle camere da parte del presidente cadde in disuso. La F passò quindi definitivamente in mano alla classe politica liberale che si affrettò a diffondere la cultura repubblicana: la marsigliese inno nazionale, 14 luglio festa, potenziamento dell’istruzione anche femminile, elezione dei sindaci,.. Però l’ampio uso della prassi trasformistica valse ai repubblicani l’appellativo di opportunisti e incrementò l'insoddisfazione nei confronti del governo spesso al centro di scandali. Il generale Boulanger accomunò il malcontento e si propose come simbolo di rivincita rispetto alla Germania ma una nuova legge elettorale, penalizzante per la larga coalizione, resero le elezioni del 1889 favorevoli allo schieramento repubblicano di centro e alla sinistra radicale socialista. Nel 1893 nacque il Parti ouvrier français. 2.3 La Germania: la costruzione dell'impero e le sue fasi Le aspirazioni di unificazione degli stati di lingua tedesca erano state frustrate dal congresso di Vienna, allora gli stati della confederazione avevano concentrato l'attenzione sul potenziamento dell'economia istituendo una unione doganale (Zollverein a partire dal 1818) che permise lo sviluppo di un fiorente mercato protetto da dazi verso l'esterno. Sul piano politica, dopo il 48 e la sfiorata costituzione dello stato “piccolo tedesco", nel 1850 fu il re di Prussia Federico Guglielmo IV a cercare l'unificazione attraverso il libero accordo. Austria e Russia, allarmate, costrinsero la Prussia alla dichiarazione di Olmutz, dove il re si impegnava alla fedeltà alla confederazione nata nel 1815. Nel 1861 però, succede al trono il figlio Giglielmo I che cercando di dare corpo al progetto di unificazione entra i conflitto con le forze liberali del parlamento che non intendevano concedere i notevoli fondi per il rafforzamento dell esercito. L'arrivo di Bismark risolse drasticamente il conflitto sciogliendo le camere e governando al di fuori della costituzione. Grazie alla capacità diplomatica e alla potenza dell esercito Bismark realizzò l'unità della Germania, liberandosi anche dalle aspirazioni liberiste. Nel 1864 aveva strappato territori alla Danimarca, poi, nel 1866 alleatosi con lItalia e garantitosi la neutralità di Russia e Francia aveva dichiarato guerra all’Austria. La supremazia miltare, fatta di tecniche e armamenti moderni, uso rete ferroviaria, travolse l'esercito austriaco. Le conseguenze della vittoria furono soprattutto politiche. LAustria dovette cedere il Veneto allItalia, ma soprattutto vide la fine della sua influenza sulla Confederazione. Nel 1867 ebbe vita la Confederazione degli stati tedeschi del Nord sotto controllo prussiano. L’occasione per il confronto militare con la Francia fu la vacanza del trono di Spagna, sconfitto Napoleone III a Sedan, la Prussia acquisì la Alsazia e la Lorena e nella reggia di Versaille GuglielmoI fu incoronato Kaiser di Germania (anche gli stati del sud concorrevano alla formazione del Reich tedesco) L'impero si diede una struttura federale accentrata. Il parlamento era composto da due camere, una elettiva a suffragio universale maschile, il Reichstag; l'altra era una camera federale, il Bundesrat, formata dalle rappresentanze dei diversi stati tedeschi in numero proporzionale al territorio quindi controllata dalla Prussia. Il consenso a Bismark era garantito dalle forze conservatrici, nazional conservatori e nazional liberali, e contro il partito cattolico Zentrum (1870), bollato di oscurantismo rispetto alla tradizione culturale luterana tedesca, scatenò una dura lotta di civiltà (kulturkampf). La battaglia contro i cattolici mise in secondo piano il partito socialista operaio tedesco (1891 SPD) nato dal partito di ispirazione marxista unito alla associazione dei lavoratori tedeschi. Di fronte al consenso che il neonato partito riscontrava, nel 1878 Bismark ottenne l’approvazione di una legge che colpiva i socialisti e avviò una politica di moderna legislazione sociale (assicurazioni malattie e infortuni, pensione) con l'obiettivo di integrare la classe operaia nelle strutture dell'impero. Invece la SPD non si indebolì ed anzi alle elezioni del 1890 riuscì a far eleggere 35 deputati nel raichstag. La politica estera di Bismark dopo il 1870 fu volta esclusivamente a consolidare la posizione tedesca in EU, preoccupandosi della eventuale revanche della F. Nel 1873 propone il Patto dei 3 imperatori, dove Austria, Russia e Germania si sarebbero reciprocamente difese. Al congresso di Berlino, convocato su suggerimento GB nel 1878 con l’obiettivo di ridimensionare lo zar di Russia che aveva conquistato spazi i seguito al conflitto con l impero Ottomano, la Germania svolse un importante ruolo di garante dell'ordine geopolitico europeo. Avvantaggiò lAustria nei balcani, sancì la assegnazione di Cipro alla GB, concesse alla F eventuale espansione in Tunisia. Bismark riesce, nonostante la crescente distanza tra Austria e Russia, a far sottoscrivere un rinnovo del patto dei tre imperatori. Istituisce poi la Triplice alleanza, Germania, Italia, Austria, 1882. Firma anche un patto di contrassicurazione nel 1887 dove la Russia si impegnava a non intervenire in eventuale conflitto franco tedesco, mentre la Germania garantiva neutralità in caso di guerra austro russa. Questa complessa strategia, finalizzata ad assicurare lo status quo rimanendo perno degli equilibri europei, venne pericolosamente abbandonata da Guglielmo II che salì al trono 1888 portando Bismark alle dimissioni. 2.4 L’Impero asburgico L’Impero asburgico aveva superato il 48 grazie alla sua solida struttura burocratico militare, la riorganizzazione procedette nel senso del vecchio assolutismo. La costituzione concessa nel 1849, mai applicata, fu revocata nel 1851. Il nodo irrisolto dell'impero rimaneva però la sua natura multinazionale, che non trovava soluzione nella struttura accentrata che anzi produceva sentimenti autonomistici sempre più forti. Altro punto di debolezza era il malcontento della aristocrazia terriera, che contestava l'abolizione della servitù della gleba. La casa Asburgo ottenne invece legittimazione proprio da quella nuova classe di contadini piccoli proprietari. Secondo pilastro divenne il clero, e terzo il centralismo burocratico. Questa miscela conservatrice soffocò le aspettative della borghesia e fece perdere allAustria l'occasione di sviluppo economico e industriale. La grave sconfitta subita nella guerra con la Prussia e la conseguente perdita del veneto con la pace di Praga diedero un duro colpo all'impero di Francesco Giuseppe e accelerò il compromesso del 1867 e relativa costituzione con cui si dava vita alla “duplice monarchia" austro ungherese: Austria e Ungheria ottenevano ciascuna un parlamento e un governo autonomi, ma restavano unite sotto l'imperatore la politica estera, finanziaria, difesa. Ma l’accordo ottenuto con la componente magiara aumentò il malcontento da parte delle altre minoranze, infatti negli anni successivi i segnali di maggior tensione vennero proprio dalle nazionalità slave. 2.5 L'Italia: l’unificazione da Cavour alla caduta di Crispi Il fallimento dei moti del 48 segnò il ritorno al trono dei vecchi sovrani e il ritiro delle riforme costituzionali, unica eccezione fu il Piemonte dove lo Statuto Albertino rimase in vigore per volontà di Vittorio Emanuele II. Il conte di Cavour, liberale assertore del parlamentarismo e della necessità di modernizzazione economica e politica del regno, è nominato nel 1852 presidente del consiglio. Promosse un accordo tra la componente più avanzata della maggioranza moderata e l'ala più moderata della sinistra parlamentare (Rattazzi) delineando il cd “connubio" grazie al quale le forze estreme (clericali ultraconservatori da un lato e democratici dall’altro) venivano messe ai margini formando una maggioranza di centro. Al tempo stesso Cavour operò per consolidare un’interpretazione in senso parlamentare dello Statuto Albertino contribuendo a consolidare un sistema che si può definire monarchia costituzionale parlamentare. Inizialmente Cavour non si interesso all’unificazione italiana, che era convinto dovesse avvenire in modo graduale sotto la guida di un regime monarchico costituzionale in grado di arginare le pericolose pulsioni rivoluzionarie. Si concentrò invece in un opera di modernizzazione economica, basata sul liberoscambio e con grandi opere pubbliche, sviluppo agricolo e industriale. Nel movimento risorgimentale convivevano un'ala moderata e quella democratica di Mazzini, secondo il quale l'unità d’Italia si sarebbe ottenuta solo con un moto insurrezionale repubblicano, ma dopo i fallimenti e le dure repressioni subite, anche fra i democratici si cominciò a pensare al Regno di Sardegna come solo possibilità vincente per realizzare l'unità nazionale. Nel 1857 Manin fonda la Società Nazionale, che intendeva operare per l'unità in sinergia con il governo costituzionale sabaudo. Vi partecipò anche Garibaldi. Gli accordi di Plombières siglati nel 1858 prevedevano la cessione alla F di Nizza e Savoia e la divisione della penisola in tre stati, di cui solo il nord sotto controllo sabaudo, ma prevedeva che la F intervenisse solo in caso di attacco da parte dell'Austria. Allora Cavour riuscì, fornendo armi ai volontari “cacciatori delle alpi" guidati da Garibaldi, a provocare gli austriaci che aprirono le ostilità nel 1859. Dopo le prime vittorie a Solferino e SanMartino, Napoleone III decise di firmare l’armistizio perché la situazione italiana stava vanificando i suoi progetti iniziali: le insurrezioni mettevano in fuga i vecchi sovrani e , attraverso i plebisciti, le regioni si dichiaravano per la soluzione unitaria sotto il controllo del Piemonte. Cosi, mentre lo stato nazionale prendeva forma, riprese vigore la iniziativa dei democratici mazziniani che sollecitarono l'intervento di Garibaldi a sostegno di una insurrezione antiborbonica, nel 1860 partono quindi i Mille. Cavour, da un lato intendeva sostenere il movimento nazionale in corso a sud, dall'altro impedire velleità di ulteriori avanzate garibaldine, decise quindi di inviare l'esercito nello Stato Pontificio che sconfisse a Castelfidardo. Vittorio Emanuele II incontrò Garibaldi a Teano nel 1860 e nel 1861 il primo parlamento nazionale, eletto con la legge dello stato sabaudo, proclama VEII re d'Italia. La prima fase del risorgimento si concludeva positivamente grazie a tre fattori: iniziativa liberal moderata di Cavour e della monarchia sabauda, il movimento popolare con le insurrezioni, e la spedizione garibaldina. Cavour muore. La destra storica cui lui apparteneva, governerà fino al 1876. Destra storica: liberalismo moderato, rispettoso delle libertà costituzionali ma contrario alla rapida democratizzazione, tendenzialmente liberista in economia e laico. Rappresentava l’aristocrazia terriera e alta borghesia per lo più settentrionale. Quintino Sella, Farini, Minghetti, Jacini, Spaventa. Sinistra storica: vecchia sinistra piemontese, leader Depretis, patrioti mazziniani o garibaldini come Crispi e Cairoli che avevano nel frattempo abbandonato la pregiudiziale repubblicana. Liberismo più progressista favorevole all’allargamento della base democratica, al decentramento amministrativo, al completamento dell’unità nazionale mediante iniziativa popolare. Consensi tra la piccola e media borghesia e il ceto agrario del sud. Entrambe erano espressione di una classe dirigente molto ristretta, legittimata da una base elettorale del 2% della popolazione, inoltre il sistema dei partiti non era strutturato e la lotta politica era alleanza o mediazione tra gruppi di notabili lontani dal paese reale. L'unificazione si svolse con un accentramento amministrativo (piemontesizzazione) tra il 1861 e il 65, e nel mezzogiorno dilagò il brigantaggio, che nel 63 con la legge Pica fu represso sanguinosamente. Benché originariamente liberista, la destra storica si convertì in statalista e dirigista, al fine di portare a termine l'unificazione. Il pareggio di bilancio fu raggiunto a metà degli anni 70 grazie ad una aspra politica fiscale che danneggiò maggiormente i ceti più bassi, con l'introduzione della tassa sul macinato del 1868, ma anche con la confisca dei beni degli ordini religiosi. Altro grande obiettivo della Destra era il completamento dell'unità nazionale ma Minghetti aveva firmato un accordo nel 1864 con Napoleone III di impegno a non conquistare Roma. Grazie alla alleanza con la Prussia l'Italia ottenne il veneto, e dopo la sconfitta francese del 1870 si sentì libera di entrare militarmente a Roma il 20 settembre 1870. Per definire i rapporti con la Santa sede il parlamento varò la legge delle guarentigie: massima autonomia al pontefice e dotazione annua, ma libera chiesa in libero stato. Pio IX considerandolo un atto unilaterale, assunse un atteggiamento intransigente e invitò i cattolici a non partecipare alla vita politica (non expedit) Nel 1876 il governo Minghetti viene messo in minoranza e V Emanuele II, con una scelta che sembrava confermare la natura parlamentare assunta dal sistema politico italiano, affidò l'incarico a Depretis, cambiamento di indirizzo poi confermato dalle elezioni. Il programma di questa nuova classe dirigente era allargamento del suffragio, riforma dell istruzione, riforma fiscale. Il riformismo della Sinistra si dimostrò nella realtà molto più cauto: Istruzione obbligatoria per soli due anni, solo nel 82 nuova legge elettorale con criterio la alfabetizzazione triplicando la base elettorale, (sempre solo 2 milioni), sgravi fiscali, aumento della spesa pubblica e abbandono della politica liberista con introduzione di dazi nel 1887 ( che si dimostrarono sfavorevoli colpendo le esportazioni del settore agricolo ). In vista delle elezioni del 1882, temendo il successo delle forze della nuova sinistra socialista, la destra e la sinistra storica si accordarono, Depretis e Minghetti formano un grande centro che ricorda il connubio cavouriano. L'ampia maggioranza ebbe come effetto il rafforzamento dell'esecutivo ma anche il consolidamento del gruppo radical progressista di Cavallotti che si batteva per la democratizzazione delle istituzioni e per una politica decisamente anti austriaca e per portare in Italia anche il Trentino e il Friuli. In politica interna il trasformismo segnò un arresto della cultura liberale e un aumento della spesa pubblica. In politica estera forte dinamismo e discontinuità col passato: nel 1882 Depretis stipulò la TRIPLICE ALLEANZA con Germania e Austria, alleanza difensiva resasi necessaria dai rapporti tesi con la F soprattutto dopo l'occupazione francese della Tunisia. Depretis avviò anche l'espansione coloniale dall'Italia con l'acquisto 1869 – 1882 della Baia di Assab, sul mar Rosso e i primi tentativi di controllo sull Etiopia. Alla morte di Depretis ci sarà il governo Crispi, 1887 appoggiato da ampi settori della sinistra per il suo passato garibaldino, ma anche dalla destra per il suo stile autoritario, efficiente e accentratore. Fece grandi riforme nel settore amministrativo: elezione dei sindaci, struttura autonoma delle province, nuovo codice penale, sanità pubblica e tolse il controllo alla chiesa sul settore della carità e dell'assistenza. Ma anche nuova legge di pubblica sicurezza che limitava le libertà sindacali e dava più spazio all'apparato repressivo. In politica estera fu aggressivo, filotedesco. Proprio le eccessive spese militari costrinsero Crispi alle dimissioni. 1892 arriva al governo Giolitti, liberale progressista, figura cardine dei successivi 30 anni. Questo primo governo fu però travolto dallo scandalo della Banca Romana, in quegli anni poi la situazione economica e sociale era fortemente compromessa, anche dal perdurare della assenza di scambi con il maggior partner cioè la F. Il movimento dei fasci siciliani erano gruppi di lavoratori che chiedevano riduzione di tasse e prezzi dei beni di prima necessità. Nel 93 Crispi torna al governo e accentua il suo autoritarismo, reprimendo le rivolte e facendo approvare in parlamento norme che limitavano la libertà di stampa, di riunione, di associazione, chiaramente per colpire il partito socialista appena fondato da Filippo Turati, Anna Kuliscioff… (nel 95 PSI). Però, nel tentativo di distogliere l'attenzione dai problemi posti dalla questione sociale, Crispi si concentra sulla politica coloniale, sconfitto ad Adua, chiude con la politica. 2.6 La Spagna: un sistema parlamentare solo apparente Il ritorno sul trono nel 1814, di Ferdinando VII di Borbone, diede avvio ad un regime assolutista che si reggeva su tre pilastri: aristocrazia terriera, esercito, chiesa (cui era anche demandato il compito di formare la classe dirigente). I movimenti liberali, messi al bando assieme alla soppressione della costituzione di Cadice del 1812, continuarono ad operare nella clandestibità. Nel 1830 il re decise di abolire la legge salica per permettere a sua figli Isabella l'accesso al trono; questo scatenò una ostinata opposizione da parte di suo fratello Carlo, appoggiato dalla destra spagnola e dalle regioni più cattoliche come Catalogna e Paesi Baschi. Il CARLISMO si delineò quindi come grave conflitto di legittimazione einsanabile contrapposizione destinata a fiaccare la Spagna. Inoltre le la monarchia spagnola aveva già perso le colonie americane tranne Cuba che le venne tolta nel 1898 dalla guerra contro gli US. Alla morte di Ferdinando VII nel 1833 la reggenza e il regno di Isabella II furono segnati da continua instabilità dovuta allo scontro con i carlisti e dal riemergere delle forze liberali (a sostegno della corona ma rivendicando un ruolo nel regime). Proprio un pronunciamento da parte di ufficiali di fede liberale costrinse Isabella II all’esilio. Fu questa vacanza che scatenò la guerra franco prussiana. Le Cortes votarono una costituzione, vi fu un breve regno di un Savoia la cui abdicazione portò alla Prima Repubblica spagnola nel 1873. Dopo meno di un anno un nuovo colpo di stato riportò la dinastia dei Borbone al trono con il figlio di Isabella, Alfonso XII. Questi intendeva costruire un regime stabile diminuendo i poteri dell’esercito e instaurando un sistema rappresentativo, aiutato da due uomini politici, un conservatore e un liberale, promulgò una nova costituzione. Il sistema detto TURNISMO PACIFICO prevedeva una alternanza al potere tra conservatori e liberali ma in realtà era un sistema appiattito sul ruolo del monarca. Al di là delle apparenze, la Spagna rimaneva un sistema politicamente arretrato, la aristocrazia terriera conservava il monopolio della economia nazionale, una timida industrializzazione si vedeva solo in alcune regioni (catalogna p.baschi, …) Questo stato di cose favorì la diffusione dell’anarchismo, anarco individualismo nelle regioni rurali e anarco sindacalismo in alcune aree urbane. Si tentò un movimento RIGENERAZIONISTA che coinvolse forze tra loro diverse per emancipare la nazione, ma fallì sia per l'ostilità della monarchia che per le spinte autonomistiche delle regio i più avanzate ( Catalogna!) 2. 7 La Russia: un sistema autocratico La Russia fu una delle grandi potenze protagoniste della prima metà dell'Ottocento, la vittoria riportata su Napoleone le attribuiva il ruolo di baluardo orientale della restaurazione. L'impero russo era un assolutismo reazionario che concentrava il potere nella figura dello Zar e veniva gestito dalla burocrazia composta dalla nobiltà. Nonostante l'incremento delle esportazioni di cereali la crescita economica era limitata a causa degli arcaici rapporti sociali e produttivi, impermeabili al progresso. Lo zar Nicola I aggiunse una politica espansionista che portò la Russia a consolidare la propria presenza in Asia, nei Balcani e verso il Mediterraneo. Nel 1854 mosse guerra contro l'impero turco sperando di sfruttarne la crisi ma la guerra di Crimea mostrò di rispondere a nuove logiche internazionali. La GB non gradiva l'espansione russa e la F era lei stessa intenzionata ad espandersi e il Piemonte cercava riconoscimento internazionale: la sconfitta di Sebastopoli mise in luce tutte le inefficienze amministrative e militari dell'impero zarista contribuendo alla apertura di una fase di riforme. Il nuovo zar Alessandro II avviò questo processo abolendo la servitù della gleba nel 1861 ma con un sistema tanto complicato da frustrare i contadini “liberati". Istituì anche consigli provinciali e distrettuali elettivi, riformò il sistema giudiziario, creando insomma una base per la prima modernizzazione del paese. Le rivendicazioni autonomiste del polacchi bloccarono lo slancio riformista e questo riflusso mise in moto l’intellighenzia: fra i giovani intellettuali si diffuse il rigetto dei valori tradizionali (individualismo anarchico, nichilismo) e uno sforzo concreto di avvicinamento ai problemi delle classi subalterne. “L'andata al popolo" prese il nome di POPULISMO, movimento che riuniva componenti molto diverse (gruppi clandestini anarchici, democratici occidentalisti, socialisti) con la prospettiva di unà socialismo agrario. Quando un anarchico uccise lo zar tutte le speranze di modernizzazione svanirono, Alessandro III ritornò alla rigida autocrazia, le opposizioni politiche, le minoranze etniche e religiose vennero brutalmente represse. 2.8 I paesi scandinavi nell’Ottocento Alla Danimarca, alleata di Napoleone I e quindi perdente, fu sottratta la Norvegia assegnata alla Svezia. Al re furono concessi, a titolo personale, i granducati dello Schleswig e dell Holstein, per il controllo dei quali si scontrò nel 48 con la Prussia e nel 1864 con l'alleanza austro prussiana. Nel 48 i moti rivoluzionari avevano spinto il re Federico VII a concedere una costituzione ma negli anni 60 venne modificata in senso conservatore. La Norvegia, formalmente unita al regno di Svezia, godeva di grande autonomia con un parlamento che amministrava le finanze. Vide una rilevante crescita economica basata sullo sfruttamento delle risorse naturali, la pesca, e il potenziamento della flotta commerciale. Fece riforme politiche e si emancipò votando la separazione dalla Svezia nel 1905. Sul trono di Norvegia fu chiamato il principe di Danimarca. La Svezia si era già dotata fin dal 1809 di una costituzione che realizzò un sistema politico di tipo parlamentare basato sulla separazione dei poteri. Si ammodernò negli anni 60 sostituendo il sistema di rappresentanza basato sul censo con camere elettive. Nel 1889 nacque il partito socialdemocratico, nel 1900 il partito liberale, che divennero i pilastri del sistema politico svedese e furono i promotori del grande slancio riformatore del paese dopo la prima guerra mondiale, anche grazie alla neutralità tenuta nel conflitto. 2.9 L'impero ottomano Composto da numerosi gruppi etnici e nazionali, era entrato in una fase di declino militare ed economico dopo le sconfitte subite dall Austria nel diciottesimo secolo: l'apparato finanziario e amministrativo ottomano era infatti basato sulle prede di guerra e su un sistema fiscale costruito sulla decima dei prodotti agricoli e sul testatico applicato ai cittadini non musulmani. Pertanto la perdita territoriale rappresentava l'impossibilità di recuperare le risorse fiscali necessarie al mantenimento dell'esercito fatto da giannizzeri e spahi. Il tentativo di rinnovare la struttura militare falli con la rivolta che portò alla soppressione fisica dei giannizzeri nel 1826. La definiriva perdita della Grecia nel 1830, la corruzione, l'incapacità di evoluzione scienrifica e tecnologica ma soprattutto le spinte nazionaliste delle diverse etnie, portarono alla crisi dellimpero turco definito “il malato d’Europa”. Il tentativo di rinnovamento iniziò nel 1839 con le riforme del TANZIMAT si concluse nel 1876 con la concessione di una costituzione ma questo processo non fu in grado di frenare le tensioni autonomistiche. Inoltre nel corso dell'Ottocento una serie di sconfitte militari subite da parte delle grandi potenze europee ne accelerò il declino. Il movimento dei giovani turchi, formato da intellettuali provenienti dall’esercito e dalle élite colte, premeva per la trasformazione in senso liberale delle strutture imperiali. Nel 1908 passarono alla rivolta costringendo il sovrano a ripristinare la costituzione del 76 e riconvocare il parlamento. Una volta giunti al potere non riuscirono a risolvere il problema delle spinte indipendentiste ed anzi realizzarono un ordinamento amministrativo ancora più centralistico del precedente, limitarono le libertà personali e di stampa, accentuarono il nazionalismo esasperando le minoranze. Capitolo 3 Oltre l'Europa 3.1 Stati Uniti: come nasce una potenza mondiale L’impetuoso sviluppo economico degli USA fu possibile grazie 1. alle immense risorse cel territorio, 2. Al costante flusso migratorio, 3. Al continuo allargamento dei confini verso ovest. Dagli anni 20 e 30 infatti centinaia di migliaia di persone attraversarono la catena degli Appalachi dando vita a nuovi stati nelle immense praterie del West dove fondarono un sistema economico basato sull’allevamento del bestiame. La conquista del West, simbolo dello spirito di iniziativa e dell’intraprendenza dei singoli capaci di dominare la natura selvaggia, si univa alla costruzione di una società intrinsecamente democratica, poiché fondata in assenza di gerarchie preesistenti su criteri di egualitarismo. Il mito della frontiera divenne così il mito fondativo dell'intera società americana, anche se l’iconografia nazionale nascondeva molte contraddizioni visto che la conquista dellOvest non fu un processo semplice: indebitamento dei coloni con banche, occupazioni abusive di terre, violenze nei confronti dei nativi, difficile convivenza tra etnie. Intanto le strutture della democrazia americana si consolidavano, soprattutto con la presidenza di Andrew Jackson, eletto dal partito democratico già strutturato, il quale introdusse primi passi verso il suffragio universale maschile. Il paese però cominciava ad essere profondamente diviso: gli stati del NORD est, che corrispondevano in buona parte ai primi insediamenti britannici, avviarono già nella prima metà del XIX sec un impetuoso sviluppo di tipo industriale e imprenditoriale, animato da uno spirito liberale individualista; a SUD invece l'organizzazione sociale ed economica si fondava sulle grandi piantagioni lavorate da schiavi neri ( che ricevevano in cambio protezione ed istruzione secondo la logica paternalista) e la cui produzione di cotone e tabacco era destinata prevalentemente al mercato estero che dipendeva dalle fluttuazioni del mercato internazionale e dall’afflusso di capitali dal nord. Tra gli anni 40 e 50 l'iniziale integrazione tra le due economie cominciò ad incrinarsi, dapprima le tensioni riguardarono i dazi doganali sui manufatti per stimolare l'industria del nord, poi il nodo divenne la questione della schiavitù. Nel 1845 il congresso americano decide di annettere il Texas perché popolato da coloni, scoppia allora un guerra con il Messico che finisce per perdere California, Nevada, Utah, parte dellArizona e del new messico, del Colorado e del Wyoming. Fu la prima applicazione di quel “destino manifesto" che infatti in quegli anni entrò nel dibattito pubblico: la convinzione che gli USA fossero destinati a portare democrazia e civiltà cristiana i tutto il continente. Nel 1854 nasce, dell'ala progressista del vecchio gruppo whig, il partito repubblicano legato alla borghesia industriale del nord e fautore del rafforzamento del governo centrale a scapito di quello dei singoli stati. Il partito assunse un profilo chiaramente antischiavista e ottenne in breve la maggioranza al nord . Il partito democratico, che aveva dominato la scena fino a quel momento, era diviso tra una componente nordista e una sudista, presentandosi diviso perse le elezioni presidenziali del 1860 che furono vinte da Abraham Lincoln. Pur non avendolo teorizzato in campagna elettorale, Lincoln era convinto che il sistema schiavista fosse un male morale, sociale e politico. Sentendosi minacciati dalla ideologia vincente, nel 61 la Carolina e alcuni stati scelsero la secessione e fecero nascere la Confederazione degli stati del sud. Per Lincoln la secessione era anticostituzionale in quanto violava il responso della maggioranza degli elettori, dunque il conflitto non rappresentò solo una scontro tra schiavisti e antischiavisti, ma soprattutto tra unionisti e confederati nel quale gli stati secessionisti apparivano al governo federale come ribelli e contro la costituzione. In definitiva la guerra civile contrapponeva due diverse visioni del futuro nazionale. Dopo le prime battaglie vinte dai sudisti grazie al generale Lee, gli unionisti fermarono l'avanzata dei confederati nella grande battaglia di Gettysburg e vinsero nel 1865. Qualche giorno dopo un fanatico sudista uccise Lincoln. Per l'economia del sud la guerra ebbe effetti lunghi e disastrosi, le piantagioni erano devastate e l'abolizione della schiavitù mise in ginocchio il sistema latifondista; il risentimento della popolazione crebbe anche perché il sud fu sottoposto ad un regime di occupazione militare, e si rivolse verso i neri con una lotta violenta e clandestina (KKK). La fine dell'occupazione militare del sud nel 1876 comportò di fatto la discriminazione razziale che sarebbe durata quasi un secolo. Il nord invece conobbe una stagione di grande progresso economico anche grazie alla conquista dei territori del nord est attuata a scapito dei nativi con le “guerre indiane" e attraverso l'utilizzo della nuova rete ferroviaria. Altro fattore che contribuì al progresso economico fu l'ondata migratoria degli ultimi 3 decenni dell800 che offriva mano d'opera a basso costo per le industrie. Ma la crescita economica portò anche grandi squilibri sociali fra la borghesia benestante e le classi lavoratrici, oltretutto segnate dal problema della non facile integrazione tra le varie etnie di immigrati. Nel 1886 venne fondata la American Federation of Labor che era una federazione di sindacati di mestiere che riunivano operai specializzati, non immigrati, donne, neri… tutelando le aristocrazie operaie, non assunse una caratterizzazione politica come avvenne negli stati europei. Nonostante i duri scontri di classe, negli USA numerosi fattori impedirono una vera politicizzazione delle classi lavoratrici e dei movimenti sindacali e la nascita di un forte partito socialista: 1.la mancata unità tra le rivendicazione operaie e quelle contadine ancora divise tra nord e sud, 2. La frammentazione etnica, linguistica e religiosa 3. La presenza di una classe media robusta e culturalmente omogenea, 4. Il consolidamento del sistema bipartitico. Nel corso degli anni 90 la cd dottrina Monroe fu il principio guida della politica estera americana, anche perché la crisi di sovrapproduzione che aveva colpito i paesi industrializzati nel 70 aveva reso impellente la conquista di nuovi mercati. La rivolta anticoloniale di Cuba contro la Spagna portò gli USA ad intervenire, il conflitto si estese al Pacifico nelle Filippine e portò alla disfatta spagnola, Cuba fu dichiarata formalmente indipendente mentre Portorico, Filippine e Guam passarono agli USA che avevano già annesso le Hawaii. La necessità di nuovi sbocchi commerciali, la volontà di comporre le tensioni sociali ed etniche interne, e la tipica ideologia imperialista europea, spinsero gli USA a inaugurare alla fine secolo una politica estera che li avrebbe elevati al rango di potenza mondiale. 3.2 L'America Latina nel secolo del liberalismo Al termine delle guerre di indipendenza che tra il 1810 e il 1825 portarono i Paesi del Centro e del sud America a liberarsi del dominio coloniale di Spagna e Portogallo, tutti i nuovi stati (tranne Brasile) si costituirono in repubbliche. Le elite creole si appellarono ai principi del costituzionalismo liberale per sottolineare la volontà di cesura netta col passato coloniale, ma l'estrema a frammentazione del potere (che impediva ai governi controllo del territorio), il retaggio culturale e istituzionale del vecchio sistema, i forti squilibri economici tra le elite e le masse popolari, impedirono che il processo di modernizzazione socio politica si avviasse su un percorso lineare e coerente. Nonostante le spinte date dalle nuove generazioni, più dell’accelerazione imposta dalle elite liberali, l’impulso alla modernizzazione venne, tra 8 e 9cento, dalla progressiva integrazione delle economie con quelle dei paesi europei. La crescente domanda di materie prime e i progressi nei trasporti, fecero adottare all'America Latina un sistema produttivo fondato all'esportazione di materie prime agricole o minerali. Alcuni Paesi videro una crescita economica straordinaria ma l’afflusso dei capitali e investimenti esteri fu molto differente da stato a stato. In qualche caso si trattava di vere e proprie monocolture e questo rendeva le economie molto vulnerabili (saturazione del mercato, brusche alterazioni di prezzo, instabilità fiscale) Lo sviluppo economico e il massiccio flusso migratorio avviò un rapido processo di urbanizzazione, crebbero (anni 20 del 900) il ceto medio impiegatizio e il proletariato urbano. Ma il controllo della produzione rimase in mano alle ristrette oligarchie dei grandi proprietari terrieri, in molti casi ci fu la secolarizzazione dei beni ecclesiastici e la privatizzazione di molte terre indigene. Si può dire che il potere politico era detenuto dalle stesse elite economiche, che peraltro erano convinte che il liberalismo non fosse adatto alle società cronicamente arretrate come quelle dei paesi latinoamericani. I regimi oligarchici “liberali" non furono comunque immuni (dopo la prima guerra m) da pressioni per lo allargamento della partecipazione politica, che assunsero quasi sempre tratti di nazionalismo e antiliberalismo. Esempio emblematico fu la rivoluzione messicana. Nel 1910 Madero, ricco proprietario terriero creolo, assieme alle élites liberali e un vasto movimento contadino, spinse Diaz alle dimissioni e fu eletto presidente. Ma le masse contadine premevano per una radicale riforma agraria e guidati da Zapata e Villa continuarono la lotta fino alla uccisione di Zapata e la resa di Villa nel 1019. Era stata varata una nuova costituzione che finì per conquistare alla causa governativa il proletariato urbano, ma non risolse comunque i gravi squilibri sociali. Negli anni 30 Cardenas avviò una riforma agraria e appoggiò i sindacati e le organizzazioni dei lavoratori incanalando le masse nella vita politica secondo modalità che tendevano ad escludere il pluralismo, anticipando alcuni dei caratteri che furono poi propri dei regimi populisti latinoamericani. 3.3 Giappone: la trasformazione tra progresso e tradizione Insieme agli USA il Giappone fu l'altro paese extraeuropeo che nelle seconda metà dell800 conobbe una accelerata modernizzazione economica e politica. Impermeabile da almeno 3 secoli alle influenze straniere, fu costretto proprio dagli USA ad aprirsi agli scambi commerciali con l’occidente. I cd Trattati ineguali furono imposti dagli USA nel 1858 al Giappone e altri ne saranno proposti in modo analogo anche da altre potenze eu. L'improvvisa apertura al commercio straniero provocò un vero sconvolgimento politico e sociale che, unito alla volontà di innovazione di alcuni settori della società nipponica, mise in moto un processo di radicale trasformazione. Il Giappone aveva ancora una struttura politica economica di tipo feudale: i DAIMYO grandi feudatari detenevano il potere e lo esercitavano attraverso l'autorità politica militare dello SHOGUN e avevano al loro servizio i SAMURAI. Formalmente alla guida dello stato c'era l'imperatore, i contadini erano l80% della popolazione e vivevano in condizioni durissime. Il processo che negli anni 60 dell800 mise fine a questo sistema, coinvolse sia alcune famiglie di grandi feudatari (che accusavano lo shogunato di aver stipulato contratti con stranieri contro il volere dell’imperatore) sia gli strati medi bassi dei Samurai, convinti della necessità di rimodernare le strutture economico sociali del Giappone. Nel 1868 gli eserciti dei maggiori feudatari occuparono la città imperiale di Kyoto e proclamarono la restaurazione imperiale a nome del giovane imperatore Meiji, dichiarando decaduto lo shogunato. Tokyo diventò capitale. Iniziò così un'epoca di governo illuminato e la classe politica che sostituì lo shogun produsse numerose riforme politiche amministrative fiscali, gettando in pochi anni le basi del Giappone moderno e industrializzato (cancellati i privilegi feudali 1968; 1872 scuola e leva obbligatoria). Nonostante questo processo di occidentalizzazione, le tradizioni culturali rimasero, lo scintoismo (si adorava l'imperatore) rimase saldo e il sistema rappresentativo introdotto dalla Costituzione del 1889 rimase assai precario. Prevedeva due camere una nominata dal sovrano, l'altra eletta a suffragio censitario da grandi imprenditori e mercanti. Quella che cambiò il Giappone negli ultimi 3 decenni del 800 fu una rivoluzione dall'alto, grazie all'anima giapponese e alla tecnica occidentale i governi dell'epoca Meiji portarono il paese ad una crescita fra le più impetuose nel mondo. Dalla competizione con la Cina per il controllo della Corea scaturì il conflitto sino giapponese del 1894 1895 che si concluse con la netta vittoria del Giappone che acquisì anche Taiwan, l'arcipelago delle Pescadores, e la penisola di Liaotung (Poi le potenze eu intervennero per ridimensionare questa vittoria imponendone la restituzione). Ma il conflitto sinogiapponese aprì alla penetrazione europea: La Russia occupò negli anni seguenti alcune provincie della Manciuria, sottrasse progressivamente all'influenza giapponese la Corea e installò una base militare a port Hartur. L'attrito tra Russia e Giappone esplose nel 1904 dopo che il Giappone si era alleato con la GB. La vittoria contro la Russia affermò a livello internazionale la potenza giapponese essendo il primo paese asiatico a sconfiggere una potenza europea, ma acuì le tensioni interne per i pesanti costi della guerra. dopo il 1905 si inasprirono i conflitti sociali e ci furono i primo grandi scioperi nelle industrie e nelle miniere, che a parte qualche concessione, i governi repressero duramente. Furono colpiti soprattutto il movimento anarchico e il partito socialista, fu potenziato il culto dell'imperatore e l'addestramento militare della popolazione. 3.4 La Cina: fine di un Impero Anche nel celeste impero la penetrazione dei mercati stranieri (inglesi) mise in crisi, nella seconda metà dell800, il secolare equilibrio sociale. L'impero cinese, retto dalla dinastia dei Qing, era amministrato dai mandarini, custodi del confucianesimo, pilastri di uno stato burocratico e fortemente centralizzato. Unica concessione agli stranieri era la possibilità di operare nel porto di Canton. La guerra con la GB ebbe origine dal commercio dell’oppio che gli inglesi prendevano in India e smerciavano in Cina dove era proibito. Per stroncare le attività dei contrabbandieri (potenziali oppositori al governo centrale) venne sequestrato e bruciato un carico nel porto di Canton nel 1839. La GB vinse la guerra e con il trattato di Nanchino ottenne Hong Kong e l'apertura di altri porti al commercio. Dopo che la debolezza del potere centrale fu messa a nudo , le regioni meridionali furono teatro della rivolta dei Taiping, ribellione dei contadini sulla base di una ideologia egualitaria e dotati di un grande esercito 1850. GB stavolta appoggiata dalla F, stava facendo una nuova guerra alla Cina 1856 1860 che finì con nuove concessioni agli occidentali, ma al tempo stesso gli europei appoggiarono il governo centrale contro i rivoltosi e misero fine all'occupazione di Nanchino da parte dei Taiping. Seguirono comunque altre rivolte che chiedevano sostegno ai contadini sempre represse sanguinosamente. Nonostante il potenziamento dell'esercito la guerra contro il Giappone portò la Cina ad una sonora sconfitta 1895 con la perdita della Corea e di Taiwan. Prese a crescere il movimento dei BOXER, ultranazionalista e xenofobo favorito dai ceti dirigenti, che nel 1900 prese d'assalto le missioni cristiane e le legazioni europee. I paesi europei, USA e Giappone attaccarono la Cina e la sconfissero. L'ennesimo insuccesso militare mise definitivamente in crisi l'impero e la sua politica tradizionalista. Giovani intellettuali delle regioni del sud, che avevano avuto più contatti con gli occidentali, proponevano riforme radicali e ottennero il sostegno dei nuovi ceti mercantili. In questo contesto si inserì Sun Yat sen, medico cantonese che nel 1905 si batteva per i “tre principi del popolo”: indipendenza nazionale, potere del popolo, benessere del popolo, da ottenere attraverso una radicale riforma agraria. Alla fine del 1911 una serie di sommosse (nate contro l'assegnazione della gestione delle ferrovie ad imprese straniere) dilagarono nel sud provocando l’ammutinamento di alcuni reparti dell'esercito e sedici parlamenti provinciali proclamarono la repubblica. Il nuovo regime non aveva l'appoggio del nord e per evitare una guerra civile Sun Yat sen fu costretto a rivolgersi a Yuan Shi kai, un militare ultraconservatore che prese la presidenza nonostante il partito del Guomindang di Sun Yat sen avesse la maggioranza, e tra il 1914 e il 1916 trasformò il suo potere in dittatura. 3.5 Africa: le dinamiche della colonizzazione Anche per l'Africa l’ottocento fu un secolo di cambiamenti politici e economici e sociali molto rilevanti. La tratta degli SCHIAVI, abolita dalla GB nel 1807, fu interdetta dal Brasile nel 1888, durante questo periodo si svilupparono i cd commerci leciti che univano le società africane tra loro e con il mercato mondiale, anche se questo comportò spesso l’intensificazione di forme di schiavitù interna. LAfrica era suddivisa in una notevole varietà di regni ed istituzioni, villaggi e clan, la debolezza strutturale di gran parte di queste formazioni, assieme alle devastazioni prodotte dalla tratta, dalle epidemie portate dai bianchi, rendevano molto fragile la società africana. Nonostante questo, era una realtà dinamica, aperta alle influenze esterne e sempre più legata ai mercati europei. La colonizzazione era iniziata già nel 1881 con la penetrazione nel nelle regioni nordafricane da parte di F e GB. La F possedeva già dagli anni 30 la Algeria e nel81 occupò la Tunisia e nell82 la GB assunse il controllo dell Egitto. (I governi locali erano fortemente indebitati von le banche eu) Ma la data simbolo della corsa alla spartizione fu 1884 85 quando per dirimere le contese suscitate tra i paesi europei dalla occupazione belga del Congo, fu indetta da Bismark una conferenza internazionale a Berlino, dove si stabilirono i criteri di spartizione e controllo dell'Africa definendo il principio di “effettiva occupazione" (la comunicazione agli altri stati diventava l'unico elemento per sancire il possesso di un territorio). La conquista dall'Africa settentrionale fu completata all'inizio del 900 con l'occupazione francese del Marocco nel 1911 e quella italiana della Libia nel 1912. Tripolitania e Cirenaica erano sotto la sovranità ottomana, la guerra si estese fino alle isole del Dodecaneso e a Rodi, si concluse con la pace di Losanna. Le regioni centrali furono conquistate anche più facilmente, sia perché più deboli come organizzazioni politiche, sia perché esistevano da tempo lungo la costa, fin dal 5-6icento, numerosi scali commerciali europei. Il Belgio riuscì ad accaparrarsi il Congo, ricco di materie prime, la F e il Portogallo ampie zone interne, alla Germania il Camerun e la cd Africa orientale tedesca e alla GB Nigeria ecc. I maggiori interessi inglesi si rivolsero verso l'Africa australe, la GB dopo aver sottratto ai boeri la Colonia del capo costringendoli a emigrare nell'entroterra e a fondare gli stati del Transvaal e del Orange 1852-54, si interesso nuovamente alla regione dopo che tra il 60 1 gli 80 furono scoperti giacimenti di diamanti e oro. La politica aggtessiva condotta da Rhodes 1890-96, riuscì ad estendere il dominio inglese in tutta la zona che si chiamò infatti Rhodesia. Il conflitto con i boeri sfociò in guerra aperta nel 1899 che fu vinta nel 1902 dalla GB ma la ostinata resistenza dei boeri ottenne uno statuto di parziale autonomia fino a che nel 1910 prese viga la Unione Sudafricana che si basava sullo sfruttamento delle immense risorse minerarie e sulla negazione dei diritti degli africani neri. Il regime di segregazione durò fino al 1948 e proseguì con la apartheid. Il Portogallo conservò lAngola e Mozambico, la Spagna alcuni territori lungo la costa nord occidentale. L'italia, dopo aver occupato il porto di Massaua si spinse ell'entroterra e fondò nel 1890 la colonia di Eritrea.la tentazione era di occupare lEtiopia, nonostante la sconfitta subita a Dogali nel 1887. Crispi nel 1889 stipulò col Negus Menelik il trattato di Uccialli che essendo redatto i due versioni diede luogo ad ambiguità che accrebbero le tensioni tra i due paesi, nel 1895 riprese l'avanzata italiana, la sconfitta di Adua del 1996 fece dimettere Crispi. L'italia dovette dunque momentaneamente rinunciare all'occupazione dellEtiopia che sarebbe stata colonizzata solo dal regime fascista nel 1935-36. Riuscì però a farsi riconoscere protettorato sulla Somalia meridionale, trasformata nel 1905 in colonia. Di tutto il continente africano avevano mantenuto l'indipendenza solo il regno di Etiopia e la repubblica di Liberia. Le modalità di penetrazione militare delle potenze europee in Africa furono estremamente violente e predatrici. Queste modalità cambiarono parzialmente allinizio del 900 per le forti resistenze delle popolazioni locali, i disastri demografici e naturali, che spinsero i governi a riformare gli statuti delle compagnie concessionarie. 4. Le istanze imperialistiche nella fine di secolo 4.1 il difficile passaggio dall’Otto al Novecento: la crisi politica in Europa L’idea che il nuovo secolo avrebbe prodotto progresso e crescita illimitata si scontrò con le contraddizioni della nuova società di massa (rivendicazioni operaie e nascita partiti socialisti) e la constatazione della crisi del eurocentrismo (rapida ascesa delle potenze USA e Giappone). Alcuni settori delle élite europee cominciarono a percepite i parlamenti come luoghi che mettevano in discussione le gerarchie tradizionali e cominciarono a scontrarsi i propugnatori di un sistema incentrato su un esecutivo “libero" dal parlamento, con i difensori del sistema parlamentare propugnatori della estensione del suffragio. In Italia, alle dimissioni di Crispi seguì il governo Rudinì che si trovò ad affrontare scioperi e sommosse per il carovita prodotto dal cattivo raccolto del 1897. (Mentre si diffondeva l'idea “torniamo allo Statuto" cioè più potere al re) il generale Bava Beccaris spara sulla folla per sedare la rivolta contro l'aumento del prezzo del pane, e Rudinì fa approvare una serie di leggi liberticide, i principali esponenti socialisti, radicali e cattolici vengono arrestati. Umberto I decora Bava Beccaris! Segue il governo Pellux, che lavora ad un progetto di limitazione di potere del parlamento e la repressione della libertà di opinione e associazione; ma alla sinistra si aggiungono anche i liberal progressisti (Giolitti e Zanardelli) e riescono, con l’ostruzionismo parlamentare, a far impedire la trasformazione in legge dei decreti. Si scioglie la camera per allentare la tensione, ma le elezioni non offrono una maggioranza osufficiente a Pelloux che si dimette, gli succede un governo di transizione che ritira le proposte del precedente. L’anarchico Bresci uccide re Umberto I il 29 luglio 1900, ritenendolo responsabile delle repressioni. Negli stessi anni la Francia conobbe una violenta crisi politico istituzionale che vide fronteggiarsi le forze liberali fedeli alla terza Repubblica e la destra filomonarchica e nazionalista attraverso l'affaire Dreyfus, (capitano ebreo condannato ingiustamente per spionaggio militare 1894). Il dibattito coinvolge l'intera opinione pubblica francese, anche Emile Zola con J’accuse partecipa, e sfocia in un vero colpo di stato nel 1899 con la Ligue de Patriotes. La vicenda si conclude nel 1906 con l'annullamento del verdetto e la reintegrazione del capitano ma già nel 1899 ci fu un governo di difesa repubblicana, superando questa crisi la F stabilizzò definitivamente le sue istituzioni repubblicane che dopo le elezioni del 1902 assunsero un profilo marcatamente laico e radicale (1905 separazione stato chiesa e rottura rapporti con santa sede). Meno drammatica ma altrettanto decisiva, fu la crisi in GB: le difficoltà erano sempre quelle per la indipendenza dell’Irlanda ma si aggiunsero la nascita del partito laburista e le gravi conseguenze interne della guerra contro i Boeri. La crisi scoppiò quando nel 1906 vinsero i liberali portando alla camera 30 deputati laburisti, la nuova amministrazione avviò una forte iniziativa riformatrice, (riduzione dell’orario di lavoro per i minatori, assicurazione sociale, uffici collocamento) e una imposizione fiscale progressiva che colpiva la grande proprietà fondiaria. La camera dei lord prova a bloccare il bilancio che alla fine passa anche grazie a Giorgio V assieme ad una riforma (parliamente act 1911) che sanciva la superiorità della Camera dei comuni rispetto a quella dei lord e le toglieva la facoltà di respingere le leggi finanziarie. La Germania non conosce una vera crisi, ma cambia decisamente politica, dopo Bismark il nuovo kaiser Guglielmo II voleva esercitare un potere personale ed una nuova politica estera aggressiva. La Weltpolitik intendeva rilanciare la espansione coloniale e favorì l’alleanza tra la casta agraria militare degli Junker con i grandi imprenditori. Nacque nel 1893 la Lega pangermanica e poi la Lega navale per sostenere politiche imperialistiche e favorire gli investimenti sulla flotta. Queste e altre associazioni contribuirono a diffondere culture e idee sempre più aggressive, populiste e antisemite. La sola forza politica di opposizione, la SPD si trovò isolata e non si riuscì a far rientrare l’imperatore in un sistema costituzionale bilanciato, la Germania arrivava alla vigilia della I guerra mondiale incapace di trovare un equilibrio. La sconfitta subita dal Giappone nel 1904 e la grave carestia fecero precipitare la situazione in Russia. Sommosse chiedevano una assemblea costituente, una petizione presentata durante una manifestazione pacifica fu accolta a fucilate, seguirono proteste che videro coi volti sia settori liberali sia i contadini, e alcuni settori dell'esercito (Nascevano i primi soviet) . L’ammutinamento di una corazzata suggerì allo zar di concedere un parlamento elettivo, la Duma (corpo elettorale ristretto e funzioni consultive), questo bastò a dividere il fronte delle proteste poiché pareva soddisfacente ai moderati alla sola condizione di più ampi poteri alla duma, cosi lo zar firmo il cd Manifesto delle libertà. I moderati soddisfatti costituirono il partito degli Ottobristi mentre l’ala più progressista il Partito dei Cadetti, la sinistra cioè il partito socialdemocratico era diviso tra menscevichi e bolscevichi, emerse poi il Partito dei socialisti rivoluzionari basato sulle comuni agricole. La rottura del fronte rivoluzionario permise allo zar di rendere inefficace il Manifesto, la costituzione non fu mai emanata ma si produsse una riforma agraria che introduceva novità anche con l'idea di favorire una nuova classe di contadini ricchi, i kulaki. 4.2 la nascita della società di massa e la nazionalizzazione della politica L'avvento della società di massa avviene a seguito della industrializzazione che porta alla nascita del proletariato urbano e all'allargamento della media e piccola borghesia. Nei grandi agglomerati urbani i rapporti tra individui si articolavano in forme anonime e impersonali, riducendo la centralità dei classici punti di riferimento come famiglia, comunità locale e istituzioni religiose, per dare sempre più importanza a forme di organizzazione politica come partiti e sindacati. Lo sviluppo di mezzi di trasporto e di comunicazione crebbero la mobilità dei cittadini e la circolazione di notizie, inoltre finì l’economia basata sull’autoconsumo e gli individui diventarono parte della economia di mercato come produttori e consumatori. In questo contesto si verifica una graduale razionalizzazione dei processi produttivi per la quale fu decisiva la elaborazione di Taylor: un modello di controllo della produzione basato sulla misurazione dei tempi di lavoro (principi di organizzazione scientifica del lavoro 1911). Il sistema fu applicato per la prima volta dalle industrie FORD che introdussero nel 1913 la catena di montaggio. L'utilizzo di queste tecniche aumentò la produttività e dunque i salari, che fecero aumentare la domanda di beni di consumo. Anche la nascita dei grandi magazzini contribuì a modificare le abitudini di consumo. L'introduzione della catena di montaggio rese più stratificata la classe operaia, differenziando l'operatore in catena dell'operaio qualificato. Mentre i vecchi sindacati di mestiere diventavano sempre meno adeguati alle esigenze di una classe complessa, nacquero le grandi organizzazioni sindacali che riunivano tutti i lavoratori di uno stesso settore. Il ceto medio si allarga, comprendendo i colletti bianchi (tecnici, impiegati, commessi e funzionari sia del settore privato che pubblico), e i lavoratori della stato in tutte quelle nuove funzioni in materia di sanità, istruzione, trasporti e altri servizi. Lo stato infatti svolge un ruolo sempre più importante attraverso commesse e sovvenzioni alle industrie, protezioni doganali, finanziamento e gestione del sistema scolastico (in Italia nel 1877 istruzione elementare obbligatoria e gratuita), servizi di sanità e assistenza. L’alfabetizzazione di massa, la diffusione della stampa e la crescente consapevolezza politica, favoriscono l’estendersi della moderna opinione pubblica, capace di influenzare le scelte delle classi dirigenti. Il processo di nazionalizzazione della politica (che avvenne compiutamente solo dopo la prima guerra mondiale) fu causa e conseguenza dell’allargamento del suffragio. Suffragio universale (maschile), crescita del sindacalismo operaio e dei partiti socialisti, maggior attivismo sociale femminile, furono canali attraverso cui la politicizzazione delle masse modificò lo spazio e i caratteri della politica tradizionale. La nazionalizzazione della politica richiese il ricorso a forme di coinvolgimento anche emotivo nella propaganda politica. Indusse anche i liberali e i gruppi dirigenti tradizionali a dotarsi di organizzazioni politiche stabili e strutturate. Il modello partito macchina americano incontrò molte resistenze tra i conservatori che temevano la sopraffazione dei numeri sulle decisioni ponderate e ragionate delle élite. Cominciarono ad essere studiati la natura e le funzioni dei gruppi dirigenti: la teoria delle élite (formulata da Mosca e Pareto) dice che in ogni comunità politica il potere è detenuto da una “minoranza governante” separata dalla massa dei governati e dunque ogni forma di governo è oligarchica. Queste teorie furo o riprese dal sociologo tedesco Michels che applicò la teoria elitistica all'analisi dei grandi partiti di massa evidenziando la doppia esigenza di burocratizzazione e di concentrazione del potere. Più in generale Max Weber mise in luce come la modernità si accompagnasse ad un processo di razionalizzazione di tutte le attività e alla conseguente necessità di riconsiderare l'organizzazione e la legittimazione del potere politico. Nell'opera parlamento e governo del 1918 Weber denunciò il rischio che le crescenti competenze della burocrazia statale e la presenza di nuovi compiti per cui erano necessarie nuove competenze e saperi specialistici, portassero alla concentrazione eccessiva del potere nelle mani dei funzionari a scapito della classe politica. 4.3 L'Europa tra nazionalismo e imperialismo Ben diversi dagli ideali nazionali risorgimentali democratici, che avevano contribuito alla formazione degli stati nazionali nel contesto del liberalismo europeo, i principi ispiratori dei nuovi nazionalismi erano invece basati su autoritarismo, apologia della guerra, difesa dell’interesse nazionale e in alcuni casi della razza; il concetto di fratellanza era stato sostituito da dall'idea di esclusione del diverso. Questa declinazione del nazionalismo si saldò con altri due fattori, la spinta degli interessi economici dei paesi industrializzati e la necessita delle classi dirigenti di contenere gli effetti della politicizzazione delle masse. Sul piano culturale l'ideologia nazionalista si alimentò di studi che, interpretando le teorie di Darwin, propugnavano il principio della sopravvivenza del più adatto. In particolare De Gobineau sosteneva che la razza bianca fosse superiore e avesse il diritto dovere di sottomettere i più deboli. Chamberlain sostenne che le popolazioni germaniche fossero la sola pura razza ariana superiore alle altre, dando vita al mito del popolo tedesco che divenne la giustificazione teorica dei pangermanisti. Anche in Francia con l’affaire Drefus si esplicitò un movimento nazionalista di destra, monarchico, antisemita, la cui principale espressione fu Action française. In Italia si innestò in un contesto culturale che esaltava la patria come nazione eletta, criticando l’individualismo della cultura liberale e analogamente al movimento futurista, esaltava la lotta, il dinamismo, la guerra. Tra gli esponenti maggiori ci sono Papini, Corrafini, Rocco. Il fattore di carattere economico alla base della prospettiva imperialista era la necessità di trovare nuovi sbocchi commerciali per la sovrapproduzione di merci. Diverse analisi di questo fenomeno verranno fatte da Hobson secondo cui un piano di riforme ridistributive avrebbero messo in moto un aumento di domanda tale da assorbire la sovrapproduzione, mentre R Luxemburg e Lenin escludevano che il sistema capitalistico avrebbe potuto adottare tali politiche ed era dunque inevitabile la ricerca di nuovi mercati che si sarebbe però anch’essi saturati fino a portare al crollo del capitalismo. Schumpeter pensava invece che l'imperialismo fosse un residuo mentale da epoche remote. Il fattore di tipo politico invece nasceva dalla affermazione della società di massa e dal conseguente allargamento dello spazio politico. Le classi dirigenti si servirono dell'ideologia nazionalista e imperialista per incoraggiare l'identificazione delle masse con lo Stato cosi da legittimare indirettamente il sistema politico esistente. Inoltre l'attenzione volta al di fuori dei confini nazionali serviva a spostare all'estero le tensioni interne e contenere l'affermazione dei partiti socialisti. La centralità europea pareva ancora indiscussa, assieme alla tesi della missione civilizzatrice delle nazioni sviluppate di razza bianca. Questo primato però venne messo in discussione con le sconfitte di Adua (etiopi vs italia 1896), GB contro boeri nel Transvaal nel 1899, Russia vs Giappone nel 1904, spagna dagli USA a Cuba nel 1898. 4.4 dal liberalismo classico al new liberalism: i governi inglesi di inizio secolo e l'età giolittiana L’inizio del novecento vide la riformulazione della ideologia liberale: il liberalismo classico sviluppatosi sulla centralità dell’individuo e sull’uguaglianza formale, dove lo stato non era tenuto ad intervenire, deve fare i conti con una nuova situazione sociale e con le condizioni di vita delle classi meno abbienti, si sviluppa così una visione che vede positiva l'azione del governo volta a garantire a tutti la parità di condizioni di partenza e dunque libertà, eguaglianza e benessere dell'intera società. Teorici dell’interventismo statale o “nuovo liberalismo”, furono la Fabian society, l’economista Hobson e il filosofo Hobhuse, che propugnavano un tipo di “democrazia etica” favorevole alla progressività fiscale e alla riforma agraria. Questo contributo fu decisivo nel definire il programma riformatore dei governi inglesi dal 1906 alla prima guerra mondiale, che attuarono una grande redistribuzione dei redditi attraverso la progressività fiscale, l’organizzazione delle pensioni di anzianità, assicurazioni sociali e sussidi di disoccupazione. La cd “progressive alliance” gettò le basi del Welfare state britannico e non fu rivista dai successivi governi conservatori perché consapevoli che il consolidamento delle istituzioni poteva venire solo da una società solidale e compatta. Anche in Italia il periodo tra il 1901 e il 1914 detto età giolittiana, costituì la fase più avanzata del liberalismo. Dopo la crisi di fine secolo e il tentativo di svolta autoritaria con Pelloux e Rudini, la classe dirigente italiana optò per un i dirizzo politico volto a tutelate le liberta civili e a promuovere il graduale inserimento delle masse nello stato attraverso il riformismo sociale, l'ammodernamento amministrativo e l'allargamento del suffragio. Il governo Zanardelli, in carica dal 1901, nonostante l’impennata di scioperi e agitazioni soprattutto nel sud, con i cd eccidi proletari, varò una legge a tutela del lavoro minorile e femminile minorile e ampliò l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, con la legge del 1903 consentì la municipalizzazione dei servizi pubblici. Giolitti lo sostituì nel 1903 ma per la questione delle ferrovie lasciò momentaneamente, tornando nel 1906 e restando al potere fino al 1909 aprendo una stagione di cauto riformismo e di forre consolidamento dei ceri produttivi. Consolidò il bilancio statale, migliorò i servizi pubblici e l'esercito, fece provvedimenti speciali per il mezzogiorno e una serie di tutele per i lavoratori. Queste iniziative contribuirono a rafforzare i gruppi borghesi e operai che costituivano l'avanguardia del processo di industrializzazione. Nel 1906 venne fondata la Confederazione generale del lavoro e l'anno dopo la Confederazione italiana dall'industria, il riformismo italiano vide così la progressiva definizione delle contrapposte identità di classe, segno di modernizzazione e dinamismo dell'assetto politico. Anche la partecipazione dei cattolici fu una novità, infatti il non expedit venne ufficialmente sospeso e le elezioni del 1909 videro una buona tenuta della maggioranza, un notevole incremento dell'estrema sinistra e dei cattolici. Giolitti pur essendosi sempre dichiarato non favorevole all’estensione del diritto di voto, capì che solo in questo modo avrebbe preservato il delicato equilibrio raggiunto e riformò la legge elettorale (1912), approvò il monopolio pubblico delle assicurazioni sulla vita costituendo l'istituto Nazionale (primo ente pubblico economico con personalità giuridica). Nel tentativo di bilanciare queste con una iniziativa capace di coagulate i consensi del sovrano e degli ambienti dell’esercito e della destra nazionalista, Giolitti rilanciò la politica coloniale, ma nonostante la vittoria e la conquista della Libia, non riuscì nella sua strategia di mediazione, infatti i socialisti gli tolsero l'appoggio. 4.5 la crisi del razionalismo positivista La Belle époque fu una invenzione a posteriori, in realtà quel periodo fu pieno di incertezze: il progresso razionale e scientifico si dimostrava inadeguato a comprendere le trasformazioni socio politiche e addirittura gli sviluppi della stessa scienza ( teoria della relatività, teoria quantistica..). Alla crisi del positivismo corrispose la graduale affermazione di nuove dottrine filosofiche irrazionalistiche e idealistiche, di correnti artistiche come il simbolismo o espressionismo , letterarie con il decadentismo. Di particolare importanza fu Nietzche, (al di là del bene e del male 1886) massimo interprete del nichilismo non solo in versione negativa ma anche come fautore dell’Oltreuomo (liberatosi dal fardello della tradizione, portatore di etica autonoma, avrebbe dato vita ad un futuro vissuto senza illusioni cui avrebbe dato lui stesso significato ). La fondazione della psicoanalisi con Freud (interpretazione dei sogni 1900) dimostrò l'importanza per il comportamento umano delle motivazioni pulsionali e non razionali. L'idea che il punto di vista personale potesse alterare la rappresentazione dei fenomeni influenzò anche i teorici delle scienze sociali e si espresse chiaramente con Max Weber. Capitolo 5 La prima guerra mondiale e lo scontro tra internazionalismo e nazionalismo 5.1 la sindrome della guerra in vista . Guglielmo II cambiò radicalmente la politica di Bismarck, dotò la Germania di una grande flotta navale per rilanciare mire coloniali, (questo suscitò tensioni con la GB) e si dimostrò intenzionato a sostenere il progetto pangermanista di riunire in una Grande Germania tutte le popolazioni europee di lingua tedesca. . L’accresciuta competizione commerciale portò in auge le rivalità internazionali e i nazionalismi, si diffuse un nuovo atteggiamento verso la guerra percepita come un possibile mezzo per risolvere le controversie. . In questo contesto si inserì la crisi degli imperi multietnici, in particolare quello ottomano e quello asburgico. . Le difficoltà economiche ed interne dell’Impero ottomano vengono sfruttate dalle potenze europee per ottenere territori, le spinte del nazionalismo slavo accelerano lo sfaldamento e accrescono la tensione internazionale. .approfittando della conquista italiana della Libia la lega balcanica (Grecia, Bulgaria, Montenegro e Serbia) attaccano gli ottomani con la prima guerra balcanica conclusasi nel 1913, poi nella seconda guerra balcanica la Bulgaria attacca Grecia e Serbia (affiancate da Turchia e Romania) e perde sempre nello stesso anno. Al termine i territori europei dell'impero ottomano si riducevano a una parte della Tracia, i Dardanelli e Istambul. In generale il rafforzamento della Serbia e la sua aspirazione di unificare i popoli slavi sottraendoli all’Austria, definì un quadro geopolitico molto instabile e sfavorevole a Vienna e Berlino. .Francia e Russia erano già alleate dal 1891 – 94 per far fronte comune contro la Germania, dinanzi alla sfida del riarmo navale tedesco la GB decise di uscire dallo “splendido isolamento” prima alleandosi con il Giappone nel 1902 poi stabilendo con la F la “Entente cordiale”. Poi GB e Russia si accordarono sulle rispettive aree di influenza in Asia e infine GB, Russia e F si unirono nella TRIPLICE INTESA. . Il blocco contrapposto era formato dalla TRIPLICE ALLEANZA di Germania, Impero austroungarico e Italia. La situazione precipitò quando il nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip uccise a Sarajevo l'erede al trono degli Asburgo arciduca Francesco Ferdinando. Vienna dichiara quindi guerra alla Serbia e scatta immediatamente il sistema delle alleanze. Il conflitto assunse una dimensione mondiale quando, già nel agosto del 1914 il Giappone si schierò a fianco dell’INTESA . Poi la Turchia entrò a supporto degli imperi centrali, mentre Portogallo e Romania con lINTESA. Nel 1917 scesero in campo gli USA. L'italia era legata agli imperi centrali da un patto di difesa e non fu consultata da Vienna prima della guerra, dichiarò quindi inizialmente la propria neutralità anche perché la maggioranza in parlamento (socialisti, cattolici e liberali) e nel paese era contraria alla guerra. Ma la minoranza interventista (irridentisti, nazionalisti, alcuni repubblicani gran parte degli intellettuali), molto agguerrita, premeva per una partecipazione a fianco dell'intesa, per portare a termine il risorgimento liberando le terre irredente . Anche Mussolini si dichiarò per la guerra venendo perciò espulso dal partito socialista. Il fronte interventista raccoglieva anche alcuni rappresentanti dell'area liberal moderata e conservatrice, tra cui il capo del governo Salandra e il ministro degli esteri Sonnino, i vertici militari, i circoli di corte e il re. Vittorio Emanuele III interpretando letteralmente lo Statuto albertino, spinge Sonnino a firmare, a insaputa del parlamento, il patto di Londra con la F. L'italia si impegnava ad entrare in guerra a fianco della Intesa. Le “radiose giornate di maggio" con violente manifestazioni di piazza, finirono per piegare il parlamento che approvò, con la sola opposizione dei socialisti, i crediti di guerra. Il 24 maggio le truppe italiane varcano il Piave. 5. 2 Internazionalismo vs nazionalismo Il socialismo era inizialmente improntato ad un universalismo ideologico (proletari di tutto il mondo unitevi) che sottovalutava le dinamiche sociali connesse all’appartenenza nazionale, ma negli anni della guerra stava maturando una realtà diversa. La seconda internazionale, sorta nel 1889 a Parigi per definire i principali obiettivi del movimento operaio aveva scelto di NON convocare al congresso di Bruxelles gli anarchici e tutti coloro che erano contrari alla presenza dei socialisti nelle istituzioni parlamentari. Il partito socialdemocratico tedesco assunse un ruolo fondamentale, seppur diviso al suo interno da diverse visioni. I partiti socialisti europei avevano differenti posizioni, 1. quelle più radicali continuavano a sostenere la superiorità dei legami sovranazionali e della appartenenza di classe rispetto ai vincoli nazionali. 2. I bolscevichi russi associavano al principio di autodeterminazione nazionale la rivendicazione dell'identità di classe. 3. Orientamento prevalente, espresso soprattutto dal francese Jean Jaurès cercava di conciliare la vocazione internazionalista con i valori delle identità nazionali. Ne derivò un parziale mutamento del cosmopolitismo socialista che cominciò a veicolare un idea di Patria, contrapposta a quella di Nazione, che avrebbe dovuto rappresentare un nucleo vitale di una comunità internazionale pacifica. Ma se l’internazionale delle patrie aveva cercato di essere la risposta del movimento operaio al dilagare del nazionalismo, la crisi del 1914 evidenziò che per questa visione era indispensabile il mantenimento della pace, invece tutti i principali partiti europei si schierarono con i rispettivi governi a favore della guerra. Tutti tranne i partiti russo, serbo e italiano. Infatti quando Mussolini espresse la sua posizione interventista fu espulso dal partito. Con i soldi di gruppi interventisti italiani e francesi Mussolini fondò “il popolo d'Italia”. Pur nella loro sostanziale compattezza i socialisti italiani non riuscirono ad incidere nelle scelte del governo né a porsi alla testa di un fronte neutralista, e si attestarono su una posizione ambigua, né aderire, né sabotare, posizione di compromesso che servì solo a tener unito il partito. Nel settembre 1915 si tenne una conferenza internazionale dove i russi fecero approvare un documento che parlava di “ pace senza indennità né annessioni", non fu approvata invece la proposta di Lenin che intendeva trasformare la guerra imperialista in guerra di classe. Alla conferenza successiva, 1916 la tesi di Lenin ottenne più largo consenso e le due contrapposte visioni diedero vita ad una profonda spaccatura che fu all'origine, dalla socialdemocrazia tedesca, della nascita della “lega di Spartaco" guidata da Liebknecht e Luxembourg, attestata su posizioni rivoluzionarie antimilitaristiche. Anche il movimento cattolico si divise, il Papa Benedetto XV condannò duramente la guerra, ma buona parte dell’episcopato europeo lo smentì schierandosi con gli interventisti. 5.3 la prima guerra totale Il progetto della Germania di condurre una guerra lampo fallisce, sul fronte occidentale i francesi riescono a fermare il nemico sulla Marna e i due eserciti cominciano a scavare trincee dal mare del Nord fino alla Svizzera, il conflitto diventò una guerra di posizione. (Nel 1916 la avanzata fino a Verdun provocò una carneficina ma senza riportare successi di rilievo) Era una cosa nuova, le tradizionali armi diventarono ipotenti, la cavalleria non si poteva utilizzare di fronte al filo spinato, mitragliatrici e artiglieria. Sul fronte orientale la guerra era più fluida, russi e tedeschi si fronteggiavano avanzando e regredendo, l’ingresso della Romania accanto all'Intesa fu un fallimento e il paese fu invaso dagli imperi centrali. La GB aveva invece schierato un blocco navale nel mare del nord, che fu particolarmente gravoso per la Germania che per impossibilitata a rifornirsi conobbe una vera carestia. I tedeschi risposero al blocco con l'uso dei sommergibili e accade che affondò la Lusitania che ospitava passeggeri americani. Anche sul fronte italiano il conflitto assunse il carattere di una guerra di logoramento in trincea, combattuta lungo l’Isonzo e sul Carso da Cadorna senza successo. Dopo due anni di conflitto si dimostrò come non ci fossero mutamenti significativi, dal punto di vista militare i progressi tecnologici permettevano l'utilizzo di armi micidiali (lanciafiamme, mitragliatrici, bombe a mano, gas, carri armati e aerei e le comunicazioni radio), ma altrettanto importante fu il carattere di massa mai sperimentato prima: la radicalità dell'impiego di risorse umane e produttive necessarie richiese una vastissima mobilitazione interna, delle donne nelle fabbriche, degli stati nella gestione di una economia piegata alle esigenze militari, del conseguente massiccio ruolo della propaganda che cercava di tenere alto il morale delle truppe e della popolazione. Il morale però era veramente a terra e nel 1917 scoppiarono scioperi sommosse e ammutinamenti. Proprio allora però due avvenimenti cambiarono il corso degli eventi. La rivoluzione bolscevica di ottobre portò alla uscita della Russia dal conflitto, e un mese dopo entrarono in guerra gli USA. I motivi che spinsero gli americani furono 1. La ripresa della guerra sottomarina da par5e dei tedeschi 2.la necessità di tutelare i capitali prestati alle potenze dell’Intesa 3. L’aspirazione a un nuovo ordine internazionale i prontato ai valori della democrazia e autodeterminazione. Naturalmente Wilson presentò solo questo ultimo punto come motivazione per la opinione pubblica. Dunque l'entrata degli Usa riequilibrò l'uscita della Russia, ma il momento prima permise di smobilitare truppe dal fronte orientale e destinarle contro le linee italiane che infatti subirono la disfatta di Caporetto. Poi Diaz sostituì Cadorna e riuscì a opporre una strenua resistenza sul Piave e sul Monte Grappa. Ad agosto arrivarono i rinforzi americani e da quel momento la ritirata tedesca fu costante, le truppe italiane sfondarono a Vittorio Veneto le difese austriache e avanzarono fino a Trento e Trieste costringendo lAustria all’armistizio. In Germania scoppiarono rivolte, tanto che Guglielmo II lasciò il paese. L’Impero ottomano si era arreso dopo le sconfitte subite dagli inglesi. La guerra si concluse ufficialmente l’11 novembre 1918. 5.4 la Russia: le due rivoluzioni (Breve cronistoria precedente alle due rivoluzioni) Nicola I dal 1825 al 1855 1854 guerra contro i turchi in Crimea 54 – 56 sconfitta russa Alessandro II riformatore, abolizione servitù della gleba nel 1861 Fine del periodo riformista a causa delle insurrezioni polacche Individualismo anarchico e Nichilismo Un anarchico uccide Alessandro II nel 1881 Alessandro III torna alla autocrazia 1904 sconfitta dal Giappone in Manciuria e grave carestia Richiesta di convocare assemblea costituente 1905 petizione in pacifica manifestazione repressa a fucilate Concede la Duma Zar Nicola II firma il manifesto delle libertà o manifesto di ottobre (gli ottobristi sono i moderati soddisfatti) 1906 riforma agraria e nuova classe dei Kulaki ………… Il 30 luglio 1914 lo zar Nicola II firma l'ordine per la mobilitazione dell'esercito. La maggioranza della Duma era d'accordo, solo le forze socialiste erano contrarie e nemmeno compatte: il partito socialdemocratico detto socialpatriota sosteneva l'opportunità di collaborare con i progressisti per una transizione dolce, invece il socialrivoluzionario Kerenskij era fautore di un impegno nella lotta contro il nemico esterno ma senza compromessi col governo zarista. La guerra si rivelò più lunga e penosa del previsto, la Russia fu travolta dall inflazione, mancanza di viveri e combustibile, problemi nei trasporti. Il governo entrò in crisi e all'inizio del 1917 lo zar intendeva reprimere con l'esercito gli scioperi e i disordini che dilagavano nel paese, invece le truppe si rifiutarono di impiegare le armi contro i manifestanti e si ammutinarono. Rivoluzione di febbraio Alcuni deputati della Duma diedero vita ad un comitato da cui sarebbe scaturito il governo provvisorio guidato dal principe L'vov che comprendeva ottobristi, cadetti, progressisti. Lo zar prova ad abdicare ma suo fratello rinuncia e finisce cosi la dinastia dei Romanov. Dualismo di potere: coesistevano il governo provvisorio e l'autorità dei soviet che ben presto divennero l'unica riconosciuta dalle masse. La prima grave crisi avvenne quando i ministri degli esteri e della guerra intendevano proseguire nel conflitto in osservanza agli impegni presi con gli alleati, mentre i soviet premevano perché la partecipazione alla guerra fosse accompagnata dall’appello ai proletari della coalizione austro tedesca per l'insurrezione contro i rispettivi governi, linea cd del “difensivismo rivoluzionario”. La contrapposizione portò ad un rimpasto di governo e Kerenskij diventa ministro della guerra. Intanto i tedeschi, consapevoli che i bolscevichi avrebbero potuto far prevalere la tesi della pace immediata, favorirono il rientro in patria di Lenin. Infatti Lenin, diversamente dai menscevichi che ritenevano necessario un passaggio ad una fase borghese prima di arrivare al socialismo, pensava che i soviet dovessero chiudere ogni rapporto col governo, diventare gli unici depositari del potere politico e avviare la rivoluzione per instaurare la dittatura del proletariato. Lenin presentò questa linea nelle “tesi di aprile” e ottenne vasto consenso tra operai e soldati. Durante l'estate, dopo altre sconfitte, l'esercito abbracciò in massa la causa dell'uscita immediata dal conflitto. In tutto il paese si moltiplicavano manifestazioni contro la guerra e L'vov si dimise, fu sostituito da Kerenskij che mise in atto una dura repressione contro i bolscevichi ritenuti responsabili del disfattismo. Con il paese in preda all’anarchia le forze conservatrici tentarono un colpo di stato guidato da Korlinov per riportare il regime zarista che fu sventato dalla massiccia mobilitazione dei bolscevichi. Proprio il fallimento del colpo di stato consolidò il potere dei bolscevichi così il comitato esecutivo dei soviet passò nelle mani di Trockij. Mentre nelle campagne dilagava una vera rivoluzione agraria, Lenin torna (dalla Finlandia dove era scappato dalle persecuzioni di Kerenskij) e prende il controllo di tutti i principali luoghi strategici della capitale. Il giorno dopo, 24 ottobre 1917 il congresso dei soviet proclama la repubblica. Si approvano due decreti, la socializzazione delle terre (già reale, solo da istituzionalizzare) e la fine della guerra. Si istituisce un organismo per la convocazione della assemblea costituente al vertice del quale si pone Lenin e il “ministero" per le nazionalità viene affidato a Stalin. Le elezioni per l’assemblea costituente mostrano che i bolscevichi, pur essendo maggioritari nelle grandi città, tra i soldatie i marinai, NON avevano la maggioranza nel paese (novembre 1917 risultati 175 seggi bolscevichi contro 430 socialisti rivoluzionari). Constatata l'impossibilità di prevalere, Lenin fece sciogliere l'assemblea argomentando che non serviva, la Russia era già avanti, con la repubblica dei soviet. Per il popolo russo la collettivizzazione delle terre e la fine della guerra erano sufficienti a sostanziare la rivoluzione mentre per Lenin era solo l'inizio, così si sbarazzò di ogni potenziale nemico e procedette alla repressione degli oppositori, contro ogni principio democratico impose una militarizzazione coatta e istituì la polizia segreta in difesa della patria socialista (Ceka). A marzo 1018 la Russia sigla la pace di Brest -Litovsk, con la perdita di tanti territori rimane fortemente compromessa la produzione di carbone, quella metallurgica e dei bacini agrari. Le potenze dell'intesa consideravano un tradimento la scelta russa ed erano preoccupate dall'influenza che la rivoluzione avrebbe potuto avere sui partiti socialisti europei, quindi decisero di supportare la controrivoluzione. Tra il 1919 e il 1920 una feroce guerra civile contrappose l'armata Rossa alle forze controrivoluzionarie mentre una terribile carestia e il collasso dell'industria rendevano ancor più grave la situazione. L’imposizione del “comunismo di guerra" prevedeva la nazionalizzazione delle terre e delle industrie (con la requisizione dei prodotti ai contadi i per sfamare le città), abolizione del commercio e della moneta, il razionamento dei consumi, in questo modo la produzione calò del 40%. La guerra civile costò 7 milioni si morti, da sommare ai 2mil della guerra, e dimostrò come fosse impossibile realizzare in Russia un comunismo fondato sul consenso delle masse, ma fu vinta dai bolscevichi. Il partito di Lenin che aveva preso nel 1918 il nome di Comunista, stava continuando a perdere consensi anche nel tradizionale bacino di operai e soldati, le ribellioni vennero duramente represse. Il X congresso del partito Comunista decise di abbandonare il comunismo di guerra a favore della nuova politica economica NEP cercando di avviare una fase di transizione, funzionò, l'economia recuperò, la popolazione riprese a crescere e si rinnovò il ceto dei kulaki. Il partito Comunista condusse una dura lotta contro i partiti socialisti europei, ritenuti responsabili di aver fatto fallire il progetto di rivoluzione generale contro la guerra imperialista. Nel 1919 partì da Lenin il progetto di costituire una nuova internazionale comunista o Cominter che si tenne nel 1920, a tutti i socialisti che volevano aderire fu imposto il cambio del nome del partito da socialista a comunista, cosa che provocò in tutti i paesi europei la divisione delle forze socialiste e la nascita dei partiti comunisti non disposti a confrontarsi con i rispettivi governi. 5.5 Versailles e lo scontro tra vecchio e nuovo mondo Nel gennaio del 1919 i paesi vincitori si ritrovarono a Parigi, erano rappresentati dal presidente Wilson per USA, presidente del consiglio Clemenceau per la F, primo ministro George per GB, il capo del governo Orlando per l'Italia. La tradizionale politica delle spartizione dei territori dei vinti alle potenze europee si scontrò con l'intenzione di Wilson di imporre un nuovo ordine internazionale formulato nei “14 punti” fin dall'entrata in guerra degli USA: Abolizione della diplomazia segreta, libertà di navigazione e libero commercio, Autodeterminazione dei popoli come criterio per definire l'assetto geopolitico Proposta di istituzione della “Società delle Nazioni" … Ma l'eredità delle immense lacerazioni nazionali prodotte dalla guerra e la pretesa da parte francese di sottolineare la colpa della Germania, impedirono di impostare gli accordi su forme radicalmente diverse dal passato, il trattato di Versailles firmato a giugno fu un vero e proprio Diktat punitivo e vendicativo: La Germania perse la Alsazia e Lorena, la Polonia e la Posnania e il corridoio polacco, dovette smilitarizzare la Renania, cedere il bacino carbonifero della Saar al controllo della Societa delle nazioni, rinunciare a tutte le colonie, ridimensionare le forze armate, cedere la flotta e pagare una enorme cifra come riparazione di guerra. Tra le novità del nuovo assetto geopolitico europeo c’è la nascita delle 4 repubbliche baltiche che assieme a Polonia e Romania devono costituire un cordone di sicurezza antibolscevica. Gli USA avversavano il colonialismo europeo ed imposero la formula del “mandato" per la F in Siria e Libano, per la GB in Palestina Transgiordania Iraq . l'Italia svolge un ruolo marginale, tanto che Orlando e Sonnino (min esteri) abbandonano i lavori per la mancata assegnazione della Dalmazia e Fiume, avendo ottenuto solo il Trentino, Alto adige, Trieste e l’Istria. Il progetto wilsoniano di un mondo “safe for democracy” fu reso ancor più fragile dalla mancata adesione degli USA alla Società delle nazioni. Capitolo 6 Gli anni tra le due guerre: dalla vittoria delle democrazie alla deriva autoritaria 6.1 la dissoluzione dell'impero ottomano tra questione armena e modernizzazione turca Al congresso di Berlino del 1878 (dove gli europei cercavano di depotenziare la Russia vincitrice sulla Sublime porta), la questione armena si era già presentata, infatti la diplomazia europea sollecitò riforme a favore di questa minoranza. Il governo ottomano si impegnò ad attuarle ma rimasero lettera morta, anzi Abdullamid II appena salito al trono, rafforzò l’accentramento politico e i vincoli di sudditanza cui erano sottoposte le minoranze non musulmane. Gli armeni, di religione cristiana monofisita, erano tra le minoranze più attive nel contrasto al centralismo turco. L'afflusso di 3 milioni di musulmani nelle regioni da loro abitate (in seguito al conflitto russo e alle crisi balcaniche), peggiorò ulteriormente le condizioni di vita degli armeni che tra il 1894 e 1896 furono vittime di una prima serie di massacri e persecuzioni. Le potenze europee rimasero a guardare. Ma fu nel corso della prima guerra mondiale che il governo ottomano mise in atto un vero sterminio pianificato della popolazione armena, nel 1915 approfittando del fatto che la regione da loro abitata fosse teatro delle operazioni belliche, avviò la deportazione in massa ad Aleppo. Nei campi di concentramento furono prima lasciati morire di fame e malattia, poi nel 1916 sterminati. Fu il primo genocidio dell'era moderna, con un numero di vittime incalcolabile, tra le 300mila e le 600mila o addirittura un milione e mezzo. I giovani turchi ritenevano che questo “nemico interno" potesse ostacolare il progetto di turchificazione dell'impero. I responsabili del genocidio non furono processati perché i paesi europei erano in contrasto tra loro: Francia e Italia favorevoli ai gruppi nazionalisti emergenti, BG voleva difendere il sultano. Gli armeni rimasti riuscirono a costituirsi come stato nazionale autonomo nel 1918 ma furono occupati dai bolscevichi nel 1920 e la Armenia divenne una repubblica sovietica. Drasticamente ridimensionato nei suoi territori, il governo del sultano era sempre più debole e delegittimato e capitolò ai nazionalisti (guidati da Mustafà Kemal) che intendevano reagire alle dure condizioni imposte dei vincitori e mettere fine al sistema inefficiente del sultanato. Dopo aver disconosciuto il trattato Sevres i nazionalisti attaccarono i greci in Anatolia, li sconfissero e nel 1922 imposero la revisione dei trattati ottenendo anche la Tracia orientale e impegnandosi a garantire il passaggio alle navi internazionali. Nel 1923 la Turchia abolì il sultanato e proclamò la repubblica eleggendo Kemal col titolo di Ataturk. La costitizione fu formalmente varata ma in realtà si trattò di un sistema semidittatoriale. Il nuovo stato assunse un carattere fortemente nazionalista e sottopose la popolazione ad una intensa opera di laicizzazione e occidentalizzazione (divieto di velo e nel 1934 voto alle donne, alfabeto latino, sistema decimale..) 6.2 la Germania da Weimar a Hitler Wilson pretendeva dalla Germania un impegno formale di democratizzazione prima di arrivare all’armistizio, intanto molti tedeschi insorgevano chiedendo dei consigli di operai e soldati sul modello bolscevico, cosi Guglielmo II abdicò e lasciò la Germania. Fu immediatamente proclamata la Repubblica e Ebert fu designato Cancelliere di un governo provvisorio, fu lui a firmare l’armistizio (11 novembre 1018), ma la difficoltà anche maggiore era rappresentata dalla minaccia rivoluzionaria fomentata dal gruppo spartachista di Luxembourg e Liebknecht. Per aver ragione sugli insorti Ebert si avvalse non solo dell'esercito ma anche dei Freikorps (truppe volontarie di ispirazione nazionalista). Ebert, per garantire un minimo di stabilità al suo governo, fece accordi con: 1. l'esercito, che si impegnava ad essere fedele alla repubblica in cambio della garanzia di salvaguardia della propria autonomia. 2. Sindacati, che avrebbero contenuto la conflittualità operaia a fronte di garanzie su salari e occupazione. 3. Conservatori, che avrebbero sostenuto il governo solo se avesse garantito le autonomie federali. Queste contrattazioni anticiparono la convocazione della assemblea costituente e ne fissarono i limiti. Per la costituente del 1919 i partiti si riorganizzarono: DNVP riuniva la destra conservatrice DVP partito popolare tedesco dove erano i vecchi nazional liberali DDP partito democratico tedesco, vecchi liberali progressisti (e Max Weber) Zentrum più partito popolare bavarese BVP SPD diventa Socialdemocrazia maggioritaria, dopo che erano usciti quelli del USPD gruppo socialdemocratico indipendente KPD partito comunista tedesco, cioè la lega diSpartaco NSDAP Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi di Hitler L'assemblea che fu eletta rappresentava una schiacciante maggioranza di centro, svolse i suoi lavori a Weimar e partorì un testo innovativo che vedeva realizzati principi di pluralismo politico . Era però anche ambiguo, mantenendo alcuni legami col passato, non solo nella forma federale ma anche nell’uso dei termini per definire le due assemblee del parlamento (Reichstag e Reichstrat). Al vertice c’era un presidente della repubblica eletto a suffragio universale, che sceglieva il governo il quale doveva ottenere fiducia dal Reichstag. Per garantire equilibrio tra i poteri il governo doveva sì avere la fiducia dal reichstag ma il reichstag poteva essere sciolto dal presidente… inoltre l’art.48 assicurava poteri eccezionali al presidente, ratificati dal reichstag. Questo articolo rappresentò una endemica fragilità nella costituzione di Weimar, perché la debolezza del parlamento poteva portare al cd surrogato del Kaiser. A mettere a rischio la stabilità erano le condizioni economiche del diktat dei vincitori e la perdurante agitazione sociale. Una nuova ondata di violenze erano alimentate dai gruppi della estrema destra che voleva colpire la classe che aveva gestito la transizione in repubblica. Nel complesso dal 1919 al 1922 furono assassinati 400 uomini politici! I governi cercarono di rispettare i pagamenti stampando moneta e misero in moto una colossale inflazione. Belgi e francesi occuparono il bacino della Ruhr… a questo punto la situazione economica era così drammatica che le forze politiche si compattarono costituendo un governo di grande coalizione retto da Stresemann, della destra conservatrice nazional liberale. Stresemann fece sciogliere i governi socialcomunisti di Sassonia e Turingia e sventò il Putsch organizzato dalla NSDAP di Hitler (che andò 5 anni in prigione dove scrisse meine kampf), altrettanto fermamente si dedicò al risanamento finanziario avviando una politica deflazionistica e fece accordi con gli USA. Il piano Dawes abbassava le rate annuali delle riparazioni e accordava un prestito alla Germania. Nel 1925 muore Ebert e viene eletto presidente il candidato delle destre, maresciallo Hindenburg Nella seconda metà degli anni 20 ci fu una relativa stabilità, ma gli effetti della crisi del 29 colpirono la Germania più di ogni altro paese europeo a causa della dipendenza economica dagli USA Anche il piano Young varato nel 1929 per rateizzare ulteriormente le riparazioni venne fortemente avversato dalla NSDAP impegnata in una campagna propagandistica che attribuiva a socialisti, cattolici, ebrei la sconfitta della guerra e aizzava la popolazione a liberarsi delle clausole punitive della pace di Versailles. Di fronte ad una ulteriore polarizzazione nel 1930, nel tentativo di arginare la NSDAP la SPD non negò la fiducia ad un governo che si spostava sempre più a destra. Lideologia della NSDAP era costruita sull'idea che la nazione tedesca avrebbe potuto tornare ai fasti del passato solo eliminando i nemici interni ebrei e comunisti che rovinavano le potenzialità della razza ariana. L'opinione pubblica tedesca era impaurita da quello che succedeva in Russia e Hitler, che aveva Mussolini come modello, grazie ad una organizzazione paramilitare e alla abile propaganda, riuscì a far presa sull’opinione pubblica. La repubblica di Weimar assumeva sempre più i connotati di un sistema presidenziale, il sistema parlamentare crolla lasciando sempre più spazio al famoso articolo 48 e quando alle elezioni del 32 Hitler ottiene la maggioranza relativa col 37% viene nominato da Hindenburg cancelliere a gennaio del 1933. 6.3 L'Italia: dal “biennio rosso" all'avvento del fascismo Come negli altri paesi europei anche in Italia le condizioni post belliche erano drammatiche, disoccupazione, inflazione, malessere di ogni ceto sociale… qui assunsero però una connotazione particolarmente conflittuale perché il processo di democratizzazione delle strutture politiche era proceduto più lentamente. Tra il 1919 e 1920 una vasta ondata di scioperi e agitazioni coinvolsero massicciamente operai e contadini (anche a sud) soprattutto nella zona padana un grande attivismo si espresse nel numero di iscritti ai sindacati e nella nascita delle leghe rosse socialiste e leghe bianche cattoliche. Oltre che per le divisioni interne dei socialisti e la ambigua condotta del partito (rivoluzionario nei proclami ma mediatore in parlamento), la mancata convergenza in un movimento unitario tra le lotte contadine e quelle operaie, mostrò i limiti della prospettiva rivoluzionaria del “biennio rosso". Ma le lotte sociali non furono le sole manifestazioni del malessere diffuso: la nuova ondata nazionalista, violenta, fiduciosa nella superiorità dell'Italia, fu alimentata dal mito della “vittoria mutilata". A settembre 1919 D'Annunzio prese militarmente la città di Fiume violando i patti internazionali. Durante l'occupazione, durata fino al 1920, la propaganda nazionalista contrappose la forza e determinazione dei legionari dannunziani alla debolezza della classe dirigente nazionale. Giolitti sbloccò la situazione con il trattato di Rapallo: Fiume diventava città libera, diventavano italiane Trieste, Gorizia, tutta l’Istria e Zara. La classe dirigente liberale era riuscita a contenere le sommosse e gestire la questione di Fiume, ma vide compromettersi il proprio tradizionale controllo sul parlamento per la crescita di nuovi soggetti politici. Nel 1919 don Luigi Sturzo fonda il PPI, cattolico riformista. Benito Mussolini fonda i Fasci di combattimento che raccolsero sostegno da nazionalisti, futuristi, ex rivoluzionari e reduci di guerra. Le elezioni politiche del 1919 si tennero col nuovo sistema proporzionale, secondo la legge mediata da Nitti (i liberali volevano il maggioritario), i fasci ottennero pochissimi voti, socialisti 156 seggi e PPI 100, i liberali molto meno, ma il fermo antagonismo tra PPI e PSI consentì loro di continuare a governare. Naturalmente la situazione vide il nuovo governo Giolitti in crescente instabilità. Intanto Mussolini, forte dell'appoggio della grande proprietà terriera in Emilia e Toscana, cominciò ad organizzare vere squadre paramilitari fasciste che avviarono la sistematica distruzione delle strutture e delle organizzazioni del mondo del lavoro. Incendiando e devastando case del popolo, sedi delle leghe, redazioni di giornali, i fascisti riuscirono nel giro di 10 mesi a smantellare quasi completamente la rete delle strutture socialiste e operaie. Di fronte al dilagare della violenza fascista, con la mediazione di Giolitti nel settembre 1920, un accordo tra imprenditori e sindacato mise fine all'occupazione delle fabbriche al nord, ed esplosero le profonde divisioni all'interno del partito socialista. Per aderire alla Terza internazionale il partito doveva accettare i punti indicati da Lenin, al congresso di Livorno del 1921 si produsse la scissione definitiva: nasceva il partito comunista d'Italia, fondato da Bordiga e Terracini, cui aderirono Togliatti e Gramsci. Nel congresso del PSI del 1922 altra scissione, Turati e Matteotti diedero vita al Partito socialista unitario con la maggioranza del gruppo parlamentare socialista. Per le elezioni politiche del maggio 1921 Giolitti, sperando di ristabilire l'ordine e la pace sociale, fare una diga contro le sinistre e riportare nella legalità i fascisti, crea un vasto “blocco nazionale" accettando anche candidature fasciste. Il risultato furono 35 deputati fascisti e Giolitti si dimise. Nel novembre 1921 Mussolini trasformò il movimento in partito PNF, e creò la Confederazione delle corporazioni sindacali che doveva contrastare il monopolio delle organizzazioni sindacali socialiste e cattoliche. I governi Bonomi prima e Facta poi si dimostrano incapaci di ristabilire l'ordine pubblico ed esprimere u chiaro indirizzo politico. Lo sciopero indetto dalla alleanza socialista per il lavoro fallì. In questo contesto Mussolini, dopo aver organizzato varie manifestazioni contro il governo i tutta Italia, decise di compiere un vero proprio atto di forza di tipo militare, tra il 27 e il 28 ottobre 1922 decine di migliaia di fascisti partecipano alla “marcia su Roma”. Il re Vittorio Emanuele III rifiuta di decretare lo stato d'assedio e anzi, affida a Mussolini il compito di formare un governo (la norma statutaria gli conferiva il diritto di scegliere il capo dell'esecutivo anche senza il parere del parlamento). Mussolini formò un governo di coalizione con fascisti, liberali, popolari, un nazionalista e alcune personalità come Gentile e Diaz. Chiese pieni poteri per realizzare un programma di tre punti: ripresa economica, ordine, disciplina. Istituì il Gran Consiglio del fascismo, organismo non previsto dallo statuto del partito, che gli consentiva uno stretto controllo del PNF. Anche le camice nere furono fatte confluire in una nuova forza armata, la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, direttamente dipendente da Mussolini. Le opposizioni subirono una forte repressione, la legge elettorale subì la riforma Acerbo che vedeva l'assegnazione di 2/3 dei seggi alla forza che avesse raggiunto almeno il 25% dei voti. In vista delle elezioni del 1924 esponenti liberali e ex popolari entrarono assieme ai fascisti nella “lista nazionale" che ottenne quindi la maggioranza. Il 30 maggio 24 Matteotti, che aveva denunciato che brogli e violenze avevano preceduto il voto, viene rapito da un gruppo di squadristi e assassinato. Nonostante l'indignazione dell'opinione pubblica e la cosiddetta secessione dell’aventino, non ci fu alcuna conseguenza pratica. Il 3 gennaio 1925 invece, Mussolini pronuncia alla camera il discorso con cui la dittatura ha esplicitamente inizio (se il fascismo è una associazione a delinquere, io ne sono il capo) . 6.4 il fascismo al potere Forte di una solida maggioranza alla Camera, del sostegno della monarchia e senza più avversari politici, il fascismo avviò a partire dal 1925 la costruzione di un regime autoritario a partito unico. Le leggi fascistissime del 25 prevedevano l'eliminazione della libertà di stampa, l'allargamento delle attribuzioni del capo del governo svincolandolo dal controllo parlamentare, l'eliminazione delle cariche elettive nelle amministrazioni locali, lo scioglimento di tutti i partiti. Nel 1928 la riforma elettorale Rocco stabiliva che la selezione dei candidati a deputato fosse affidata al Gran consiglio del fascismo e poi le candidature venissero sottoposte a plebiscito. Lo stesso anno il Gran Consiglio entrò in costituzione diventando così organo dello stato. (Poi nel 1939 la camera dei deputati verrà trasformata in camera dei fasci e delle corporazioni e Mussolini assumerà la facoltà di nominarne i deputati) Anche l'organizzazione del partito (dal 25 e poi 29) subì un processo di centralizzazione e statalizzazione per cui il gran consiglio nominava i segretari federali che a loro volta nominavano i vertici locali. Ma nonostante questo il partito non riuscì a controllare completamente quei residui di movimentismo rimasti attivi nelle periferie. Anche per questo Mussolini preferì esercitare il potere attraverso le strutture dello stato, mettendo in subordine quelle del partito che infatti cessò di fare attività propriamente politica e si mise al servizio della costruzione della liturgia e cerimoniale del regime (parate ginniche e creazione del culto del duce). Dopo l'istituzione delle corporazioni nel tentativo di evitare scontri tra interessi economici diversi, nel 26 crea il ministero delle corporazioni, impalcatura burocratica funzionale al controllo totale dello stato sulla economia. Dal punto di vista economico, nei primissimi anni Mussolini aveva puntato sul pareggio di bilancio mediante forte pressione fiscale, riduzione di salari e spesa pubblica e ampie concessioni alle imprese. A partire dal 25 inaugurò una strategia fondata sul protezionismo, stabilizzazione monetaria e un più accentuato intervento statale in economia. Venne reintrodotto il dazio sulle importazioni di grano e zucchero e lanciata la cd battaglia del grano. La scelta cerealicolo protezionista accentuò gli squilibri economici nord sud penalizzando le colture orticole del mezzogiorno destinate all'esportazione. Anche la rivalutazione della lira, pensata per rassicurare i ceti medi risparmiatori, causò un forte contrazione delle esportazioni e già nel 1927 la produzione economica entrò in recessione. La crisi del 29 non ebbe gravi effetti sul regime che approfittò della congiuntura sfavorevole per rilanciare interventi dirigistici dello stato e potenziare i lavori pubblici con la costruzione di strade, ferrovie, cantieri di edilizia pubblica, per far fronte alla disoccupazione e rilanciare la produzione. Si avviò anche una forte imprenditoria di stato attraverso la creazione del Istituto Ricostruzione Industriale, l’IRI diventando azionista di banche in crisi e rilevandone le partecipazioni industriali, finì per ottenere il controllo di alcune delle grandi imprese italiane come Ansaldo e acciaierie di Terni. Questa nuova politica portò ad un considerevole aumento del PIL, di cui però beneficarono solo alcuni settori industriali mentre le classi lavoratrici furono penalizzate da bassi salari e sottocupazione. Mussolini dedicò particolate attenzione al radicamento del consenso e alla fascistizzazione della società. Alla scuola aveva già pensato con la riforma di G. Gentile nel 1923, la pedagogia totalitaria si manifestò poi nella fondazione della Opera nazionale Balilla nel 26 che nel 37 si fuse con i Fasci giovanili a formare la Gioventù italiana del Littorio per diffondere l'ideale dell'uomo nuovo fascista. Il più importante strumento educativo per adulti fu la Opera nazionale dopolavoro creata nel 1925 che organizzava il tempo libero degli italiani con attività ricreative e turistiche. L'uso capillare della propaganda servì a consolidate il consenso. Nel 37 dal ministero della propaganda nasce il ministero della cultura popolare. Una particolate attenzione fu rivolta alle madri, nell'ottica di una politica di potenziamento demografico. Nel 1929 Mussolini firma i patti lateranensi. L'accordo tra stato e chiesa rappresentò un grande successo propagandistico per il regime, visto che era riuscito dove tutti i governi liberali avevano fallito. Nelle prime elezioni plebiscito la lista unica fascista ottenne il 98% dei consensi. Alle soglie degli anni 30 lo stato italiano era completamente sotto controllo del regime fascista. Gli avversari erano stati uccisi o incarcerati o esiliati, sgominati dall’OVRA (polizia segreta) soprattutto si erano diretti in Francia o in Unione sovietica. A Parigi nel 1927 fondarono la Concentrazione antifascista e nel 29 Giustizia e Libertà creato da Rosselli e Lussu. In patria la resistenza intellettuale veniva espressa da Piero Gobetti e Benedetto Croce che già nel 25 aveva pubblicato il Manifesto degli intellettuali antifascisti in risposta al manifesto degli intellettuali fascisti promosso da G. Gentile. Inizialmente Mussolini cercò di presentarsi come garante dell'ordine europeo di Versailles ma nel 35, sull'onda del mito della Roma imperiale, intraprese la guerra in Etiopia e si allineò con la Germania. In linea con la politica tedesca nel 1938 furono varate le leggi razziali. La svolta antisemita ebbe effetti contrastanti, cominciando ad incrinare il consenso dell'opinione pubblica, il mondo cattolico cominciò a dividersi sul consenso a queste misure. 6.5 il nazismo e il progetto politico hitleriano Il 30 gennaio 1933 Hindenburg nominò Hitler cancelliere, durante la campagna elettorale i nazisti scatenarono una vasta ondata di violenze soprattutto contro la KPD sui quali venne fatta ricadere la colpa dell'incendio che divampò nel reichstag in febbraio. Alle elezioni la maggioranza (pur ottenuta dalla destra e dal NSDAP) non era sufficiente ad attuare riforme costituzionali così Hitler chiese e ottenne pieni poteri (acconsentirono tutti i partiti tranne SPD visto che KPD era stato espulso dal parlamento) Forte del potere conferitogli Hitler procedette alla “sincronizzazione" tra partito e stato con l'abolizione del sistema federale e la progressiva occupazione delle istituzioni da parte di membri del NSDAP, creò un regime autoritario senza abrogare formalmente il sistema costituzionale preesistente. A differenza del fascismo italiano, a Hitler furono sufficienti solo pochi mesi per portare a termine la costruzione dello stato nazista. Anche le Squadre di Assalto, reputate eccessivamente autonome, furono epurate ed eliminate nella “notte dei lunghi coltelli" da parte delle Squadre Sicurezza SS di Himmler. Alla morte di Hindenburg a fine luglio, Hitler aggiunse alla carica di cancelliere quella di capo dello stato e si autoproclamò Furer del Reich e del popolo tedesco. Il sistema di potere da lui creato trovava legittimazione su tre elementi principali: 1. Il popolo, mitica entità a base razziale idealmente al di sopra ma privo di ogni forma di rappresentanza politica. 2. Lo Stato, che attraverso la sincronizzazione esprimeva in realtà la supremazia del partito 3. Il movimento che comprendeva il partito e tutte le organizzazioni di massa per la costruzione del consenso La élite di questo sistema diventò sempre più il corpo delle SS, depotenziando il partito al ruolo di organizzatore della propaganda. Il lavoro del ministro della propaganda Goebbels procedeva su due fronti, la costruzione della liturgia del regime e la eliminazione degli oppositori e dei diversi. La Gestapo, polizia segreta e le SS permisero di mettere in atto una sistematica campagna di “igiene razziale”. Cuore della ideologia nazista infatti era il concetto qdi razza e il programmatico antisemitismo, il darwinismo sociale e la dottrina nietzchiana dell‘Oltreuomo. L'affermazione della razza ariana doveva avvenire attraverso le politiche di eugenetica e la conquista dei territori a est. Nel 1938 dalla discriminazione contro gli ebrei si passò alla persecuzione violenta esplosa nella notte dei cristalli. La ripresa economica agevolò la costruzione del consenso al regime, Hitler mise in atto una espansione della spesa pubblica per creare nuovi posti di lavoro e assicurare alla Germania un massiccio riarmo. Il potenziamento dell'industria pesante, la produzione bellica, e la costruzione di grandi opere pubbliche assorbirono la disoccupazione. Nessun intervento strutturale venne intrapreso in agricoltura, nonostante la propaganda e la decisione autarchica che infatti fu un obiettivo mancato e causò difficoltà negli approvvigionamenti dei beni di consumo. Lo stato si impegnò in una politica sociale assistenziale con premi e musica per cementare il consenso, le donne invece furono completamente emarginate dalla vita lavorativa e sacralizzate in quanto procreatrici della razza ariana. Altro elemento di solidità del consenso fu l'alleanza con due importanti centri di potere: l'esercito e la grande industria. Infine Hitler assecondò i sentimenti di rivincita dei tedeschi nei confronti del trattato di Versailles e sulla conquista dello “spazio vitale” a est. Nel 1933 la Germania uscì dalla società delle nazioni e l'anno successivo tentò di annettere l'Austria, impresa sventata dalle potenze occidentali e dallo stesso Mussolini ancora sostenitore dell'equilibrio del 1919. Nel marzo 1936 Hitler fece occupare la Renania. 6.6 lo stalinismo Lenin muore a gennaio 1924 lasciando un testamento politico che esprimeva valutazioni sui suoi possibili successori: di Stalin temeva che avesse accumulato troppo potere e che tendesse ad anteporre i propri interessi a quelli del partito… Nel testamento diceva di temere anche la eccessiva burocratizzazione e sottolineava il rischio di indebolimento della alleanza tra operai e contadini. Nel 24 fu inoltre portata a termine la Costituzione dell’URSS, istituita nel 22. Gli organi principali del nuovo stato federale erano Congresso di deputati del popolo (eletto a suffragio ristretto e indiretto, ogni soviet eleggeva quello di livello superiore) Comitato esecutivo centrale, delegato dal Congresso, era firmato da due assemblee: Il soviet dell unione (eletti dal congresso in proporzione alla popolazione delle varie repubbliche) Il soviet delle nazionalità ( nominati dai rappresentanti delle repubbliche) Ma la gestione del paese spettava al Presidium e al Consiglio dei commissari del popolo. Il sistema garantiva una certa autonomia alle repubbliche, ma in realtà il controllo era garantito dal Partito comunista dell'unione di cui i partiti nazionali erano sezioni. La morte di Lenin scatenò una aspra lotta per la successione che riguardò soprattutto le linee di sviluppo che il paese avrebbe dovuto adottare. La sinistra del partito, con Trockij , premeva per stimolare al massimo la produzione industriale attraverso imposizioni fiscali sul settore agrario. La destra che faceva riferimento a Bucharin, temeva che in questo modo si sarebbe potuta rompere la alleanza contadini operai e proponeva invece di sostenere l'agricoltura. altri leader come Stalin, Kamanev e Zinov'ev non presero posizione sul progetto di sviluppo economico perché più attenti al conseguimento del potere personale. Alla fine in questa fase tutti scelsero la soluzione di “destra". In realtà la linea di Trockij fu osteggiata più perché egli era ritenuto pericoloso in quanto stava denunciando l'eccessivo centralismo del partito che riteneva avesse perso i contatti con la base. (E infatti gli tolsero il comando dell’armata rossa, che guidava dal 1919). Nel 1925 Stalin lanciò il “Socialismo in un solo Paese", accantonando la prospettiva di una rivoluzione mondiale e la priorità dello sviluppo comunista dell’URSS. In quel periodo la politica della NEP era in espansione ma i contadini tendevano a trattenere il grano per far aumentare i prezzi e questo portava nuovi argomenti a chi voleva accelerare lo sviluppo industriale. Nel 26 Kamenv e Zionv'ev si unirono a Trockij e il gruppo operaista dando vita a una “opposizione unificata” che condannava la linea di Bucharin e Stalin accusandola di riportare l’URSS verso il capitalismo. La loro sconfitta politica fini con l'esilio di Trockij che poi avrebbe detto di aver fallito per “il trionfo della a burocrazia stalinista sulle masse". Effettivamente Stalin si era impegnato a dare una nuova dimensione di massa al partito, assumendone l'intero controllo e accentuandone l'accentramento. Eliminata l'opposizione, Stalin risolse il problema del grano ricorrendo alle requisizioni forzate, bollando le idee di Bucharin come deviazione di destra, rimanendo solo al vertice del partito. Il primo piano quinquennale inizia nel 1928, Stalin sceglie la via più ardita per fare il “balzo in avanti" e accordare priorità assoluta allo sviluppo industriale (pesante), spostando massicciamente la forza lavoro in nuove aree create dal nulla, accompagnato dalla collettivizzazione forzata delle campagne. Dal 1930 i kulaki considerati nemici di classe, vennero deportati o uccisi, e si organizzarono le fattorie collettive Kolchoz. Gli arresti di massa furono funzionali anche alla organizzazione dei campi di lavoro, i Gulag venivano sfruttati per la produzione di legname, estrazione di metalli e combustibili in regioni estreme, infatti in alcuni casi la mortalità per freddo e fame raggiunse il 30%. Nel corso degli anni 30 il regime del terrore, accompagnato dal culto della personalità di Stalin, colpì anche il partito, con processi farsa furono giustiziati gli oppositori accusati di “deviazionismo". Nella seconda metà degli anni 30 si affermò una vera e propria religione politica incentrata sul culto del dittatore, il recupero degli ideali patriottici e la demonizzazione di nemici del popolo. Il balzo in avanti produsse incrementi soprattutto nel settore del carbone e dell'acciaio che aumentarono del 200% a fronte però di costi umani enormi (8 milioni di morti). Vaste aree del paese tra cui l'Ucraina, furono colpite da una gravissima carestia nel 1932 33 , frutto anche degli sconvolgimenti causati dalle collettivizzazioni e dalle requisizioni di cereali . La censura sull'informazione fece sì che la ripresa economica venisse accompagnata dell'entusiasmo popolare, la propaganda giustificava le repressioni con la necessità di colpire chiunque ostacolasse la costruzione della “grande patria sovietica". 6.7 gli Stati Uniti dalla Grande guerra al New Deal I primi 20 anni del 900 furono per gli USA un'epoca di grandi riforme indirizzate su tre linee principali, estensione delle funzioni del governo federale ( e dell'autorità del presidente) Lotta per limitare l'influenza dei potentati economici (contrasto alle grandi corporations) Rafforzamento e democratizzazione del sistema politico (referendum, tutela sociale di donne e minori, uffici collocamento e forme si assicurazione obbligatoria) L'inizio di questa fase riformatrice si deve a Theodore Roosvel, del partito repubblicano, eletto nel 1901. In politica estera rafforzò le pressioni sul centro e sud America trasformando Panama in protettorato americano. Alle elezioni del 1912 vinse il democratico Wilson che portò avanti l'impegno progressista varando norme sul lavoro minorile e rafforzando divieti per le pratiche anticoncorrenziali. Vinse anche nel 1916 e decise la partecipazione americana al conflitto facendo leva sul idealismo progressista. Nel 19 – 20 a causa di una breve ma intensa recessione, gli USA furono attraversati da un ondata di scioperi e rivendicazioni operaie che scatenarono la “paura rossa" nella classe media e tra gli imprenditori. Il Piccolo partito comunista neonato, diventò il bersaglio delle forze dell'ordine e attivisti, sindacalisti, immigrati, furono arrestati ed espulsi dal paese. Nel 1920 entrò in vigore il proibizionismo, che assieme al voto alle donne, venne presentato dal governo come un passo nella “guerra per la democrazia". Superata la depressione dell’immediato dopoguerra, gli USA entrarono in una fase di prosperità mai conosciuta prima. I “ruggenti anni venti" portarono gli USA al centro del capitalismo mondiale grazie alla razionalizzazione del lavoro industriale, all'utilizzo di nuove fonti di energia (petrolio) e al nuovo fenomeno del consumismo di massa (Il boom economico fu l'esplosione dei consumi individuali). Tra il 22 e il 28 il PIL aumentò del 40 % e il settore dei servizi ebbe enorme espansione. In questo clima euforico si diffuse una nuova cultura del tempo libero e dell'intrattenimento di massa. Il grande sviluppo di alcuni settori come l'industria automobilistica, favorì fenomeni di concentrazione oligopolistica e l'accesso di società finanziarie e banche ai consigli d'amministrazione delle principali corporation nazionali, accanto ai trust comparvero le holding. Il governo a differenza del passato, consentì le fusioni aziendali anche quando sfidavano le norme antitrust e incoraggiò gli investimenti in borsa. La felice congiuntura economica produsse anche una ondata speculativa. In politica gli anni 20 sono dominati dal partito repubblicano con una strategia liberista (riduzione i poste dirette, bassa spesa pubblica, rinuncia alle misure antimonopolistiche e favore per le accumulazione di capitali) all'interno e disimpegno diplomatico estero. Il partito repubblicano riuscì cosi ad assicurarsi un forte consenso pressoi gruppi di interesse finanziario e nell'America bianca, anglosassone, protestante. Ripresero fenomeni xenofobi e razzisti, (alimentati dal fatto che il protezionismo portava in alcune comunità immigrate, al dilagare del contrabbando di alcool) fino a rifondare il KKK. Il governo impose la chiusura delle frontiere con il Quota act del 1924. Nel 1933 venne abrogata la norma sul proibizionismo nel tentativo di arginare il contrabbando. A partire dal 1928 il mercato finanziario cominciò a seguire logiche autonome rispetto alla economia effettiva, con crescita vertiginosa di scambi in borsa maggiore di quella della produzione, facendo gonfiare artificiosamente i titoli. L'anno successivo il timore per gli effetti di questa distorsione portò molti investitori a vendere i propri titoli, il che ne fece scendere improvvisamente il valore, il 24 ottobre 1929 la borsa di New York crollò vertiginosamente innescando un effetto a catena devastante: milioni di risparmiatori ritirarono i loro investimenti, le banche crollarono propagando la crisi alla industria. La produzione scese, i disoccupati arrivarono al 25% , ma il governo non predispose alcun intervento. Gli effetti del crollo di wall street furono quindi disastrosi sia perché mancarono interventi decisivi da parte del governo, sia perché la recessione giunse al culmine di un ciclo espansivo senza precedenti. Proteste, disordini, marce della fame, turbarono l'opinione pubblica creando le condizioni per il successo di F.D. Roosvelt che fu eletto nel 1932. Il governo federale, e il presidente personalmente, si sarebbero assunti la responsabilità di garantire il benessere a tutta la nazione. Roosvelt (ascoltato alla radio con le chiacchierate al caminetto) con il New deal, riordinò le operazioni bancarie e borsistiche per aumentarne trasparenza e affidabilità, fornì prestiti agevolati alle famiglie, fece approvare una legge speciale per la agricoltura, istituì la Tennessee Valley Authority e grazie al successo di questa aumentò la quota di bilancio per le opere pubbliche. Anche se nell'immediato il new deal non diede i risultati sperati, aprì la strada ad una serie di altre misure che fecero emergere l'idea roosveltiana di un “capitalismo democratico" come alternativa vincente sia rispetto alle dittature fasciste che al collettivismo sovietico. Nel cd secondo new deal il governo varò un piano sistematico di lavori pubblici, fu definitivamente riconosciuto il diritto dei sindacati ad organizzarsi e a contrattare collettivamente con i datori di lavoro e venne istituito un sistema federale per gli assegni di disoccupazione e vecchiaia. Nonostante le proteste degli imprenditori, Roosvelt fu nuovamente rieletto nel 1936 nelle elezioni che furono quelle della maggior polarizzazione di classe nella storia americana. Riprendendo alcuni caratteri del riformismo progressista di inizio novecento, arricchito dal riformismo sociale europeo il new liberalism diede un tocco socialdemocratico alla politica americana, facendo del partito democratico anche una sorta di “partito del lavoro". 6.8 la grande crisi del 1929 in Europa A differenza degli USA, usciti dalla guerra come potenza creditrice, i paesi eu conobbero una ripresa lenta e difficile, condizionata da un'ondata di conflittualità sociale e da una forte inflazione. Solo alla fine degli anni 20 la produzione e il reddito eu superarono quelli dell’ante guerra. L'inflazione toccò l'apice in Germania, che non riusciva a pagare i debiti di guerra alle nazioni vincitrici che a loro volta non riuscivano a saldare i debiti con gli USA. Questo circolo vizioso fu attenuato dal piano Dawes ma questo finì per legare ancor più l’economia americana a quella eu. La GB nel 1925 per rafforzare il tradizionale primato della propria moneta istituì il gold exchange standard, un sistema che stabiliva di affiancare la sterlina all'oro come mezzo di pagamento internazionale. Questo finì per limitare gli spazi di intervento delle autorità monetarie nazionali. Quando nel 1928 la F decise di convertire in oro tutte le sue riserve di valuta estera, ne risultarono indebolite sia la sterlina che il gold exchange standard. A causa della centralità americana nell'economia mondiale la crisi del 29 ebbe un effetto domino su tutti i paesi industrializzati. Rimase indenne solo la URSS che rimaneva ai margini. Il paese più colpito fu la Germania, ma anche l'Austria e i paesi dell'Europa centro orientale, Brasile, Argentina. Anche la GB fu costretta a svalutare la sterlina e perdere il ruolo di banchiere del mondo, uscendo dal gold exchange standard. L'innalzamento delle barriere doganali fu adottato dalla maggior parte dei governi per fronteggiare l'emergenza e questo danneggiò soprattutto gli USA che nel 32, 33 cominciavano a riprendersi. 6.9 Francia e Gran Bretagna: un ventennio dominato dai conservatori L'immediato dopoguerra rappresentò un momento di crisi per i sistemi politici europei, tra difficoltà economiche e la minaccia di una grande rivoluzione proletaria, ma F e GB riuscirono a salvaguardare le istituzioni democratiche e una certa stabilità interna. Questo all'insegna di un progetto politico tendenzialmente conservatore. In F la coalizione di centro destra vinse le elezioni del 1919, mise in atto una rigorosa politica deflativa e usò il pugno di ferro nei confronti delle manifestazioni e scioperi. La sinistra era divisa dalle proposte della terza internazionale infatti nel 20 nasce il Parti Commuiste Francais, sezione dell’internazionale. Per le elezioni del 1924 si organizzò un cartello radical socialista che ottenne il governo ma non riuscì a far fronte alla crisi finanziaria in corso, nel 1925 cadde per aver presentato una proposta di tassazione dei capitali. Fu chiamato al governo Poincaré, già presidente della repubblica e capo del governo nei primi anni 20, a capo di un governo di unità nazionale. Grazie alla solidità della maggioranza e a una politica di rigore riuscì a stabilizzare leconomia nel 28, finalmente la produzione industriale e le esportazioni cominciavano a crescere. In politica estera ci fu una fase di dialogo con la Germania. La crisi della borsa americana del 29 ebbe però ripercussioni drammatiche, lo Stato andò in passivo e i governi che si succedettero cercarono di fronteggiare la crisi con misure protezionistiche e il contenimento della spesa pubblica. Nel 1930 si introdusse l'assicurazione nazionale contro malattie e infortuni, ma questo non bastò a contenere il diffuso malessere. Alle elezioni del 32 le forze moderate furono sconfitte, ma il perdurare dei dissensi tra i radicali e i socialisti impedì di formare maggioranze stabili. Si vennero formando numerose leghe e gruppi paramilitari ispirati al fascismo o al nazismo che si mobilitavano contro le istituzioni parlamentari. Nel 1934 il gruppo meglio organizzato, la Croix de Feux, a capo di una variegata coalizione, prese lo spunto dalla indignazione per la scoperta di uno scandalo politico finanziario per tentare di assalire il parlamento. L'intervento delle forze dell'ordine impedì l'assalto. Questo diede la misura della gravità della situazione e il PCF cominciò a rivedere la sua posizione aprendo la strada anche ad un ripensamento all'interno dell’Internazionale. In GB la progressive alliance che dal 1906 aveva tenuto insieme liberali e laburisti, cede il passo alla nuova coalizione di liberali e conservatori, le elezioni del 1918 si svolgono con la nuova legge elettorale e con suffragio allargato anche alle donne. Cambia anche la situazione iralandese, l'home rule era stato approvato nel 14 ma non applicato a causa della guerra e ora il partito del Sinn Fein non era più alleato con i liberali ed era molto scresciuto. Il governo conservatore nonostante la solida maggioranza, non ebbe vita facile, visto l'ondata di scioperi e la violenza terroristica irlandese scoppiata tra il 19 e il 20. Una breve parentesi nel 1923 con un primo governo laburista fatto cadere in fretta dallo scandalo della red letter, fece crescere il consenso per i conservatori, che con il governo di Baldwin e Churchill attuò una politica di austerità e contenimento dei salari che causò duri scontri con i sindacati. Il settore minerario molto penalizzato dalla contrazione dei mercati esteri e dalla novità del petrolio, conduceva la protesta che culminò con uno sciopero generale nel 1926. L'estrema fermezza del governo fece cedere i manifestanti ma alle elezioni del 1929 vinsero i laburisti. Il governo laburista si trovò a fronteggiare immediatamente la crisi mondiale. Così mac Donald decise di accettare l'invito del sovrano a formare un governo di ampia coalizione per affrontare l'emergenza e per questo viene espulso dal partito. Seguì un governo guidato dal co servatore Baldwin e poi con Chamberlain i conservatori rimasero stabilmente al potere per tutta la seco da metà degli anni 30 guidando la ripresa produttiva. In GB la sfida fascista non destabilzzò il sistema, e la British Union of Fascistis non ebbe alcun ruolo significativo. 6.10 la risposta dei Fronti Popolari alle minacce del nazifascismo: il caso della Francia Nel corso degli anni 20 la strategia politica della terza internazionale, controllata da partito comunista sovietico, rimase quella del “fronte unico" delineata nel 1919 per cui veniva impedita qualsiasi alleanza con partiti anche socialdemocratici ritenendo valida solo la contrapposizione frontale ai sistemi “borghesi". Questa radicalizzazione finì per danneggiare i Partiti comunisti che si trovarono isolati. in Germaniala mancata coesione delle sinistre aprì la strada alla presidenza Lindenburg e contribuì quindi alla affermazione del nazionalsocialismo. A criticare la linea del fronte unico fu Gramsci, osservando la crisi politica del dopo assassinio Matteotti, sostenne la necessità che i comunisti si inserissero nella lotta a fianco degli antifascisti. La dittatura del proletariato restava l'obiettivo ma il modo per raggiungerlo era discutibile. La posizione della Terza Internazionale cominciò a cambiare dopo l'avvento di Hitler. Negli anni 20 si erano instaurate dittature di stampo autoritario con tratti fascistoidi in Ungheria, Bulgaria, Polonia, Jugoslavia, Spagna, Portogallo. Questi regimi erano stati interpretati dalla internazionale come espressioni della oppressione borghese, e solo l'ascesa del nazismo mise in evidenza la fragilità dell'equilibrio europeo e la debolezza dei partiti socialisti che perché divisi non avevano avuto nessuna chance di opposizione al nazismo. Il cambiamento di politica dell’Internazionale fu possibile solo dopo che fu cambiata la politica delle alleanze dell’URSS che nel 1934 entrò nella Società delle Nazioni e iniziò negoziati con la Francia che sfociarono nel patto del maggio 1935. Il nuovo atteggiamento di Stalin verso le democrazie europee e la radicalizzazione dello scontro tra fascismo e antifascismo favorirono il passaggio della strategia dal “fronte unico" a quella del “fronte popolare" dove l'obiettivo di impedire l'ascesa della estrema destra al potere, era condiviso da una pluralità di forze comprese quelle comuniste. Questa nuova politica ottenne risultati concreti solo in Spagna e in Francia dove un cartello elettorale formato da PCF, SFIO, radicali e gruppi minori, si formò per le elezioni del 1936 e vinse. l'esecutivo varò una serie di provvedimenti importanti, piano di lavori pubblici, obbligo scolastico fino a 14 anni, accordi col mondo imprenditoriale per contatti collettivi, libertà sindacale, aumento salari, leggi su ferie pagate e la settimana lavorativa di 40 ore. Gli scioperi e le richieste operaie e le difficoltà economiche, suscitarono il timore delle classi medie e il governo cadde. 6.11 La Spagna alla seconda repubblica alla guerra civile La guerra civile che travolse la Spagna tra il 1936 e il 1939 venne interpretata da molti contemporanei come il primo grande scontro tra fascismo e antifascismo, prova generale della II guerra mondiale. In realtà le cause erano interne ma l’ambigua interferenza degli stati eu la resero una questione internazionale. Nel 1923 con un colpo di stato approvato dal sovrano, Miguel Primo de Rivera instaurò una dittatura militare per garantire l'ordine dopo il cd triennio bolscevico. Nonostante alcuni successi in campo economico la dittatura non riuscì a placare il malcontento ed anzi fomentò le aspirazioni democratiche spagnole. Nel 1930 Rivera rassegnò le dimissioni e dopo il tracollo elettorale dei partiti monarchici il re Alfonso XIII abdicò. I partiti tradizionali della sinistra, repubblicani, radicali, socialisti, comunisti e anarchici, proclamarono la Repubblica e convocarono una assemblea costituente i cui lavori si conclusero nel dicembre 1931. La costituzione repubblicana istituiva il suffragio universale, la separazione tra stato e chiesa e la libertà religiosa. La limitazione dei privilegi della chiesa (con lo scioglimento dei gesuiti e la istituzione di scuole pubbliche e la cancellazione della congrua) finì per spostare verso sentimenti antirepubblicani e conservatori ampi settori del basso clero. La riforma dell'esercito mirava a colpirne la tradizionale autonomia per riportarlo sotto il controllo del potere politico, ma riuscì solo in parte perché lo zoccolo duro degli ufficiali di stanza in Marocco, i cd Africanistas, riuscirono a conservare le proprie posizioni di forza e iniziarono a covare risentimento verso la Repubblica. I grandi proprietari terrieri furono danneggiati dalla riforma agraria anche se questa si rivelò inconcludente. Il quadro politico si trasformò, da una parte la sinistra si divise e per ragioni opposte i radicali e gli anarchici abbandonarono l'appoggio al governo, dall'altra i diversi gruppi della destra di unirono nella Confederazione Espagnola Destre Autonome e il figlio di Rivera, Josè Antonio, fondò la Falange. (Movimento ultranazionalista che ottenne fin da subito finanziamenti da Mussolini) Alle elezioni del 33 vinse la CEDA e esercitò il cd bienio negro, cui seguirono tentativi di insurrezione e repressione violenta. Lo scioglimento anticipato del parlamento e le elezioni del 1936 videro la alleanza elettorale del Fronte Popolare che vinse. Allora le destre organizzarono un colpo di mano militare guidato da Francisco Franco che nel luglio 1936 partì dalle guarnigioni in Marocco. Allo scoppio della guerra civile spagnola i governi delle altre nazioni scelsero ufficialmente di non intervenire ma in realtà Italia e Germania appoggiarono militarmente Franco e l’URSS inviò massicci aiuti alle forze repubblicane (al partito comunista), volontari antifascisti da tutta Europa diedero vita alle brigate internazionali. Il 26 aprile 1937 giorno di mercato, le unità aeree tedesche rasero al suolo la città basca di Guernica. Le forze repubblicane rivolsero la violenza verso il clero e i comunisti organizzarono purghe interne contro gli anarchici. La guerra civile fu estremamente violenta e brutale, si concluse con la vittoria dei nazionalisti di Franco all'inizio del 1939. Capitolo 7 Politiche estere a confronto negli anni tra le due guerre. 7.1 la questione irlandese: un problema irrisolto Nel 1905 veniva fondato il partito indipendentista repubblicano Sinn féin. La questione del home rule irlandese tornò alla ribalta all'inizio del 900, dopo l'approvazione del parliament act del 1911 il disegno di legge sulla autonomia irlandese potè finalmente venir approvato tra il 1912 e il 1914. Il lungo iter che prevedeva l'istituzione di un parlamento autonomo a Dublino e la riduzione della rappresentanza irlandese in quello di Westminster, fu sospeso e rimandato alla fine della guerra. Temporaneamente accantonato, il problema irlandese balzò in primo piano quando la pasqua del 1919 il sinn fein si impadronì della posta centrale di Dublino, la rivolta venne repressa in un bagno di sangue. La radicalizzazione del problema portò alle elezioni del 1918 il sinn fein ad ottenere la stragrande maggioranza. I deputati eletti rifiutarono di recarsi a Westminster e costituirono un parlamento autonomo a Dublino, facendo appello alla conferenza di pace di Parigi affinché fosse riconosciuto il principio wilsoniano di autodeterminazione, Proclamarono unilateralmente la indipendenza della Irlanda. A causa del mancato riconoscimento della indipendenza le tensioni si aggravarono coinvolgendo il braccio armato del sinn fein, l' Irish Republican Army. Nel 1920 Lloyd George fu costretto a concedere l'istituzione di due parlamenti separati per il nord e sud dell'Irlanda. Il compromesso non soddisfece gli indipendentisti e nel 1921 Londra siglò un trattato che proclamava lo stato libero d'Irlanda ( ma come domination nel Commonwealth) e lasciava al Regno Unito l’Ulster. Questa soluzione non veniva accettata dall IRA e una guerra civile lacerò il paese nel 1922 Nel 1937 venne proclamata la costituzione repubblicana che istituì l’Eire. Solo nel 1949 dopo essersi mantenuta neutrale nella seconda guerra, l’Eire divenne ufficialmente indipendente. 7.2 il fallimento del “sistema Versailles" In assenza di una leadership forte all'interno della Società delle Nazioni F e GB , principali beneficiarie degli accordi di pace, ne assunsero il controllo. La GB siglò accordi di limitazione degli armamenti navali con USA e Giappone. La F cercò di costruire una rete di alleanze europee per ottenere garanzie di sicurezza: siglò patti difensivi con Belgio e Polonia nel 20, 21 e strinse rapporti con la cd “piccola intesa" ovvero Romania, Cecoslovacchia e regno Jugoslavo cercando di sostituire la vecchia alleanza franco russa e accerchiare la Germania. Il governo bolscevico si rifiutò di pagare i debiti di guerra contratti in epoca zarista. La Germania con il trattato di Rapallo aveva ripreso i rapporti diplomatici con l’URSS grazie alla reciproca rinuncia dei pagamenti dei danni di guerra. La Francia invece, a fronte dei mancati pagamenti tedeschi, aveva invaso, assieme al Belgio, la regione tedesca della Ruhr nel 1923, ne seguì una crisi che sarebbe maturata attraverso negoziati fino al Patto di Locarno nel 25 a sua volta inserito in una più generale normalizzazione degli assetti europei. La Germania fu ammessa nel 26 alla Società delle Nazioni. L’URSS disponeva, grazie al Comintern, di uno strumento accentrato ed efficace di influenza al di fuori dei propri confini. A compromettere la illusione wilsoniana della stabilizzazione della stabilizzazione democratico nazionale dell'Europa, furono anche le trasformazioni autoritarie che interessarono diversi paesi europei nel corso degli anni 20: Ungheria, Italia, Spagna, Romania, Bulgaria, Polonia, Lituania e Jugoslavia. Il patto Briand Kellog nasce invece dalla volontà francese di collegare indirettamente gli USA alla Società delle Nazioni, fu una generica dichiarazione di principi, come quello di escludere la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. (Rimane una pietra miliare nella costruzione di un ordine mondiale pacifico). La fragilità di questo equilibrio apparve evidente con il crollo del 29, le maggiori potenze non si limitarono a porre dazi protettivi ma cercarono di costruire sfere di influenza economiche i permeabili e competitive nei confronti degli altri paesi: Gli USA rafforzano il controllo sul sud America La Francia rafforza quello sulle colonie e con la piccola intesa La GB trasforma il Commonwealth in sistema chiuso Nel complesso la crisi del 29 e le difficoltà di ripresa evidenziarono come fosse impossibile conciliare il protezionismo con un sistema finanziario sempre più interdipendente e spinsero diversi paesi a cercare stabilità interna attraverso la proiezione esterna delle difficoltà in un quadro nuovamente semi imperiale. A questo si aggiunge il crescente antagonismo ideologico tra fascismo, comunismo, social democrazie. La debolezza della Società delle Nazioni si evidenziò nel 1931 quando il Giappone occupò la Manciuria, le deboli rimostranze non ebbero esito pratico e nel 35, 36 l'occupazione diventò definitiva in una prospettiva giapponese sempre più imperialista. Il riarmo tedesco era iniziato già prima, e nel 33 l'avvento di Hitler segnò il crollo definitivo della stabilità internazionale. Ritirò la Germania dalla Società delle Nazioni, tentò una prima annessione dell'Austria ( che non ebbe successo grazie alla opposizione di Mussolini che all'epoca si dava arie da paciere). Mussolini già nel 32 aveva iniziato a pianificare la conquista dell’Etiopia che realizzò definitivamente nel 35, 36. Nel 35 Hitler avviò un piano di massiccio riarmo e nel 36 occupò la Renania. 7.3 Addomesticare Hitler: la politica dell'appeasement La politica dell'appeasement si disponeva ad accettare le pretese di Hitler confidando che, raggiunti i suoi principali obiettivi revisionisti, si sarebbe placato. Nonostante le pressioni francesi per una resistenza più decisa, simboleggiate dalla costruzione della .inea difensiva Maginot, F e GB scelsero questa via soprattutto perché non avevano le risorse economiche per fronteggiare le numerose minacce ( revisionismo hitleriano, imperialismo giapponese, potenza sovietica, pressioni italiane in Africa). Oltre alla politica di appeasement nei confronti della Germania, GB e F cercarono di migliorare i rapporti con l'Italia e di riportare prudentemente l’URSS nel gioco della sicurezza europea. Infatti nel 1934 L’URSS fu ammesso nella Società delle Nazioni e nel 34oltre alla nuova strategia dei Fronti popolari, venne siglato un patto franco sovietico di non aggressione. Tra il 34 e il 36, in un clima di ulteriore indebolimento della Società delle Nazioni, ogni stato tendeva a seguire i prprio interessi individuali e a provvedere al potenziamento dei propri armamenti. L'aggressione italiana dell’Etiopia nel 1935, presentata alla opinione pubblica italiana come riscatto dalla sconfitta di Adua del 1896, fu una guerra totale, con bombardamenti, deportazioni di civili e uso di gas. La Società delle Nazioni condannò formalmente l'aggressione e impose sanzioni economiche all'Italia, cosa che fu utilizzata dalla propaganda fascista con la polemica delle inique sanzioni. Nel maggio 36 Mussolini offrì a Vittorio Emanuele III la corona di imperatore di Etiopia. La guerra di Etiopia ebbe un ruolo decisivo nel peggiorare il quadro delle relazioni europee: Mussolini ottenne immediata solidarietà dalla Germania e cominciò a parlare di asse Roma Berlino. Anche di fronte alla rimilitarizzazione tedesca della Renania, la reazione di F e GB fu blanda, Londra aveva paura della guerra e sopravalutava la preparazione militare tedesca. Mentre quindi si consolidava l'asse tra i paesi aggressivi e revisionisti ( asse Roma Berlino e nel 36 Patto anticominter Germania Giappone), le potenze garanti dell'ordine di Versailles continuavano con la politica dell'appeasement, perfino nei confronti dell'appoggio italo tedesco alla guerra civile spagnola. I diversi antifascismi europei, molto diversi sul piano ideologico, erano segnati da forti sospetti reciproci specie per quel che riguarda l’URSS. Nel 38 Hitler annette l'Austria, questa volta con l'avallo del duce, sempre incassando il tacito assenso della GB. Quando si tratta di annettere la regione slovacca dei Sudeti, la questione si fece più complessa perché la Francia aveva una alleanza difensiva con la Cecoslovacchia, ma anche questa volta, con una conferenza internazionale a Monaco, si decide di consentire alla Germania l'annessione. Le decisioni di Monaco spezzarono definitivamente i legami della piccola intesa francese, misero in allarme l’URSS e diedero ad Hitler la convinzione di poter ottenere dalle impaurite potenze europee, tutte le concessioni territoriali desiderate. Nel marzo 38 i fatti la Germania impose lo smembramento della restante parte di Cecoslovacchia, l'Italia si annettè l'Albania e poi siglò con Hitler il Patto d'acciaio. Hitler voleva ancora la cessione di Danzica e del suo corridoio. F e GB ripresero il riarmo e timide trattative con l’URSS (cosa difficile anche per l'esclusione di Stalin dalla conferenza di Monaco) che temeva che i governi occidentali volessero dirottare la pressione tedesca contro la Russia per logorare i due regimi totalitari e al tempo stesso ambiva ai vantaggi di uno scontro da due gruppi di potenze capitalistiche. Dal canto suo Hitler offrì a Stalin l’accordo di non aggressione tra Germania e URSS che venne firmato nell’agosto del 1939 da Ribenttopp e Molotov. Londra e Parigi si affrettarono a firmare un patto difensivo con la Polonia e, quando La Wehrmacht attraversò il confine polacco il 1 settembre 1939, dichiararono guerra alla Germania. Capitolo 8 La seconda guerra mondiale 8.1 l'invasione della Polonia e l'inizio della seconda guerra mondiale Settembre 1939, Polonia invasa dalla Wehrmacht e ad est dalle truppe sovietiche. L’URSS occupa anche Estonia Lettonia, Lituania e Finlandia (questa a marzo 1940). La G attacca la Danimarca e la Norvegia. Sul fronte occidentale “guerra farsa” per i primi tempi poi il 10 maggio 1940 la G invade Belgio e Olanda neutrali, aggira la linea Maginot e il 14 giugno cade Parigi. Il maresciallo Petain firma l’armistizio e insedia il governo collaborazionista a Vichy. Hitler cerca un accordo con la GB ma stavolta trova Churchill, fiero oppositore della politica dell appeasement, l'operazione “leone marino” inizia con massicci bombardamenti ma la resistenza inglese segna u a prima battuta d'arresto nella avanzata tedesca. Da giugno del 40 gli USA inizia o a inviare armi e munizioni, nel 41 varano la legge “affitti e prestiti" e si considerano arsenale delle democrazie. Hitler però organizza una blocco navale nel Atlantico. Il 10 giugno 40 entra in guerra l'Italia ma oltre ad un attacco contro la F conduce una guerra parallele nei Balcani e in Africa. Occupa la Somalia britannica in agosto e a settembre penetra in Egitto. Il 28 ottobre attacca la Grecia. Ma nessuna di queste battaglie porta alla vittoria se no con l'aiuto dei tedeschi. Intento la G controlla tutta l'area balcanica, manca la Jugoslavia che le truppe italotedesche invadono nel aprile 41. Sempre in quei mesi anche in Africa arriva Rommel per arrestare l’offensiva inglese e riportare la Cirenaica sotto controllo dell'asse. Ad aprile 41 gli inglesi restaurano però la monarchia del negus in Etiopia. 8.2 la svolta 1941: la guerra ideologica Nel giugno 41 Hitler avvia l'operazione Barbarossa invadendo l’URSS e sperando che il comune antibolscevismo lo avrebbe aiutato in un compromesso con la GB e scoraggiato l'intervento USA. Avanza fin quasi a Mosca ma si blocca co l'assedio di Stalingrado. Intanto Il Giappone, che aveva già occupato l’Indocina francese a luglio, il 7 dicembre attacca le Hawaii a Pearl Harbour e così Roosvelt, che aveva sottoscritto la Carta Atlantica con Churchill in agosto, entra in guerra. La strana alleanza antifascista saldava così le liberal democrazie occidentali e la unione sovietica. Nonostante la radicale diversità dei sistemi politici, erano accomunate dalla opposizione alla reazione antimoderna insita nei regimi di estrema destra e dalla elaborazione di piani geopolitici non finalizzati solo alla conquista di territori come per i nazifascisti. L’ideologia divenne un aspetto dominante del conflitto, radicalizzandolo e facendolo diventare sempre meno negoziabile. La guerra totale coinvolgeva le popolazioni civili per la pratica dei bombardamenti e la propaganda assunse ovunque una grande importanza. Stalin accettò di sottoscrivere la carta atlantica già firmata da GB e USA, i principi di tradizione wilsoniana vennero formalizzati nella Dichiarazione delle Nazioni Unite il 1 gennaio 1942 che sanciva la cooperazione dei firmatari (+ Canada, Cina, Belgio Australia) contro le forze selvagge e brutali del patto tripartito. Gli USA cominciarono a sostenere quindi anche l’URSS. 8.3 i regimi collaborazionisti e gli sviluppi della guerra I caratteri dei governi collaborazionisti erano diversi da caso a caso, risentivano sia delle specificità nazionali, sia del momento in cui erano stati occupati. Anche per questo il governo nazista non riuscì a rendere stabile e pianificata la collaborazione coi diversi autoritarismi europei, accontendandosi invece di imporre la superiorità del proprio esercito e di sfruttare al massimo le risorse umane ed economiche dei paesi occupati. Al culmine dei successi del patto tripartito le sorti del conflitto cominciarono a cambiare. A giugno 42 gli USA sconfiggono la flotta giapponese nel pacifico, ad el Alamein (Alessandria d'Egitto) Rommel viene sconfitto da Eisenhower e Montgomery. Inizia la controffensiva russa e blocca a Stalingrado un'intera armata tedesca. La prima conferenza interalleata si svolge a Casablanca nel gennaio 43, si stabiliscono il pri cipio della resa incondizionata, esclusione di qualsiasi patteggiamento separato con la G e si stabilisce l'invasione della Sicilia. Il 10 luglio 43 Eisenhower sbarca in Sicilia e solo l8 settembre si diffonde la notizia dell’armistizio. Nella conferenza di Teheran a novembre 1943 i tre grandi decidono di aprire un seco do fronte in europa e il 6 giugno 44 prende il via l'operazione Overlord con lo sbarco in Normandia. 8.4 la Shoah Il piano di arianizzazione della G nazista prevedeva di deportare tutti gli ebrei in Madagascar e Africa, fallita l'invasione della GB Hitler progettò un “piano generale per l’est” avendo attaccato la Russia immaginò di deportare gli ebrei in Siberia, alla fine si concretizzò la possibilità di dirigerli verso i getti polacchi dove per scarsità di cibo e sovraffollamento morirono decine di migliaia di persone. Intanto con il decreto “notte e nebbia" prevedeva la deportazione nei lager e l'avvio della liquidazione di tutti gli ebrei, ma la vera decisione fu presa nella conferenza di Wannsee vicino a Berlino nel gennaio 42, dove si pianificò la “soluzione finale" cioè lo sterminio di massa che portò a 6 milioni di morti. La shoah è stata oggetto di un lungo dibattito storiografico che si interrogava sulla opportunità di definirla o meno un unicum nella storia di tutti i tempi. Da un punto di vista sarebbe tale per 1. I presupposti ideologici, astratti e non pragmatici, 2 il carattere globale e universale, 3 è l'unico sterminio in cui era prevista l'eliminazione totale del gruppo bambini inclusi, per la loro pericolosità biologica, non culturale, 4 la dimensione moderna, industriale e burocratica, 5 nel cuore dell'Europa culla dell’umanesimo e dell’illuminismo infatti il nazismo voleva sovvertire i principi di libertà e eguaglianza. D'altra parte invece si respinge il dogma dell’unicità sostenendo che altri genocidi ( armeni, kulaki ma anche successivi come Utzi o kosovari) si sono svolti con elementi simili e si vede la shoah come la manifestazione più drammatica della crisi generale europea del XX secolo. Inoltre trasformandola nell'evento cruciale si corre il rischio di creare una gerarchia tra le vittime attribuendo agli ebrei uno status superiore a altri. Più che unica la shoah si può considerare come un Genocidio estremo, sintesi assoluta e perfetta di tutti gli elementi che compongo il processo finalizzato al genocidio (esclusione giuridica, reclusione, annientamento). 8.5 i movimenti di Resistenza Nel linguaggio storico politico Resistenza indica l'insieme dei movimenti di opposizione, sia politica che militare, sia attiva che e passiva, sorti durante la seconda guerra mondiale contro l'occupazione delle forze dell'asse. Il fenomeno, esteso a molti paesi, ebbe forme diverse ma anche elementi comuni: guerra patriottica di liberazione nazionale e la dimensione politico ideologica che mirava a ripristinare la libertà e dignità degli individui negate dai regi i totalitari. Per alcuni paesi assunse le forme di guerra civile e talvolta fu concepita come lotta di classe. La Resistenza francese riconosceva De Gaulle quale rappresentante della Francia libera, come lo aveva chiamato Churchill quando da Londra dove era fuggito de Gaulle lanciò un appello ai francesi. I suoi uomini operavano dalla GB e dall'Africa dove partecipavano a operazioni angloamericane. In patria invece i Maquis conducevano una guerra per bande. Dopo l'attacco tedesco alla Russia il partito comunista assunse un ruolo di primo piano nel movimento. Alla vigilia dello sbarco in Normandia la resistenza aveva preparato il terreno sabotando le vie di comunicazione. Parigi era insorta e il 25 agosto le truppe alleate con i reparti della Francia Libera entravano in città. La Resistenza jugoslava era strutturata militarmente e si configurò come guerra di popolo. Costituita dal giugno 41 , l’armata di liberazione della Jugoslavia guidata da Tito, riuscì a espellere le truppe dell'asse nella primavera del 45 quasi senza aiuto della armata rossa. Occupò Trieste, estromise i partigiani italiani, soppresse le libertà civili, e procedé ad una durissima repressione con l’occultamento dei cadaveri nelle foibe. Gli alleati, desiderosi di disporre del porto di Trieste imposero a Tito di ritirarsi e questi, visto che Stalin non lo avrebbe appoggiato, rinunciò alla città il 9 giugno del 45. Anche in Germania si svilupparono piccoli gruppi di resistenza. Il più importante fu ,a rosa bianca costituito da studenti dell'università di Monaco che i vitavano alla resistenza passiva. Oppositori anche se alti ufficiali misero in atto l'attentato a Hitler fallito nel 44. In Italia la nascita dei movimenti partigiani coincise con la caduta del regime fascista, dimissioni e arresto di Mussolini il 25 luglio 43. Nonostante il malcontento e gli scioperi, e la protesta popolare, a determinare la caduta di Mussolini fu invece la disastrosa situazione militare e la co seguente decisione del re che decideva di liberarsi di lui per garantire la sopravvivenza della monarchia. Condotti in modo incerto e confuso, i negoziati per l’armistizio si conclusero a Cassibile il 3 settembre ma Badoglio informò il Paese via radio solo l8 , lasciando allo sbando l'esercito. Poi re e governo si rifugiarono a Brindisi e Mussolini liberato dai tedeschi fo da a Salò la Repubblica Sociale Italiana. In questo contesto drammatico, con l'Italia divisa a metà, la resistenza italiana assume il carattere di guerra di liberazione dal nemico tedesco, guerra civile tra fascisti e non, lotta di classe per i comunisti e socialisti. Nelle città si formarono fin dall’inverno 43 i Gruppi di Azione Patriottica che operavano attraverso azioni di sabotaggio, o assaltavano carceri per liberare prigionieri e rifornire di armi i partigiani. La resistenza civile i dica invece le iniziative disarmate messe in atto da istituzioni civili e religiose o popolazione contro l'occupazione nazista. Le prime forme di resistenza nacquero in quella parte dell'esercito che al momento dell’armistizio rifiutò di cedere le armi ai tedeschi, episodio significativo la difesa di Roma cui parteciparono molti civili. A Cefalonia invece si registra l'episodio più tragico con la fucilazione di 6500 soldati. Le prime formazioni armate si costituiscono co gruppi di ex militari attorno a nuclei di antifascisti già attivi e sorsero spontaneamente nelle zone di montagna e collina centro nord assumendo una organizzazione stabile e strutturata a seco da dell'orientamento politico. Partito d'azione, Giustizia e Libertà Partito comunista, brigate Garibaldi Partito socialista, brigate Matteotti Partito democrazia cristiana brigate Osoppo e fiamme verdi. Fin dall'inizio infatti le vicende della guerra di liberazione si intrecciano con quelle dei partiti antifascisti. Già il 9 settembre i partiti antifascisti avevano dato il via al primo Comitato di Liberazione Nazionale CLN, composto da DC,PCI, PSUP, PL, Partito d'azione e della Democrazia del Lavoro, che chiedeva la formazione di un nuovo governo. Al congresso dei CLN svolto a Bari nel gennaio 44 il CLN di Milano divenne il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia il quale sotto la presidenza di Ferruccio Parri e Luigi Longo assunse la direzione politica e militare della resistenza a nord. Togliatti rientra da 18 anni di esilio e al consiglio nazionale del PCI d'accordo con Stalin, propone di rimandare la questione istituzionale alla decisione di una assemblea costituente da eleggersi a fine guerra. Il suggerimento viene accolto dai partiti antifascisti che sospendono le polemiche sulla corona e aderiscono al primo governo di unità nazionale il 22 aprile sempre con Badoglio presidente del consiglio. Nel giugno 44 si libera Roma, V. Emanuele III abdica come promesso e il figlio Umberto diventa “luogitenente del regno", si insedia il nuovo governo di unità nazionale guidato da Bonomi, socialista riformista. Nel corso dell'anno si giunse a un accordo tra il CLN e il comando alleato: gli angloamericani offriranno sostegno militare e finanziario alla resistenza in cambio dell'assicurazione del totale smantellamento delle formazioni partigiane a guerra finita e del riconoscimento dell'autorità degli alleati e del governo da essi riconosciuto. Il 13 novembre 44 gli alleati annunciano la sospensione delle operazioni i Italia, bloccate dalla linea Gotica, e chiedono ai partigiani di sospendere le attività, questo produsse una temporanea crisi della resistenza. Nella primavera 45 entrano nelle forze della resistenza anche i gruppi di combattimento del ricostituito esercito italiano, il 25 aprile in tutti i centri urbani del nord con i tedeschi in fuga, i CLN assumono i poteri civili e militari. La 52esima brigata Garibaldi blocca alla frontiera la colonna dove viaggia Mussolini e lo fucila. 8.6 Yalta e Potsdam: la nuova carta dell'Europa Nel febbraio 45 i tre grandi si riuniscono nuovamente, stavolta a Yalta in Crimea, dove stabilirono che la G sarebbe stata divisa in 4 zone di occupazione, parlarono di riparazioni di guerra, approvarono la Dichiarazione dell'Europa liberata che sanciva il diritto dei popoli alla auto determinazione. Mentre la G veniva sottoposta a incessanti bombardamenti da parte degli angloamericani (il più drammatico a Dresda nel febbraio 45) in aprile la armata rossa aveva cinto d'assedio Berlino, Hitler si suicida il 30 e il 7 maggio viene firmata la resa incondizionata della Germania. Nel aprile giugno 45 a San Francisco si svolge la conferenza fondativa delle Nazioni Unite, in origine i membri sono 50 e , come ora, i membri permanenti del consiglio di sicurezza sono USA, GB, F, URSS, Cina. Nel corso della prima metà del 45 tutti gli arcipelaghi del Pacifico occupati dai giapponesi furono liberati, restava però da piegate la resistenza del Giappone. Il presidente americano Truman ( Roosevelt era morto il 12 aprile 45) decide di lanciare la bomba atomica su Hiroshima il 6 agosto 45. Il possesso della atomica rafforza il primato tecnologico militare degli USA. Il 2 settembre il Giappone firma la resa. Nel luglio agosto 45 si erano ritrovati Stalin, Truman e il laburista Attlee in sostituzione del non rieletto Churchill a Potsdam: furono ribadite le ripartizioni della G e definite le sfere di influenza in base alle posizioni finali degli eserciti, non fu raggiunto un accordo sulla questione delle riparazioni di guerra. Capitolo 9 il ritorno delle democrazie in un mondo bipolare 9.1 da alleati a nemici: l’inizio della lunga Guerra Fredda Alla fine del conflitto gli assetti di potere a livello globale erano profondamente cambiati: la F pur tra i vincitori, era in condizione di palese inferiorità avendo subito 5 anni di occupazione, La GB era la vincitrice morale ma in stato di profonda prostrazione economica Gli USA avevano garantito la vittoria grazie all'intervento prima economico e poi militare e questo aveva accentuato la subordinazione politica e finanziaria di Londra a Washington, controllavano la metà della produzione industriale mondiale, buona parte delle risorse aurifere e la gran parte dei capitali finanziari La Russia era forte del più vasto esercito della storia, del controllo diretto di una ampia zona dell'Europa e una grande disponibilità di risorse naturali. Ma la URSS era una potenza continentale, mentre gli USA operavano su scala planetaria. Inizialmente i due Paesi pensarono di poter continuare i buoni rapporti come durante la guerra, ma presto ogni azione intrapresa da una superpotenza metteva l'altra in una posizione di insicurezza, i rapporti divennero tesi già nelle settimane successive a Yalta quando i sovietici attuarono alcuni colpi di mano in Bulgaria e Romania mentre i titini occupavano Trieste. In assenza di un accordo sul futuro trattato di pace con la G i paesi vincitori spartirono il territorio tedesco i 4 zone di occupazione come stabilito a Potsdam. In particolare l'URSS era preoccupato della possibile rinascita del militarismo tedesco. In mancanza di un accordo sulle riparazioni di guerra Stalin dette il via al trasferimento forzato di industrie e materie prime tedesche verso il territorio russo. Il regime di navigabilità degli stretti sul mar nero era bloccato dalla Turchia . Il perdurare dei conflitti in Jugoslavia, Grecia, Albania ad opera dei partiti comunisti fecero pensare che le mire dellURSS sul mediterraneo non fossero sopite. Tutti questi elementi di tensione deteriorarono i rapporti tra le due grandi potenze tanto che Churchill in un discorso fatto in America nel marzo 1946 dirà che “una cortina di ferro è scesa attraverso il continente". Nel 47 il giornalista Lippmann conia il termine “guerra fredda". La strategia americana allora fu quella del containement conosciuta come dottrina Truman, che si fondava sul presupposto di contenere il comunismo dentro ai suoi confini appoggiando le nazioni non ancora comuniste perché potessero resistere ai tentativi di assoggettazione compiuti da minoranze armate o pressioni esterne. Infatti subito il congresso americano stanzia aiuti per combattere i comunisti in Grecia e Turchia. Nel frattempo tutti i paesi dell'Europa dell'est cadevano nelle mani dei partiti comunisti e del diretto controllo dellURSS: Polonia, Bulgaria, Romania, Ungheria con brogli e violenze, Cecoslovacchia con colpo di stato. In Jugoslavia e Albania i comunisti arrivarono al potere senza l'aiuto della armata rossa e rimasero perciò più indipendenti. 9.2 il ruolo degli accodi economici nella strategia della coesistenza internazionale Nel 1944 a Bretton Woods, USA, sotto l’impulso degli Stati Uniti si tenne una conferenza internazionale cui parteciparono 45 stati per stabilire nuove regole per le relazioni commerciali e finanziarie tra paesi industrializzati. L'idea era di creare un mercato mondiale basato sulla libera concorrenza, vennero così ridimensionate le norme protezionistiche e aperte quelle che erano “aree preferenziali" come ad esempio quelle dei domini britannici. Si istituì il Fondo Monetario Internazionale per costruire una riserva valutaria mondiale per stati in necessità, e per assicurare stabilità internazionale nei cambi valutari. Per fare questo venne deciso di fissare la parità oro dollaro (gli USA avevano enorme concentrazione di riserve auree). Il sistema valutario del dopoguerra fu la conseguenza diretta della supremazia politica, economica, militare degli USA. A Bretton Woods furono create anche la Organizzazione internazionale del commercio e la Banca Mondiale, nata per concedere prestiti per la ricostruzione e sviluppo. La situazione dell'Europa era grave, reti di collegamento distrutte, distribuzione alimemtare carente, inflazione… in questo quadro il segretario di stato americano Marshall mise a punto un piano straordinario di aiuti per i paesi europei. Secondo l'amministrazione americana le difficoltà economiche e il conseguente rischio di tensioni sociali avrebbero potuto contribuire alla crescita dei partiti comunisti. Il piano Marshall doveva quindi contribuire alla espansione dei consumi e del benessere, riducendo il conflitto sociale e favorendo il consolidamento delle istituzioni democratiche, ma naturalmente doveva anche avere affetti positivi sul sistema produttivo degli USA con la crescita delle esportazioni sostenuta dall'aumento della domanda di beni dall'Europa. Inizialmente l'idea era di sostenere anche i paesi dell'est eu, ma la URSS sostenne che il piano era un attacco alla indipendenza degli stati europei e nella conferenza di Parigi Molotov rifiutò gli aiuti e nei seguenti vertici impose ai suoi stati satellite di non partecipare. Da qui la definitiva divisione in due blocchi, piano Marshall e piano Molotv, poi Comecon, che prendeva forza dal Cominform 1947 (però al Cominform partecipavano TUTTI i partiti comunisti mentre al piano economico solo quelli dei paesi satellire). I Paesi dell'est conobbero così una crescita vertiginosa dell'economia, legata però alla pianificazione imposta da Mosca, con industria pesante e armamenti, mentre in occidente il boom economico offriva nuovi standard di accesso ai consumi di massa. 9.3 Tra Welfare State e società del benessere Di fronte alla distruzione post bellica presero consistenza le tesi volte a superare il concetto tradizionale di stato come espressione esclusiva di potenza, Warfare, per ripensarlo in termini di Welfare, ossia uno stato che agisce in modo da concedere a tutti i suoi cittadini il più ambio grado di benessere morale e materiale. Mentre in USA il benessere era inteso soprattutto come accesso ai consumi, in Eu si impose con più forza che in passato, la visione di Stato erogatore di servizi. Già nella seconda metà del 800 erano state adottate misure di legislazione sociale, ma la novità è che in questo contesto assumevano la valenza di un vero e proprio “patto sociale" , lo stato diventava Sociale ossia uno strumento di promozione della dignità individuale inserita nella collettività. Il sociologo T. Marshall distingueva tre dimensioni della cittadinanza, giuridica, politica, sociale. La dimensione sociale permette il ricomponimento della grande frattura creata dalla rivoluzione industriale e cioè la lotta di classe tra capitalismo e proletariato. Nello stato sociale la ricchezza viene redistribuita dallo stato. A dimostrazione del cambiamento avvenuto si esamininino le nuove carte costituzionali europee che, oltre ad indicare valori e principi, contengono indicazioni programmatiche e prescrittive volte al conseguimento della uguaglianza sostanziale degli i individui. A determinare questo cambiamento circa il ruolo dello stato non fu solo il conflitto, ma anche la considerazione di come un sistema capitalista senza regole avesse portato alla drammatica crisi del 29. Per evitare la implosione del sistema era necessario, secondo Keynes, che lo stato adottasse politiche di sostegno ai co sumi e alla domamda di beni al fine di garantire la piena occupazione, la stabilità e il dinamismo della produzione industriale. Il concetto di Welfare state nacque quindi nella cornice delle teorie keynesiane a cui si aggiunse , nel 42 l'importante contributo del pubblicista inglese W. Beveridge. In GB l'edificazione di uno stato sociale divenne priorità per i governi laburisti tornati al potere nel 1945, trasgerirono allo stato importanti settori dell'economia e attuarono importanti provvedimenti di legislazione sociale. Il modello del welfare state britannico riscosse molto credito e fu imitato da Francia e Svizzera. I paesi scandinavi avevano consolidata esperienza di garanzie sociali, la Svezia in particolare utilizzava la pressione fiscale come meccanismo di ridistribuzione non di capitali ma di servizi. In Germania le forze di occupazione occidentali si impegnarono nello sviluppo della economia sociale di mercato, volta a massimizzare il benessere con un alto tenore di vita. La libertà di impresa, la vasta area di libero scambio, la manodopera a basso costo, l'attenzione dei governi al riequilibrio sociale, contribuirono a produrre un vertiginoso boom economico, tra il 50 e il 1980 la produzione manifatturiera in Eu aumentò dal 100% delle GB al 450% dall'Italia… il Giappone arrivò al 1200%. Questa impetuosa crescita portò anche ad una rivoluzione degli stili di vita modificando il quadro sociale tradizionale e avvicinando sempre più l'Europa all’american way of life… Alcuni definirono questo come “democratizzazione dei consumi e del benessere", Galbraith invece nel 1958 sottolineò come i cittadini venissero considerati solo in funzione della loro capacità di consumatori piuttosto che nella veste di individui portatori di diritti e valori. La società dei consumi, sempre più dominata da processi aziendali complessi e dal consumismo di massa, vede un conseguente ridimensionamento del ruolo e della capacità normativa dello stato. 9.4 la divisione della Germania Come previsto da Yalta, a fine guerra in Germania assunse pieni poteri il Comitato supremo delle zone di occupazione di cui facevano parte Francia, GB, USA e URSS. Ciascun paese assunse il controllo della propria zona di competenza. Le linee guida per la riorganizzazione dovevano essere le 4 D: democratizzazione, denazificazione, demilitarizzazione, decartellizzazione più decentralizzazione. Un esempio di come però fu difficile trovare interpretazioni comuni si ebbe con il PROCESSO di Norimberga, che doveva essere un esempio unitario di denazificazione, i sovietici no furono d'accordo sulla sentenza finale con riserve politiche e giuridiche (il non riconoscimento dello stato oltre alle SS e alle SA come organizzazioni criminali naziste e l'assoluzione ad alcuni gerarchi). Anche dal punto di vista della ricostruzione la differenza nelle 4 zone fu grande, ma nel 46 le zone inglese e statunitense si unirono nella bizona angloamericana, con il proseguire dell’inasprimento dei rapporti est ovest anche la Francia si unì agli alleai dando vita alla trizona. Già nel marzo 48 quando a Londra fu approvato il piano Marshall anche per la trizona lURSS abbandonò definitivamente il comando interalleato, poi con l'introduzione del deutsche mark e “l'economia sociale di mercato” la rottura divenne definitiva (e si cambiò moneta anche nella zona orientale). A quel punto i sovietici bloccarono gli accessi a Berlino, la reazione angloamericana fu immediata, organizzarono un ponte aereo per rifornire la città e bloccarono i rifornimenti provenienti dalla Ruhr. Per riottenerli i sovietici sospesero il blocco. 9.5 la guerra di Corea Nel agosto del 1949 lURSS compì il primo esperimento nucleare. In Cina le forze nazionaliste di Chiang Kai Shek vengono sconfitte da Mao che proclama la Repubblica Popolare cinese. Nel 1950 si firma un patto di amicizia tra Mosca e Pechino. Questi fatti alterano l'equilibrio tra i due blocchi e riportano nell'agenda di Washington la questione della sicurezza americana nel Pacifico. Il consiglio nazionale di sicurezza americano invoca l'estensione fuori dall'Europa della politica di containement aggiungendo agli strumenti economici anche un più ampio impegno militare. La Corea era stata contesa fin dall'inizio del 900 tra Cina Russia e Giappone, alla fine della guerra il nord era stato invaso dalle truppe sovietiche e il sud da quelle americane. Quando gli eserciti si ritirarono i governi rispettivamente filocomunista e filoamericano, con l'intento di riunificare il Paese, si impegnano in una aspra guerra civile. Kim aspettava il nulla osta di Stalin, che alla fine arrivò per due motivi, primo sperava che gli americani non sarebbero intervenuti visto che avevano tracciato il loro perimetro difensivo più alla larga, secondo non voleva rischiate che fossero i cinesi a dare una mano al posto suo. Quando le truppe Nordcoreane invasero il sud fu riunito il consiglio di sicurezza ONU, ma lURSS non volle partecipare perché dopo la vittoria di Mao non si era provveduto a rinnovare la rappresentanza della Cina nel consiglio. Gli USA forniscono oltre la metà degli uomini e l85% delle forze aeree più 15 miliardi di dollari, all'ONU che interviene in difesa della Corea del sud. Stalin preferì non aiutare Kim per evitare il confronto diretto con le forze americane, fu invece Pechino a mandare volontari. Truman dichiara il possibile utilizzo di armi nucleari e la situazione diventa drammatica. Alla fine si ripristina il confine sul 38° parallelo anche per la morte di Stalin e la elezione di Dwight Eisenhower più propenso alluso di armi atomiche. L’armistizio viene firmato nel 1953. 9.6 le nuove alleanze: NATO e SEATO contro Patto di Varsavia Nel 1947 l'Europa orientale non era ancora un blocco monolitico controllato direttamente dall’URSS e questo, nell'ottica di Stalin, accresceva il suo bisogno di sicurezza. Per favorire il coordinamento venne creato il Cominform, organismo finalizzato allo scambio di informazioni fra partiti comunisti europei. La prima azione comune intrapresa fu la contestazione, nei rispettivi paesi, della partecipazione al piano Marshall, ma la strategia si rivelò controproducente in termini di consenso viste le drammatiche condizioni economiche post belliche. Dopo il colpo di stato comunista a Praga del 48 Francia, GB e i paesi del Benelux, firmarono a Bruxelles un patto difensivo antisovietico sperando che vi aderissero anche gli USA. La tradizionale riluttanza americana ad assumere impegni vincolanti fu effettivamente rimossa dalla consapevolezza che il confine di sicurezza non era più l'Atlantico ma il fiume Elba. La proposta britannica di allargare l'alleanza anche a Canada, Paesi scandinavi e mediterranei, rese ancora più co vincente la proposta e il 4 aprile 1949 venne firmato il Patto Atlantico (accordo difensivo) e istituita la NATO ( organizzazione militare integrata permanente, con sede a Bruxelles e quartier generale a Parigi). A questo punto divenne cruciale l'adesione della Germania dellOvest, paese più esposto ai potenziali attacchi, ma la questione era se consentire o meno che la Germania partecipasse attivamente alla propria difesa. La Francia era preoccupata dall’ipotesi di un riarmo tedesco e sulle prime si pensò di istituire un esercito unificato europeo al quale ogni paese avrebbe fornito le truppe necessarie e a cui partecipassero contingenti tedeschi. Nel 1952 venne firmato un primo accordo per la Comunità Europea di Difesa. Intanto la Nato si allargava a Turchia e Grecia. La CED fallisce per opposizione del parlamento francese e la soluzione venne trovata dalla GB con la proposta di istituire una Unione dellEuropa Occidentale UEO, cioe una allargamento del vecchio patto di Bruxelles alla Repubblica federale tedesca e alla Italia. L'accordo prevedeva la rinuncia della Germania a dotarsi di nucleare militare con l'ammissione nella Nato e il trasferimento di ulteriori (oltre a quelle presenti sul suolo tedesco) divisioni britanniche sul continente. 1955. La risposta sovietica fu in prima battuta l'offerta della riunificazione tedesca in cambio della neutralità della Germania. Il neo cancelliere Adenauer si oppose nettamente e allora Mosca cambiò strategia e aumentò la presenza dell’armata rossa sul territorio tedesco e convocò a Mosca i rappresentanti degli stati dell'est. A maggio 1955 si stipula il patto di Varsavia, trattato di cooperazione che prevedeva la difesa collettiva e la costituzione di un comando unificato di parte delle forze armate. Il patto di Varsavia rese ancora più evidente e stabile la divisione del vecchio continente in due blocchi. Il sistema delle alleanze USA si ampliò con un patto con Australia e Nuova Zelanda (ANZUS nel 1951) e poi nel 54 con la SEATO per opporsi al blocco sino sovietico nel sud est asiatico, ma negli anni 70 venne sciolta. Un importante fattore di stabilizzazione del bipolarismo fu la cd deterrenza atomica, la prospettiva di un conflitto nucleare introdusse una sorta di equilibrio del terrore, fattore di dissuasione alla trasformazione dei contrasti in conflitti. Le due superpotenze fissarono anche il principio della non proliferazione nucleare a paesi terzi. Capitolo 10 nuove egemonie e potenze emergenti 10.1 Gli Stati Uniti di Truman e Eisenhower La smobilitazione dell'esercito non produsse aumento della disoccupazione come molti temevano, la manodopera fu presto riassorbita da un economia in forte espansione. Ciononostante ci fu un aumento dell'inflazione e l'aumento dei prezzi, gli scioeri e la conseguente scarsità di derrate alimentari, causarono u a pesante sconfitta per il partito democratico nelle elezioni per il Congresso del 1946. Truman riuscì a farsi riconfermare nel 48 ma le sue proposte vennero accolte solo i parte. Sì al Fair Deal basato sulla crescita economica, agli aumenti dei minimi salariali e della previdenza sociale, al nuovo impulso per la edilozia popolare. E no agli interventi di politica sociale come assicurazione nazionale contro le malattie e un piano di aiuti federali alla istruzione, no ad un maggior intervento regolativo dello stato, no ai progetti di integrazione per le minoranze afroamericane. A partire dal 49 si diffuse una vera e propria fobia per un potenziale nemico interno rappresentato dalle idee comuniste e socialiste. Si distinse in questa caccia alle streghe il senatore Mc Carthy presidente di una commissione per reprimere le attività antiamericane (da cui il nome di maccartismo). Nel frattempo la guerra in Corea ingigantiva la sensazione che l'America fosse il necessario baluardo anticomunista. Gli eccessi del senatore si spinsero fino ad accusare membri delle forze armate e infine a costringerlo a dimettersi. Nel 52 viene eletto presidente il generale Eisenhower , repubblicano convinto della necessità di rafforzare i dispositivi militari in difesa dell'Occidente minacciato dal blocco sovietico. Ripresero così massicciamente gli investimenti in armamenti e in ricerca tecnologica militare. Questo non andò però a discapito della produzione di beni di consumo, che aumentò vertiginosamente determinando aumento del potere d’acquisto ed espansione dei consumi. Il sogno americano nascondeva però una distribuzione della ricchezza non uniforme, con regioni del sud molto arretrate e un quarto della popolazione ai limiti della soglia di povertà. In molto stati del sud vigevano leggi segregazioniste che il recente impegno degli afroamericani nel conflitto rendevano maggiormente intollerabili. La sperequazione tra diritti e doveri consolidò il movimento per i diritti degli afroamericani. Nel 1954 un primo risultato fu la sentenza con cui si dichiarava anticostituzionale la segregazione scolastica. 10.2 Repubblica federale e Repubblica democratica: la Germania divisa A maggio 1949 venne approvato il Grundgesetz ovvero la legge fondamentale che segnava la formale costituzione della Repubblica Federale tedesca BRD evitando il termine Costituzione perché il popolo tedesco se la sarebbe data solo al momento della unificazione. La reazione nella parte sovietica fu immediata e dopo sette giorni venne formalizzata la costituzione della Repubblica democratica tedesca DDR. Seguendo il modello dellURSS la DDR assunse le strutture tipiche di un regime monopartitico comunista abolendo tutte le autonomie locali ed affidando al partito comunista la guida dello stato. Nelle elezioni per il primo parlamento della BRD i principali partiti furono la CDU Unione cristiano democratica, SPD socialdemocratici. Adenauer cancelliere si ripropose due obiettivi, la democrazia stabile e forte rilancio economico. In politica estera operò per la piena riconciliazione con la Francia e per inserire la BRD nel quadro della alleanza occidentale. La Germania ovest entrò così nel 55 nella Unione Europea occidentale, nella NATO, nel 57 fu tra i fondatori della CEE e del Euratom. Adenauer confermò la chiusura nei confronti della sinistra e formò una coalizione stabile con i cattolici bavaresi del CSU appoggiato dai liberali e partiti minori nel 53 la coalizione ottenne il 45% dei voti e nel 57 addirittura il 50. La sua economia sociale di mercato univa un impianto capitalistico a moderati elementi di welfare e ad alcuni principi di derivazione sociale cattolica. Si dimise nel 63 dopo 14 anni di cancellierato in cui si era costruito l'immagine di padre fondatore dell'Europa unita e artefice del miracolo economico tedesco. Nella DDR invece si era consolidata la leadership di Ulbricht segretario dellla SED partito socialista e presidente della repubblica. Egli rispose al liberalismo economico dell’ovest rafforzando la costruzione del socialismo e i vincoli economici con l’URSS. Nel 53 represse nel sangue una manifestazione di protesta che che si tramutò in rivolta. Molti tedeschi “votando con i piedi" fuggivano all’ovest soprattutto attraverso Berlino, fino al 61 2,6 milioni di persone erano riusciti a trasferirsi. Nell’agosto 61 il presidente sovietico Chruscev autorizzò Ulbricht a costruire il muro di Berlino. Nel 63 Kennedy in visita a Berlino ovest dirà “io sono berlinese". 10.3 la Spagna franchista Nel 1936 con il golpe Franco ricevette l'investitura di capo di stato e generalissimo. Nonostante la guerra civile in corso nel 37 emanò un decreto con cui sopprimeva tutti i partiti e unificava le due organizzazioni che lo sostenevano nella guerra: la Falange e la Comunione Tradizionalista divennero la nuova Falange spagnola Tradizionalista… La specificità spagnola, rispetto al fascismo e al nazismo, stava nel modo in cui Franco arrivò al potere e al suo stesso profilo: era un uomo dell'establishment e non un outsider, e il suo regime non nacque da una qualche base di massa ma da un vero e proprio atto di forza. La dittatura di Franco si reggeva su tre centri di potere, la nuova Falange, l'esercito e la chiesa. I vescovi vedevano nella insurrezione delle truppe franchiste “ una radice patriottica e religiosa" per la salvaguardia dell'identità della nazione. Alla fine della guerra civile vennero varati provvedimenti che consentirono la persecuzione degli oppositori anche pregressi. Le principali leggi che consentirono la istituzionalizzazione della dittatura furono approvate tra il 38 e il 47. La “democrazia organica" perseguita da Franco si basava sul concetto di tradizione spagnola, dove la patria, il cattolicesimo e la rappresentanza corporativa si opponevano alla rappresentanza individuale delle democrazie liberali. Allo scoppio della guerra Franco scelse di rimanere neutrale ma nel 46 le Nazioni Unite, riconoscendo nella Spagna un regime non democratico non intendevano ammetterla negli organismi internazionali. L'isolamento diplomatico non durò a lungo, il progressivo deterioramento dei rapporti est ovest e la “dottrina del contenimento" degli USA rendevano troppo appetibile la Spagna come utile baluardo anticomunista. Nel 53 gli Usa firmarono quindi un accordo, la Spagna riceveva dagli Stati Uniti riconoscimento e aiuti economici in cambio della concessione di basi militari sul proprio territorio. Nel 55 la Spagna entra nellONU. Nonostante gli aiuti, le passate scelte politiche di autarchia e il rigido interventismo statale rendevano difficile la ripresa economica, ai primi segnali di malessere della classe operaia Franco decise di affidarsi ai tecnocrati dell Opus Dei che effettivamente misero mano ad una razionalizzazione e stabilizzazione economica e amministrativa. Cominciò così una fase di crescita e sviluppo soprattutto tra il 60 e il 75 ma restavano molti problemi e il tenore di vita era mediamente tra i più bassi dell'Europa occidentale. Scioperi e manifestazioni, spinte autonomistiche cominciarono a confondersi con proteste contro il regime verso la fine degli anni 60. Franco si trovò a far fronte alla scollatura tra una società i trasformazione e il sostanziale immobilismo politico del regime. Nel 69 designò a successore caudillo il principe Juan Carlos di Borbone. 10.4 il consolidamento della Jugoslavia di Tito La resistenza jugoslava aveva avuto un carattere di vero movimento di massa. All'interno della resistenza erano emerse due correnti, quella dei CETNICI serbi (nazionalisti e anticomunisti) e quella comunista di Tito che si affermò e dopo il 45 si pose alla guida della ricostruzione del paese. Nel 46 venne approvata la costituzione, ricalcata su modello di quella sovietica, che faceva della Jugoslavia una federazione di 6 repubbliche. In questa prima fase la federazione manteneva un assetto fortemente centralizzato. Nel 46 Tito procedette alla epurazione di coloro che riconosceva come interpreti dei nazionalismi che avevano insanguinato la Jugoslavia durante il conflitto, i processi più eclatanti furono a carico del leader cetnico Mihailovic e dell’arcivescovo cattolico Stepianac che aveva sostenuto gli Ustascia. Alla fine della guerra le forze partigiane titine avevano occupato Trieste. Grazie alla pressione sovietica e alla trattativa diplomatica diretta dagli angloamericani, Tito ritirò le truppe e il Territorio libero di Trieste fu diviso in due zone. Solo con il trattato di Osimo nel 1975 furono poi sanciti i confini attuali. La Jugoslavia procedette rapidamente all'introduzione di un sistema socialista attraverso la nazionalizzazione delle imprese e una ampia riforma agraria, ma l'eccessiva autonomia di Tito nelle relazioni internazionali irritò profondamente Stalin che al cominform nel 48 avanzò una accusa formale di deviazionismo ideologico nei suoi confronti. Il partito comunista jugoslavo fu così espulso dal cominform ma lo scisma con Mosca non indebolì il potere di Tito, anzi portò i paesi occidentali a schierarsi dalla sua parte e ad offrirgli aiuti economici del piano Marshall e assistenza militare oltre all’appoggio geopolitico ad es. per la questione di Trieste. Tito avviò la collettivizzazione delle campagne ma presto l80% dei terreni agricoli tornò ad essere gestita con logiche diverse. Questo se da un lato fu una sconfitta per il progetto originario, dall'alto costituì la premessa per l'inserimento della Jugoslavia nel mercato internazionale. Nel 52 il partito cambia nome, diventa lega dei comunisti di Jugoslavia, rimarcando la politica di decentramento rispetto al potere centrale sovietico. Tito fu tra i promotori del movimento dei paesi non allineati, sensibile alle questioni della decolonizzazione, ottenendo grande visibilità internazionale. Nel 53 muore Stalin e Chruscev tenta un riavvicinamento ma la rivoluzione ungherese del 56 dividerà nuovamente i due stati. Anche la decisione sovietica di intervenire in Cecoslovacchia nel 68 vide la forte condanna di Tito. Nonostante la decisione di rispondere alla frammentazione balcanica attraverso un decentramento abbastanza rispettoso dei diversi sentimenti nazionali, il ruolo egemone svolto dal partito finì comunque per scontrarsi con i fermenti autonomistici di alcuni gruppi etnici, la rivalità tra le diverse componenti della federazione sarebbe poi esplosa alla morte di Tito. 10.5 Cina comunista e Cina nazionalista La Repubblica cinese, fondata nel 1912, ebbe vita breve a causa dei contrasti tra le forze del partito nazionale il Guomindang e i gruppi conservatori che nel 1913 instaurarono la dittatura personale del generale Yuan Shi kai. Egli non riuscì a riportare l'ordine nel paese nè a contrastare le mire espansionistiche del Giappone. Durante la prima guerra mondiale la Cina si era schierata con l'Intesa ma per il contributo minimo che diede non vide riconosciuto il controllo sulla regione del Shadong (regione precedentemente amministrata dalla Germania) che fu invece affidato al Giappone. Questo umiliò i cinesi e favorì il riaccendersi del nazionalismo e di un movimento di protesta che a partire dal 1919 si coagulò nuovamente intorno al Guomindang che intraprese una lotta diretta contro il governo centrale, i signori della guerra e l'imperialismo straniero. Nel 1921 il Guomindang formò un governo autonomo a Canton, raccogliendo anche l'appoggio del neonato partito comunista cinese, ma questa intesa si dissolse presto, nel 1925 alla morte del fondatore della repubblica cinese il suo successore alla guida del Guomindang fu Chiang Kai shek che modificò radicalmente gli obiettivi del partito. Nel 1927 attaccò e sconfisse le forze comuniste e l'anno seguente istituì un governo autoritario entrando con le sue truppe a Pechino. Il partito comunista messo fuorilegge iniziò a riorganizzarsi nelle aree più interne del paese. La aggressione del Giappone in Manciuria nel 31 fu contrastata più che dal governo cinese, dal partito comunista che acquistò così grande popolarità. Mao assume la direzione del partito ed avvia una capillare opera di proselitismo tra i contadini che individua come sola vera base per la rivoluzione socialista nel contesto cinese. Il Guomindang dà vita ad una dura campagna contro i comunisti e tre anni dopo riesce ad accerchiare le forze comuniste nella regione meridionale. Decisi a evacuare il sud per dirigersi in una zona meglio difendibile e più sicura a nord, i comunisti di Mao iniziarono la LUNGA MARCIA nel 34. Nel 37 di fronte all’intensificarsi dell'aggressione giapponese le forze di Chiang e quelle di Mao firmarono un accordo per evitate la guerra civile ed opporre in unico fronte contro l'imperialismo straniero. Nel 1941 Chiang approfittando dell'attacco giapponese agli USA che aveva distolto grande quatità di truppe nipponiche dalla Cina, riprese l'offensiva contro i comunisti ma il discredito del regime invece aumentò. Nel 45 gli USA si fecero promotori di un accordo tra nazionalisti e comunisti ma Chiang, che sperava di continuare a ricevere dagli USA gli aiuti per la lotta interna contro Mao, respinse ogni trattativa. (Chiang era visto da Truman come il possibile artefice di un regime democratico cui gli USA avrebbero affidato una parte attiva nella politica del containment ) Nel 46, 47 i nazionalisti sembrarono prendere il sopravvento ma nel 48 la situazione si ribaltò, nel febbraio 49 le truppe di Mao entrarono a Pechino e Chiang Kai sheek con quello che rimaneva del suo esercito si ritirò a Taiwan (isola di Formosa) protetto da navi statunitensi. La Repubblica Popolare cinese proclamata il 1 ottobre 1949 fu riconosciuta da da buona parte della comunità internazionale ma non dagli USA. Nonostante la sconfitta Chiang conservò il seggio della Cina allONU fino al 1971. Mao compì una delle poche rivoluzioni totali della storia, agendo contemporaneamente in ambito politico, socioeconomico, nazionale. Con la socializzazione di tutti i settori economici, la collettivizzazione delle terre, la campagna di rieducazione popolare, riuscì a compiere il grande balzo in avanti verso il socialismo reale anche a costo di una dura repressione. Nonostante la affinità ideologica non entrò nella sfera di influenza di Mosca, avendo i comunisti raggiunto il potere senza l'aiuto dellURSS, anche perché vi erano antichi dissidi sui confini. In un primo momento di fronte al rischio che gli USA intervenissero per riportare i nazionalisti al potere, Mao si servì di aiuti e appoggio dellURSS, ma nella seco da metà degli anni 50, parallelamente ai primi segnali di distensione della guerra fredda, i rapporti Cina Urss diventarono sempre più difficili. Nel 1964 la Cina riuscì a produrre la bomba atomica, la rivalità iniziale si trasformò in aperta ostilità contro Mosca e vi furono anche scontri al confine. 10.6 il Giappone: nuovo baluardo dell'Occidente in Asia Il Giappone alla fine della seconda guerra mondiale si trovava in totale prostrazione. Gli originari piani statunitensi prevedevano condizioni di pace estremamente dure ma la Guerra Fredda e la nuova situazione in Cina imposero una drastica revisione dei piani. L'occupazione americana, affidata al generale MacArtur, mise in atto una epurazione contro i responsabili dei crimini di guerra ma non destituì l'imperatore Hirohito imponendogli invece l'adozione di un regime democratico. Il timore era infatti che la destituzione avrebbe causato un vuoto politico troppo ampio e la popolazione che venerava il sovrano avrebbe potuto sollevarsi. Hirohito ripagò la decisione con una grande dedizione al convincimento di tutti i giapponesi a “sopportare l’insopportabile" e a collaborare con gli occupanti. Nel 1946 sotto l'egida americana fu varata una costituzione che trasformava la vecchia autocrazia imperiale in monarchia costituzionale. Furono introdotte riforme ma gli occupanti non vollero esagerare per non indebolire troppo il notabilato conservatore e la borghesia industriale ossia i ceti sociali che si riteneva fossero in grado di garantire una ricostruzione del paese su basi capitalistiche e liberali. Il consolidamento dei rapporti tra Giappone e USA divenne più evidente con la guerra in Corea quando il Giappone funse da portaerei americana e rappresentò uno dei pilastri del cd perimetro difensivo in funzione antisovietica. Le grandi concentrazioni industriali giapponesi non vennero smembrate come prevedevano i piani inizialmente e poterono così trasformarsi nel principale motore del boom economico. Nel 51 venne firmato un accordo di pace tra le potenze alleate (opposizione sovietica) e il Giappone che sancì la fine dell'occupazione militare. Questo acuì le tensioni della Guerra Fredda. Poi Tokyo e Washington firmarono un trattato di sicurezza che permetteva agli USA di mantenere truppe e basi militari in Giappone, nel 53 Tokyo viene ammessa al FMI, nel 56 allONU. Il Giappone rientrava così nella scena internazionale inserendosi a pieno titolo nella alleanza occidentale. Già nelle prime elezioni del 46 si affermò il partito liberale, nel 54 nacque il partito liberal democratico che fu il protagonista del formidabile progresso economico tra gli anni 50 e 70. Il Giappone divenne uno dei principali esportatori di beni di consumo, conquistando la leadership mondiale in settori come l'elettronica, la cantieristica e la produzione di auto e moto. 10.7 la fondazione dello Stato di Israele e l'origine della crisi mediorientale Il sionismo, sentimento politico nazionalista che tendeva alla costruzione di uno stato ebraico laico, nacque alla fine dell800 in ambienti spesso atei e socialisteggianti, alimentato dalle discriminazioni e persecuzioni contro gli ebrei come i pogrom nella Russia zarista. La prima ondata migratoria iniziò nel 1880 ma solo una minima parte si stabilì in Palestina. Nel 1896 Theodor Herzl pubblicò “lo stato ebraico", con cui voleva dare una prospettiva politica concreta al sionismo, individuando mezzi e strategie per dare al popolo ebraico una patria. Nel 1997 il primo passo fu la costituzione della Organizzazione sionista mondiale che finanziò alcuni pionieri che acquistarono terre dagli arabi e i piantarono fattorie collettive. Solo all’inizio del 900 che il flusso migratorio verso la Palestina, proveniente soprattutto da Russia e Polonia, si fece più intenso, spesso erano giovani animati da ideali socialisti. Durante la prima guerra mondiale molti ebrei di Palestina si arruolarono nella Legione ebraica che combattè a fianco degli inglesi contro gli ottomani. Prima dell’inizio del conflitto l’OSM aveva deciso di affiancare al sionismo pratico anche il sionismo politico ossia pressioni alla comunità internazionale per ottenere il riconoscimento delle aspirazio i ebraiche in quell'area. Nel 1917 con la dichiarazione di Balfour il ministro degli esteri britannico dichiarava di vedere con favore la creazione in Palestina di un “ focolare nazionale ebraico". Le aspettative alimentate da questa dichiarazione fecero riprendere le migrazioni. ( stavolta da gente in fuga dai bolscevichi) In questa fase cominciarono a radicarsi nella comunità ebraica di Palestina le prime strutture stabili (sindacali, militari). Contestualmente arrivarono anche i primi conflitti con gli arabi che abitavano quelle terre timorosi che il progetto Balfour e il movimento migratorio mettessero in discussione la costituzione di uno stato arabo indipendente in Palestina. Per sedare le tensioni, nel momento in cui la Società delle Nazioni assegnò il mandato sulla Palestina alla GB, si pensò di dichiarare esplicitamente che non si mirava alla costruzione di uno stato ebraico, che l'idea di un focolare ebraico non riguardava tutta la Palestina e che in ogni caso non avrebbe avuto giurisdizione sugli arabi. (A questo seguirono provvedimenti restrittivi per le migrazioni ebree). Ma nonostante questo una nuova massiccia ondata migratoria, dalla Polonia nel 24 e dopo l'avvento del nazismo dalla Germania, si stabilì nelle città i piantando fabbriche e importando bagagli tecnico scientifici e denaro che diventarono il nucleo di base della borghesia futura. A causa di queste ondate degli anni 20 e 30 la convivenza con gli arabi diventò sempre più difficile. Erano i ricchi proprietari arabi palestinesi a vendere ai coloni, e le rigide regole delle comunità ebree permettevano solo ai loro membri il lavoro sulle terre “redente" aumentando la disoccupazione tra la popolazione araba. Le tensioni crebbero fino alla Grande Rivolta cui diedero vita gli arabi nel 36, le forze britanniche cercarono di reprimerla e cominciarono a pensare a due comunità nazionali separate. Nel 39 venne pubblicato il libro Bianco che ipotizzava la costruzione di uno stato bi nazionale con quote massime per gli ebrei. Dopo la 2° guerra crebbe la legittimazione alla creazione dello stato ebraico e con essa le tensioni con gli arabi. La GB rimise anticipatamente il mandato in seno all'Onu che disegnò i DUE stati con la risoluzione 181 del 1947. La proposta venne accettata a malincuore dagli ebrei ma non dagli arabi che ovunque organizzarono manifestazioni di protesta. La lega dei paesi arabi iniziò ad inviare volontari e nel 48, alla dichiarazione di indipendenza di Israele (immediatamente riconosciuto da quasi tutti gli stato ONU) gli eserciti dei paesi limitrofi attaccarono Israele. Nel 49 alla firma dell’armistizio i confini di Israele erano più estesi di prima. Con la risoluzione 194 l’ONU sancì il diritto al ritorno, mai applicato. Costituitosi su modello delle democrazie occidentali, Israele si dotò di strutture politiche e sociali molto avanzate. Il socialista Ben Gurion fu per oltre 10 anni primo ministro. In ambito economico il nuovo stato si caratterizzò per una peculiare commistione tra il capitalismo di stato del settore industriale e l'esperimento cooperativo delle comunità agricole (Kibbutzim). 10.8 la difficile decolonizzazione: tra modello inglese, francese, portoghese Il principio di autodeterminazione dei popoli, richiamato da Wilson e dall’internazionale socialista nella prima guerra mondiale, non era stato seguito se non per la istituzione del Mandato, funzione di tutela che riconosceva una futura indipendenza delle nazioni sottoposte. Le potenze europee opposero netta resistenza alle richieste di autonomia e spesso attuarono dure repressioni. Tra le due guerre cominciò però a delinearsi un diverso modo di rapportarsi con i territori d'oltremare da parte delle due maggiori potenze coloniali. La GB assunse un atteggiamento abbastanza aperto e conciliante ad esempio in Mesopotamia dove nel 1921 furono creati gli Stati di Iraq e Transgiordania, diventati poi completamente indipendenti rispettivamente nel 32 e nel 46. Anche l’Egitto raggiunse la piena indipendenza nel 36. Nel 1926 Londra costituì il Commonwealth “comunità autonome ed eguali in seno all'impero” che permetteva di mantenere rapporti commerciali con le ex colonie diventate indipendenti. Solo per l’India le cose andarono diversamente. La seconda guerra mondiale, oltre a segnare la definitiva fine del primato europeo, impresse una svolta decisiva ai processi di decolonizzazione che furono il risultato di decisioni prese a livello internazionale e di rivendicazioni autonomistiche dei popoli. (Soprattutto in Asia) Nel 45 con la Carta delle Nazioni Unite si tornò all'istituto del mandato, vincolando le potenze coloniali a tempi precisi per la autonomia degli stati subordinati. Mentre la GB aveva avviato un processo di lenta emancipazione, la Francia continuava a mantenere il potere assoluto, emblematica fu la vicenda indocinese. La F aveva perso durante la guerra il controllo dell’Indocina, e non accettò che venisse proclamata la Repubblica democratica del Vietnam, ne scaturì a partire dal 46 un sanguinoso conflitto che la F non fu in grado di controllare nonostante l'aiuto ricevuto dagli USA i quali temevano che l’indipendenza vietnamita favorisse l’espansionismo sovietico (le forze indipendentiste erano a maggioranza comuniste). I francesi furono definitivamente sconfitti nel 1954 e finì la presenza francese in tutta la penisola. Nonostante questa esperienza la F sembrò non aver capito la lezione quando furono le colonie nordafricane a chiedere l'indipendenza. Marocco e Tunisia riuscirono dopo dure lotte e repressioni ad ottenerla nel 1956, ma la Algeria era considerata dalla F come un prolungamento del suo territorio e lo scontro assunse proporzioni drammatiche con uso di tortura da parte francese. Culminò con la battaglia di Algeri del 1957 portando la quarta repubblica al tracollo. Davanti al pericolo di un golpe da parte dei militari di stanza in Algeria, la situazione si risolse solo con il ritorno di De Gaulle che condusse i negoziati con gli algerini. L'Algeria ottenne piena indipendenza nel 62. De Gaulle propose alle rimanenti colonie francesi in Africa un regerendum per scegliere se restare nella nuova communautè française pensata come una federazione dei territori di oltremare e Parigi. Accettarono tutte tranne la Guinea. Il 1960 verrà definito l'anno dell'Africa perché ottennero l'indipendenza 17 paesi. Il processo venne pilotato dalle potenze europee seco do criteri non sempre coerenti, anzi diversi in base agli interessi in gioco. In alcuni casi rimasero al potere le comunità di bianchi che instaurarono un sistema di segregazione razziale. Il caso più drammatico fu il Congo belga emancipato nel 60 ma profondamente arretrato e oggetto di interessi delle compagnie minerarie. L'ultimo paese a rinunciare alle colonie fu il Portogallo, Angola e Mozambico, Guinea Bissau e Capo verde divennero indipendenti solo nel 74, 75. 10. 9 Unione indiana e Pakistan: la difficile i dipendenza dell'India Già da fine 800 l'India aveva lottato duramente per l'indipendenza dalla GB senza riuscirvi. Rappresentava il fiore all'occhiello del vasto impero britannico ed era una regione chiave per l'economia della madrepatria. Dopo la 1GM il governo britannico, tenuto conto del contributo dato dagli indiani alla guerra, fece importanti passi verso l’autogoverno nel 1919 ed estendendoli nel 1935, ma il movimento indipendentista si era radicalizzato e considerava le concessioni insufficienti. Alla guida del movimento si pose fin dal 1919 Gandhi con la filosofia non violenta della resistenza passiva, intendeva combattere anche l'estremismo religioso e il sistema delle caste. Fu ucciso da un fanatico indù nel 48, in tempo per vedere la conquista dell'indipendenza del suo paese. Infatti nel 1947 il governo britannico presieduto dal laburista Attlee stabilì la divisine del territorio indiano nei due stati dell Unione indiana (maggioranza indù) e del Pakistan (maggioranza mussulmana). La divisione non risolse la tensione tra le due popolazioni ed anzi aggiunse il problema dell’esodo delle minoranze che coinvolse 17 milioni di persone. Già nel 48 iniziò un conflitto per il Kashmir, risolto dall'Onu con lo smembramento della regione ma gli scontri ripresero tra gli anni 50 e 60. L'unione indiana definì il suo assetto istituzionale costituendosi come Repubblica federale con un forte accentramento di potere al governo centrale. Nehru fu il primo ministro dell'Unione dalla indipendenza fino alla morte nel 64, avviò un difficile processo di modernizzazione e consolidò la democrazia indiana garantendo ampia libertà di espressione. In politica estera, neutralista e anticolonialista, fu tra i promotori del movimento dei Paesi non allineati. (Ma tentò di espandersi nei paesi confinanti). La questione dei confini con il Tibet fu alla origine del conflitto sino indiano che scoppiò nel 62. Alla morte di Nehri il successore restò in carica per solo due anni, nel 66 la direzione del partito e del paese fu assunta dalla figlia Indira Gandhi che governò fino al 84, quando rimase vittima di un attentato da parte di separatisti. Per il Pakistan le cose furono più complicate, il paese impiegò diversi anni per dotarsi di una costituzione nel 56 e anche dopo le drammatiche condizioni economiche e una classe politica debole e corrotta lasciarono ciclicamente spazio all'esercito. Nel 1971 il Pakistan orientale si ribellò definitivamente e nella guerra contro il governo centrale di Islamabad e con l'appoggio dell'Unione indiana riuscì a ottenere l'indipendenza e fondare lo stato del Bangladesh. 10.10 i paesi non allineati fra terzomondismo e sottosviluppo USA e URSS condividevano l’anticolonialismo, gli USA in quanto ex colonia e proprio Wilson aveva indicato nel principio della autodeterminazione dei popoli la strada per una convivenza internazionale pacifica, la URSS condannava l'imperialismo come la degenerazione ultima del capitalismo. In base a questa concorde visione USA e URSS avevano respinto nettamente l'idea di mantenere in vita il sistema coloniale e ritenevano che i paesi colonizzati avrebbero dovuto passare attraverso un periodo di amministrazione mandataria temporanea o ottenere subito l'indipendenza. Con l'inizio della guerra fredda però le cose cambiarono perché in gioco non cera più solo la decolonizzazione ma la necessità di costruire reti di alleanze che no alterassero il delicato equilibrio geopolitico. Fu però il divampare delle lotte di liberazione dei popoli delle colonie che resero la decolonizzazione un percorso obbligato. Allargandosi di fatto a nuove aree del mondo lo scontro bipolare USA e URSS finirono in molti casi per intervenire direttamente o indirettamente , nei paesi di recente indipendenza e lo fecero secondo i tradizionali schemi della politica di potenza. Nel 1954 i cinque stati del gruppo di Colombo (capitale di Ceylon) ovvero India, Pakistan, Ceylon Birmania Indonesia, decisero di invitare a una conferenza afroasiatica le ex colonie. Nel 1955 si incontrarono a Bandung, Indonesia, 29 paesi per discutere la propria condizione di sistemi arretrati economicamente nel quadro complessivo della guerra fredda. Nonostante la comune avversione al colonialismo cera il rischio che tra i presenti si delineassero posizioni filoccidentali o filosovietiche ma prevalsero toni moderati. Riferendosi alla conferenza di Bandung il demografo antropologo Alfred Sauvy coniò l'espressione terzo mondo per indicare quei paesi resisi indipendenti dopo la 2GM che chiedevano il riconoscimento del proprio ruolo politico ed economico sul piano mondiale. Diretta conseguenza di queste premesse fu l'iniziativa presa da Tito nel 56, che invitò il primo ministro Indiano Nehru e il leader egiziano Nasser per proporre loro un progetto di ristrutturazione complessiva dei rapporti internazionali: l'adozione di una politica di neutralità rispetto ai blocchi della guerra fredda. Nel 1961 si svolse a Belgrado la prima conferenza dei paesi non allineati, parteciparono 25 stati ed il movimento riuscì a mantenersi fedele al progetto di neutralità, concentrandosi sulla cooperazione economica. I temi del terzomondismo e del non allineamento furono al centro di una crescente attenzione negli anni 60 e 70, cosi come il concetto di sottosviluppo poi modificato in in via di sviluppo. Capitolo 11 Il 1956 11.1 il XX congresso del PCUS: prove di disgelo Gli anni 50 segnarono un primo passo verso la distensione dei rapporti tra le due superpotenze, a favorire questa inversione fu, nel marzo 1953, la morte di Stalin, ideatore delle sfere di influenza dell’URSS in Europa dopo la fine della 2GM. L'anno precedente Eisenhower era succeduto a Truman, dunque il mondo bipolare uscito dalla guerra perdeva i suoi artefici. Pochi mesi dopo la morte di Stalin era stato nominato segretario di partito Nikita Chruscev che si presentava come colui che, dopo anni di accentramento monocratico del potere, avrebbe ridato voce al partito nella sua collettività. Chruscev volle sottolineare il cambiamento anche in economia, dando più spazio all'agricoltura e indirizzando l'industria anche verso la produzione di nuovi macchinari per modernizzare l'agricoltura. In politica estera promosse l'avvicinamento verso la democrazia popolare di Tito e ritirò le truppe sovietiche dalla Austria in cambio dell'assicurazione che il paese rimanesse neutrale. Al XX congresso del partito comunista Chruscev presentò un rapporto in cui condannava la gestione accentratrice di Stalin e tutte le nefandezze compiute dallo stalinismo. Il rapporto arrivò in occidente, addirittura sul New York Times. Il processo di destalinizzazione aprì all'interno dellURSS speranze di cambiamento che in parte trovarono risposta (amnistie per prigionieri politici, chiusura del Cominform) Le stesse speranze di rinnovamento furono invece drasticamente bloccate invece nei paesi satelliti. Khruscev fu il primo a sostenere, incontrando il favore statunitense, che sarebbe stata possibile una coesistenza pacifica se il mondo fosse rimasto diviso in due sfere di influenza ben precise ed entrambe le superpotenze avessero potuto disporre di un arsenale militare non troppo dissimile. Ma mentre in Europa si poteva assistere ad una definitiva stabilizzazione, nel resto del mondo i processi di decolonizzazione fecero tornare vivi gli antagonismi. 11.2 speranze di libertà: Polonia e Ungheria La timida politica riformatrice in URSS aveva alimentato le speranze dei paesi satelliti di veder diminuire se non abbattere il ferreo controllo subito. nel giugno 56 gli operai e i contadini polacchi diedero il via alle prime manifestazioni contro il regime, lo sciopero dei lavoratori di Poznan fu represso dalla polizia e dalle truppe sovietiche ma le manifestazioni continuarono fino a quando una nuova ondata di proteste si spinse a chiedere libere elezioni e il ritiro delle truppe di Mosca. I dirigenti più giovani del partito, convinti che per uscire dalla crisi si dovesse promuovere una via polacca al socialismo senza però mettere in discussione l'alleanza con lURSS, appoggiarono la nomina di Gomulka alla guida del partito. Gomulka era stato in carcere accusato di simpatie titine, ma poi riabilitato grazie alla svolta di Khruscev. Gomulka nell’assumere il mandato, riconobbe immediatamente la necessità per la Polonia di rimanere all'interno del Patto di Varsavia, ma ottenne in cambio da Mosca il definitivo abbandono dei territori polacchi da parte dell’armata rossa e intraprese una serie di riforme. Molto diverso invece fu l'esito dell’insurrezione in Ungheria. L'insofferenza sempre latente nei confronti degli “occupanti” si espresse nella nomina di Imre Nagy alla guida del governo nel luglio 1953. Nagy cercò di avviare un programma di riforme e promosse l'amnistia di alcuni detenuti politici ma incontrò la ferrea opposizione del segretario del partito comunista ungherese Matyas Rakosi che lo costrinse ad abbandonare il governo. Nel 56 in concomitanza con le prime manifestazioni polacche, le strade di Budapest si riempirono di manifestanti, lo stesso Khruscev impose a Rakosi le dimissioni ma anche il suo successore decise di reprimere brutalmente una manifestazione studentesca accendendo la scintilla della vera e propria insurrezione. Su pressione dei manifestanti la direzione del governo fu nuovamente affidata a Nagy, si venne a creare cosi una insanabile contrapposizione tra il partito e Nagy che era diventato il punto di riferimemto della popolazione in rivolta che chiedeva la democratizzazione della vita del paese. Nagy e gli insorti arrivarono a chiedere la fine del sistema monopartitico, il ritorno a libere elezioni, l'uscita della Ungheria dal patto di Varsavia e il riconoscimento di paese neutrale. In risposta le truppe sovietiche occuparono la capitale nel novembre 56, fu costituito un nuovo governo fedele a Mosca e Nagy fu arrestato e condannato a morte. 11.3 dall’affermazione dello stato nasseriano alla crisi di Suez Nel 1952 viene proclamata la repubblica di Egitto destituendo il re per mano militare. Nel 54 diventò capo del governo Gamal Abd al Nasser che inaugurò un'epoca di riforme politiche ed economiche. In particolare varò una importante riforma agraria per la cui realizzazione progettò l'ampliamento della diga di Assuan. Si orientò verso un deciso rigetto del colonialismo appoggiando il movimento di liberazione algerino e facendosi promotore in Africa dei paesi non allineati. Gli USA, ansiosi di estendere la propria influenza nell'area mediorientale, proposero di finanziare il progetto della diga di Assuan con un cospicuo prestito ma quando Nasser propose al Patto di Varsavia un accordo commerciale armicotone, la posizione di Washington si raffreddò. Ancor più gli USA si allontanarono quando Nasser riconobbe la Repubblica Popolare Cinese nel 56. Come ritorsione per il mancato appoggio americano Nasser annunciò la nazionalizzazione del canale di Suez. Questa decisione confliggeva con gli interessi della GB che vedeva messo in discussione il suo primato sul Mediterraneo e Mar Rosso, e anche con quelli francesi, visto che la compagnia universale del canale di Suez era una comproprietà anglofrancese. Quindi GB e Francia si schierarono subito contro l'iniziativa di Nasser. Inoltre entrambe F e GB dipendevano dal petrolio mediorientale e anche per Israele c’era il timore di veder compromesso il traffico marittim?o verso il suo nuovo porto di Eliat. Gli USA preoccupati di non far cader l'Egitto nella sfera russa, convocarono una conferenza internazionale a Londra proponendo la libera navigazione attraverso Suez, perché pensavano che l'uso della forza avrebbe fatto esplodere le tensioni nel medioriente. Invece F, GB e Israele attaccarono l'Egitto ottenendo un rapido successo militare. Sul piano politico fu invece un disastro che mise in imbarazzo gli USA , lURSS minacciò di intervenire in aiuto allEgitto, anche lONU condannò l'azione di F GB e Israele. Quando Eisenhower minacciò ritorsioni economiche gli invasori si ritirarono. LONU istituì per la prima volta una forza di emergenza per il peacekeeping. Sconfitto militarmente Nasser divenne però una sorta di eroe per le popolazioni arabe. La URSS promise i finanziamenti diga di Assuan. Il successo diplomatico di Nasser scatenò in tutte le regioni mediorientali un'ondata di furore panarabo, nel 58 Egitto e Siria si unirono nella repubblica araba unita ( durò solo 3 anni) e i nazionalisti arabi rovesciarono la monarchia irachena. All'interno dell Egitto però, Nasser si trovò a fronteggiare il gruppo radicale della fratellanza musulmana, nato nel 1928, rivolgendo loro la prima delle persecuzioni che seguirono poi in tutte le repubbliche mediorientali. La dottrina Eisenhower fu di sostenere senza riserve l’indipendenza di ciascuna nazione del medioriente, aiutando quelle che eventualmente avessero chiesto aiuto contro l'aggressione comunista. Nel 58 per impedire che l'ondata panaraba unita potesse dilagare, USA e GB inviarono truppe in Libano e Giordania per soffocare i nascenti movimenti di ribellione dell'estremismo arabo. 11.4 il concilio vaticano II come momento di svolta Nel 58 diventò papa Giovanni XXIII, Roncalli, e segnò una svolta decisiva per la chiesa cattolica. Iniziò un intenso dialogo ecumenico, anche con realtà esterne e ostili alla chiesa, forte del suo carisma personale e con modi miti e semplici. I due principali documenti furono le encicliche Mater et Magistra del 61 che rilanciava il pensiero sociale cattolico richiamando la Rerum novarum di LeoneXIII, condannando i popoli ricchi nello sfruttamento delle colonie e invitando ad un riformismo economico e politico orientandoli al principio di equità. Nel 63 pubblicò Pacem in Terris in cui invitava i potenti della terra al dialogo e alla collaborazione e apriva una porta al confronto con le altre religioni. Indisse poi un concilio, cosa sorprendente perché prima di allora erano stati convocati solo per discutere questioni interne alla chiesa e alla dottrina. Il concilio vaticano II iniziò nel 62 e il papa chiarì che ci si sarebbe dovuti occupare della aggiornamento della missione della chiesa nel mondo. Affrontò i temi della libertà religiosa, dei rapporti con le chiese ortodosse, ebrei islam, la revisione della liturgia, il coinvolgimento dei laici e la visione della religione come esperienza di vita. Questa apertura alle istanze di un mondo che cambia venne interpretata da molti cattolici con la creazione delle Comunità cristiane di base, alcune delle quali si connotarono per un impegno politico sempre più netto con la nascita dei cattolici del dissenso. Molti frequentatori di queste comunità confluirono in partiti di sinistra o nel movimento studentesco del 68 o diventarono preti operai. In America latina nacque la Teologia della liberazione, condannata poi dalla chiesa di Roma. Capitolo 12 Lo scontro est ovest e la sua ricaduta nelle politiche nazionali 12.1 la Francia dalla quarta alla quinta repubblica: l'affermazione del gollismo L'eroe nazionale francese De Gaulle dichiarò la non esistenza del regime di Vichy e si pose come legittimo rappresentante della repubblica francese. L'inclusione della Francia tra i vincitori le permise di mantenere le colonie, le fu assegnata una zona di occupazione in Germania e le fu attribuito un seggio permanente nel consiglio di sicurezza dellONU. Come capo del governo provvisorio De Gaulle nel 45 indisse un referendum per decidere se dotare la F di u a nuova costituzione e assieme fu votata l'assemblea costituente. Spiazzato dal successo delle sinistre, De Gaulle si dimise nel 46. L'assemblea varò un testo improntato sul parlamentarismo assoluto che venne respinto al referendum. Una seconda assemblea e un secondo testo con un sistema simile al nostro fece nascere la quarta repubblica francese. Già nel 47 però, con il piano Marshall il patto di collaborazione tra i partiti si sciolse e la solidarietà nazionale antifascista venne meno, iniziò così un periodo di instabilità politica che non impedì comunque importanti risultati per la ricostruzione economica. (Nazionalizzazioni e innovazioni tecnologiche diedero slancio alla economia, si gettarono le basi del processo di unificazione eu) La credibilità dei governi si abbassava anche per i problemi con la gestione delle colonie: sconfitta in Indocina e insurrezione di Algeria. Proprio per risolvere il problema di Algeri, quando vi si installò una giunta militare con aspirazioni golpiste, De Gaulle fu chiamato a formare un governo di emergenza nazionale cui venne demandato il potere di riformare la costituzione. Il nuovo testo proposto a referendum fu approvato nel 58 dando vita alla Quinta Repubblica semi presidenziale. (Una riforma del 62 stabilì poi che il presidente sarebbe stato eletto a suffragio universale diretto) De Gaulle fu eletto presidente pochi mesi dopo. Nel 62 la crisi algerina finì con l'indipendenza dellAlgeria. La nomina del primo ministro Pompidou completò il quadro di potere di De Gaulle, che nel 60 con la costruzione dell’atomica francese, intenzionato a fare del suo paese il perno di una grande Europa sganciata il più possibile dagli USA, nel 63 pose il veto sull’ingresso della GB nella CEE. Nel 64 riconobbe la Cina comunista, nel 66 decise di ritirare il contingente francese dalla NATO e revocò l'uso delle basi militari agli USA e condannò l’attacco americano in Vietnam, nel 67 condannò Istraele per la guerra dei 6 giorni schiera dosi con lURSS. In occasione del maggio francese del 68, quando la Francia rimase paralizzata dagli scioperi, con il rischio che la situazione degenerasse in rivolta, De Gaulle affidò a Pompidou le trattative con i sindacati, sciolse le camere e i disse nuove elezioni facendo appello al desiderio di ordine e stabilita dei francesi. Il suo partito ottenne straordinari consensi. Nel 69 però, indetto un referendum sul nuovo piano di riforma del sistema regionale, il progetto fu bocciato e De Gaulle si dimise e poi si ritirò definitivame. 12.2 L'Italia dal referendum istituzionale al centro sinistra Nel giugno 45 a guidare il governo che avrebbe dovuto avviare la ricostruzione fu chiamato Ferruccio Parri, un leader del Partito d’Azione che volle dare forti segnali di rottura col passato. In particolare due le proposte: 1 epurazione diretta dei quadri della PA e di tutti i dirigenti compromessi con la dittatura, 2 forte tassazione sui profitti di guerra e grandi imprese. Entrambi questi provvedimenti incontrarono l'opposizione delle forze moderate e costrinsero Parri alle dimissioni. Il nuovo esecutivo, ancora composto dalla coalizione antifascista, venne affidato al DC De Gasperi che accantonò le temute riforme economico finanziarie e ridimensionò l’epurazione in virtù della AMNISTIA varata nel 46 dal ministro della giustizia Togliatti. Il governo fissava i compiti della assemblea costituente e stabiliva di affidare al referendum del 2 giugno la scelta istituzionale. Con il decreto per la convocazione dei comizi elettorali si estendeva anche alle donne il suffragio passivo (il diritto di voto era stato concesso nel 45). Re Vittorio Emanuele abdica in favore di Umberto II già luogotenente, sperando di salvare la monarchia mettendola nelle mani di un Savoia non compromesso col fascismo, ma il referendum scelse la repubblica e i Savoia dovettero andate in esilio. Le elezioni per la costituente videro l'affermazione dei tre grandi partiti di massa, DC PSIUP, PCI. La costituzione repubblicana entrò in vigore dal gennaio 48 e fu il risultato di un alto compromesso tra il personalismo cattolico, il garantismo liberale e i principi di eguaglianza e solidarietà socialisti. Segue descrizione del sistema parlamentare italiano. Mentre in seno alla assemblea costituzionale i diversi partiti riuscirono a collaborare, molto maggiori furono le difficoltà che incontrò il nuovo governo de Gasperi DC PSIUP PCI: socialisti e comunisti si muovevano in sintonia con un programma riformatore che appoggiava le rivendicazioni dei lavoratori, la DC, unica rappresentante delle forze moderate, si proponeva come garante dell'ordine sociale e della stabilità politica. A fine 46 viene fondato il MSI per iniziativa di esponenti del passato regime fascista come Almirante. All'inizio del 47 dal PSIUP di separa l'ala “autonomista” di Saragat che fonda il PSLI che poi difenderà PSDI. I “fusionisti” di Nenni ripresero il nome storico di PSI. Risultato immediato fu l'uscita dal governo dei rappresentanti del PSLI e il nuovo governo Degasperi sostenuto da DC PCI PSI. ( il Partito d'azione intanto era confluito in parte nel PSI, parte nel PRI) La guerra fredda contribuì a mettere in crisi la collaborazione tra i tre partiti: quelli riconducibili al blocco sovietico dovevano essere tenuti a margine, tanto più che Degasperi aveva fatto un viaggio negli USA ed era tornato convinto che fosse necessario per instaurare u rapporto di fiducia con gli USA. Intanto nelle elezioni amministrative crescevano i consensi per le sinistre. In occasione del 1 maggio 47 si erano riuniti lavoratori a festeggiare anche i risultati elettorali a Portella della Ginestra, il bandito Salvatore Giuliano fece una strage, la CGIL ( allora sindacato unitario) organizzò scioperi mettendo sotto accusa i latifondisti e mafiosi, di fronte alle crescenti tensioni De Gasperi decise mi mettere fine al suo terzo esecutivo e cercare una maggioranza di governo più moderata. Il nuovo esecutivo incluse ministri liberali e repubblicani. Si chiudeva così definitivamente la alleanza antifascista e la nuova discriminante sarebbe stata tra comunismo e anticomunismo. La regola non scritta fu quella della conventio ad excludendum, per cui la destra del MSI e la sinistra del PCI sarebbero state rappresentate in parlamento ma non avrebbero potuto accedere al governo. De Gasperi inaugurò così una lunga fase di centrismo, fondata sull’alleanza tra DC e partiti minori e che sarebbe durata tutti gli anni 50. Le prime elezioni del 48 si tennero in un clima tutto giocato sul rischio di entrare sotto la sfera d'influenza sovietica e sulla promessa dei benefici derivanti dagli aiuti americani. Inoltre il Vaticano si era schierato pesantemente a fianco della DC che infatti guadagnò il 48% dei consensi. Le proteste dei lavoratori però non si sopirono. Quando Togliatti rimase ferito in un attentato milioni di lavoratori scesero in piazza ma la situazione fu riportata alla calma. La crisi produsse la rottura del sindacato unitario che si scisse in CGLI, CISL UIL. In ambito economico De Gasperi continuò a portare avanti una politica liberista deflativa, ma i costi sociali della ricostruzione finirono per accentuare il dualismo tra nord e sud. Nel 1950 si varò la riforma agraria e fu istituita la Cassa del Mezzogiorno. La chiesa premeva per spostare a destra l'asse del governo e nel 49 emanò la scomunica per i comunisti. Le difficoltà della coalizione centrista si videro soprattutto in occasione dell'adesione al patto Atlantico nel 49, alle amministrative la DC ridimensionò i consensi e per paura di non poter esprimere una maggioranza nel parlamento successivo, presentò un progetto di modifica della legge elettorale. La legge Scelba prevedeva un premio a chi avesse ottenuto il 50% dei seggi. Definita legge truffa, non servì a niente perché nel 53 la DC non raggiunse la soglia e tornava in parlamento sempre come partito di maggioranza relativa, ma con 8 punti in meno. Nel corso della legislatura fu comunque al governo la DC con monocolori o centristi ma in una sorta di transizione. La morte di Stalin nel 53,il nuovo corso di Chruscev, e la questione ungherese cambiarono le cose. Infatti mentre Togliatti approvò le scelte di Mosca, Nenni se ne distaccò definitivamente, sancendo così la possibilità di collaborazione co la DC. Nel frattempo era diventato segretario DC Fanfani che lavorò per mantenere unito il partito nonostante il fiorire di correnti interne e per entrare maggiormente nelle stanze del potere economico. Il ministro del bilancio Vanoni presentò un piano di programmazione economica con 3 obiettivi. 1 riassorbimento della disoccupazione 2 attenuazione divario nord sud 3 pareggio di bilancio. Fu Istituito il Ministero delle partecipazioni statali estendendo il ruolo dello stato in economia. Già esisteva dal 53 lEnte nazionale idrocarburi che sotto Mattei aveva dimostrato capacità di attirare risorse. Il piano Vanoni rimase sostanzialmente inattuato a causa della vocazione liberista del capitalismo italiano ma la DC cercava una maggiore autonomia dalle forze moderate. Il processo di “apertura a sinistra" fu accelerato da tre fattori, 1 il risultato delle elezioni politiche nel 58 sostanzialmente immodificato, 2 il pontificato di Giovanni XXIII, 3 la elezione nel 60 del democratico Kennedy a presidente USA. La opposizione di piazza al governo monocolore DC Tambroni che ottenne la fiducia dal MSI dimostrò che non erano possibili alleanze a destra. Il successivo governo Fanfani detto di “restaurazione democratica" vide l'astensione del PSI e ottenne il voto di PRI e PSDI. Prima di vedere la partecipazione diretta del PSI al governo si aspettò il 63 con Moro. Ma gli accordi tra DC e PSI per le riforme da attuare furono definiti nei 3 anni precedenti. Tra il 58 e il 64 culminò il miracolo economico italiano, che da un lato determinò eccezionale crescita di produzione e consumi, dall'altro non eliminò squilibri sociali preesistenti come la qualità di vita degli emigranti meridionali. Nei primi anni di collaborazione DC PSI quando ancora il governo si reggeva sulla astensione del PSI, furono varate la nazionalizzazione dell ENEL e la riforma della scuola media unificata. Le elezioni del 63 videro il calo della DC e il successo del PLI e si capì che il solo modo di proseguire con la alleanza centro sinistra era quello di svuotarla di ogni carica riformatrice. Il tentativo di bloccare il programma DC PSI ebbe anche aspetti preoccupanti come il Piano Solo e il rischio di una involuzione autoritaria. 12.3 la Gran Bretagna: dai laburisti ai conservatori e ritorno I 20 anni che seguirono la IIGM furono caratterizzati in GB da un'intesa riformatrice e dalla consensus policy tra i due maggiori partiti che condividevano alcuni basilari punti programmatici e traeva origine dal clima di solidarietà nato durante la lotta contro la Germania. Questo programma comprendeva l'accettazione dell'economia mista, la costruzione del Welfare State e il conseguimento della piena occupazione. In politica estera condivideva il principio della decolonizzazione, l'appoggio al Commonwealth, l'appartenenza alla NATO e la dotazione autonoma della bomba atomica. Nel 45 vincono i laburisti con Attlee, legato alla tradizione del new liberalism di inizio secolo, che attuerà un vasto piano riformatore ispirato dal liberale Beveridge: Furono nazionalizzati la Banca d'Inghilterra, i trasporti, l'elettricità e il gas, il carbone e circa il 20% dell'industria. Si elevarono i sussidi di disoccupazione e malattia, si nazionalizzò il sistema sanitario, si alzò l'obbligo scolastico a 15 anni. Questo servì a ridurre le diseguaglianze e fu ritenuto un presupposto per una società più equilibrata e solidale. Le difficoltà erano molte per la difficile situazione post bellica, il governo impose una politica di austerità e svalutò la sterlina, ma questo assieme agli aiuti del piano Marshall, fece uscire la GB dalla crisi. Nel 51 ritornano i conservatori con Churchill 77enne che non modificò le scelte fatte dal governo precedente ed anzi potenziò il Welfare State. Nel 52 fu incoronata Elisabetta II. Nel 63 ci fu il primo veto della F all'entrata della GB nella CEE. I conservatori rimangono al potere fino al 64 quando vinsero i laburisti con Wilson che riuscì a infondere tranquillità e ottimismo. Ma in breve la situazione era molto cambiata, la società era in fermento e nella seconda metà degli anni 60 una gravissima crisi economica, le proteste nazionalistiche in Galles e Scozia e Nord Irlanda, la presenza di molti immigrati dalle ex colonie, le rivendicazioni sindacali specie dei minatori, e l'appoggio alla guerra del Vietnam, costarono a Wilson il fallimento. Nel 67 il secondo veto francese all'ingresso della GB nella UE e l'incapacità di portare a termine le riforme promesse, segnarono il passaggio al partito conservatore con le elezioni del 1970. La politica del consenso era finita, la GB aveva perso l'originale prestigio internazionale e continentale, ma nel 73 entra nella UE. 12.4 lAmerica Latina: dai populismi ai regimi militari In America Latina la crisi del 29 aveva evidenziato le debolezze strutturali di un economia che si basava solo sulla esportazione di materie prime, travolti dal crollo dei prezzi, i paesi sudamericani avevano avviato regimi di stampo autoritario. Questi regimi avevano promosso un crescente intervento dello stato in economia con vaste nazionalizzazioni e adottato misure protezionistiche e autarchiche. Il nuovo modello economico sarà poi definito industrializzazione per sostituzione delle importazioni, visto che puntavano a favorire la crescita dell'industria nazionale e a fabbricare localmente i prodotti che prima acquistavano dall'estero. L'immaginario diffuso concepiva la società come un organismo armonico e omogeneo, questo ostacolò per molto tempo l'accettazione delle forme della democrazia rappresentativa fatta inevitabilmente di pluralismo e conflittualità. I regimi autoritari e nazionalisti però si scontravano con gli interessi delle grandi corporation americane, inoltre dal 45 si aggiunsero gli interessi geopolitici degli USA intenzionati a mantenere il tradizionale panamericanismo che avrebbe garantito la supremazia americana i tutto il continente tenendolo fuori dalla influenza sovietica, cosi nel 48 istituirono lOrganizzazione degli Stati americani. In Argentina il colonnello Peron governò il paese dal 46fino al 55 quando venne rovesciato dalla cd revolucion libertadora, ma poi tornò nel 73 e rimase al potere un anno prima di morire. Il regime peronista promosse una modernizzazione antiborghese e antiliberale, fondata sul nazionalismo e antimperialismo, su una ampia distribuzione della ricchezza e sulla dottrina sociale cattolica. Tutto questo plasmato dal mito della armonia sociale e politica che aveva il proprio fondamento nella identità nazionale latina e cattolica. Peron governò col sostegno della Chiesa, delle classi lavoratrici e meno abbienti, e del carisma della moglie Evita che creò un legame quasi mistico con le masse. In economia perseguì una terza via tra socialismo e capitalismo, nazionalizzò importanti settori, adottò piani quinquennali per favorire l’industrializzazione e varò una vasta legislazione sociale. Ma la produttività scese drasticamente e aumentò l'inflazione. Peron voleva che l'Argentina diventasse un polo di attrazione per i paesi ispanici latinoamericani, i dipendente dagli schieramenti bipolari. Cd. Dottrina della terza posizione. In Brasile vi furono vicende analoghe, nel 30 i militari avevano portato al potere Vargas, che nel 37 i pose una dittatura populista chiamata Estado Novo. Anche egli fautore della terza via e duramente oppressivo nei confronti delle opposizioni. Nel 1964, temendo che le sue politiche radicalizzassero i ceti popolari, i militari ripresero il potere e imposero un regime repressivo che teneva sotto rigido controllo la vita politica e incoraggiava l'afflusso di capitali stranieri. Anche in Messico con Cardenas tra il 34 e il 40 il regime populista impose un sistema a partito unico. La rivoluzione cubana, che abbattè la dittatura di Batista nel 59, colpì cospicui interessi statunitensi, in risposta gli USA imposero all'Isola sanzioni fino al completo embargo. Chruscev si impegnò invece a comprare lo zucchero cubano a prezzo pieno, e l'avvicinamento allURSS i dusse a concepire e finanziare un intervento di esuli cubani contro Castro che nel 61 sbarcarono presso la Baia dei porci ma fallirono. Nel 62 ci fu la grave crisi internazionale, mentre Cuba divenne il punto di riferimento e modello per i movimenti rivoluzionari latinoamericani. Il Che stesso esportò la guerriglia prima i Africa poi in America Latina e fu seguito da molti intellettuali, studenti, sacerdoti della Teologia della Liberazione. Gli anni 60 videro una crescente polarizzazione ideologica e instabilità politica che portò all’instaurazione di regi i militari in molti Paesi. Definiti regimi burocratico militari perché l'esercito monopolizzava il potere politico e lasciava la gestione economica a tecnocrati civili, rilanciando l’accumulazione del capitale e aderendo alla alleanza occidentale con la promessa di garantire ordine e sviluppo. Negli anni 70 Queste dittature contribuirono a rinsaldare l'egemonia degli USA nell'area. In Uruguay nel 73 quando le tensioni sociali culminarono con il movimento dei Tupamaros, si instaurò una dittatura violenta e repressiva. In Cile le elezioni del 70 avevano portato Allende alla presidenza, che voleva costruire il socialismo si base democratica, il golpe guidato da Pinochet e appoggiato dagli USA lo rovesciò nel 73. 12.5 gli Stati Uniti e la risi del consenso liberale: fa Kennedy a Johnson Nel 60 vinse le elezioni il giovane repubblicano Kennedy, abile utilizzatore del nuovo mezzo televisivo. Il suo programma di rinnovamento si ispirava in politica interna, al roosveltiano new deal degli anni 30, e in politica estera a ribadire la centralità statunitense ma con particolare attenzione ai problemi della povertà e sottosviluppo. Accrebbe gli investimenti per il sistema missilistico e potenziò la ricerca tecnologica fino a portare l'uomo sulla luna, convinto che gli USA dovessero disporre di un potenziale strategico con cui rispondere alla minaccia russa, d'altro canto però accettò lo status quo in Germania e in Europa. La coesistenza pacifica veniva invece messa in crisi nelle aree del terzo mondo, dove la politica sovietica era particolarmente attiva. La crisi più grave scoppiò a Cuba, dopo il fallimento dello sbarco alla Baia dei Porci, Kennedy cambiò tattica escludendo Cuba dal nuovo accordo, tipo piano Marshall, per aiuti economici al Sud America. Intanto Castro si era avvicinato sempre più a Mosca e Khruscev nel 62 stava installando basi per missili nucleari a Cuba. Quando gli USA se ne accorsero Kennedy optò per una reazione meno aggressiva ( rispetto al timore di una guerra nucleare) disponendo un blocco navale per evitare l'arrivo dei missili. Chruscev non forzò il blocco e si trovò un accordo: niente base russa, in cambio nessuna ingerenza su Cuba da parte americana. In segreto l'accordo previde anche lo smantellamento dei missili nucleari NATO in Turchia. I due leader finivano per riconoscersi una reciproca legittimità, l’antagonismo perdeva i caratteri aggressivi e fortemente ideologici dei primi anni. In politica interna Kennedy aumentò notevolmente la spesa pubblica, ma nonostante il largo consenso non riuscì ad approvare tutte le sue proposte per la opposizione del Congresso anche tra i democratici. Intanto cresceva il movimento antisegregazionista, nel 55 56 in Alabama, attivisti organizzarono il boicottaggio xei mezzi pubblici e alla fine la Corte suprema decretò la anticostituzionalità della segregazione raziale sui bus. Questo successo spinse il movimento a continuare sulla strada delle proteste pacifiche, capeggiato da Martin Luther King. Nel 63 King organizzerà la grande marcia a Washington dove pronunciò il famoso I have a dream. L'anno successivo il senato varò la Civil Rights Act con la quale crollava il sistema di segregazione legalizzata. Kennedy fu assassinato nel novembre 1963, prima della promulgazione. Il movimento dei neri continuò e accanto ai non violenti di King si formarono gruppi separatisti che non escludevano la violenza per raggiungere l’unione di tutti i neri e la conquista del potere. Leader del black pride fu Malcom X che si era avbicinato ai Black Muslim. Intanto negli stati del sud continuavano ad essere presenti organizzazioni bianche razziste contrarie al processo di parificazione dei diritti. Il vicepresidente Lyndon Johnson subentrato alla morte di K, favorito dal boom economico, riuscì a far approvare al Congresso le principali riforme desiderate dal predecessore. (Assicurazione sanitaria per anziani e poveri, sussidi di disoccupazione, scolarizzazione di tutti anche se neri) Confermato nelle elezioni del 64, istituì commissioni per combattere le discriminazioni e varò una riforma elettorale per promuovere la partecipazione dei neri alla vita politica. Nonostante il forte incremento della spesa pubblica gli USA non diedero vita ad un Welfare state analogo a quello europeo, sia per la opposizione dei grossi centri di potere economico sia per la diversa impronta culturale. Nel 64 nacque all'università di Berkley California un movimento di contestazione giovanile contro la società americana vista come sistema di potere antidemocratico e autoritario mascherato dal benessere e conformismo e contro l'impegno americano in Vietnam. Proprio Johnson incrementò progressivamente le spese militari in quell'area. Sopraffatto dalle sconfitte e dalle proteste, nel 68 non partecipò alla corsa per le presidenziali. 12.6 alle origini dell’Unione europea L'idea di integrazione europea nasce dalla riflessione degli intellettuali e dei politici liberali, socialisti e democratico cristiani di fronte alla crisi delle democrazie tra le due guerre. Ricevette poi un impulso fondamentale dai vari movimenti nazionali di resistenza al nazifascismo. Alla fine degli anni 40, col crescere delle tensioni est ovest , l'idea prese forma in modo più concreto per due necessità: 1 scongiurare un altro conflitto causato dai nazionalismi e garantire una forte crescita economica, 2 creare un forte nucleo democratico da contrapporre al blocco sovietico. 9 maggio 1950 dichiarazione Shuman e immediata risposta positiva di Adenauer. 1951 firma a Parigi del trattato della CECA di F G I Belgio Olanda Lussemburgo. Con lo scoppio della guerra di Corea si diffonde il timore di un altro conflitto, stavolta est ovest, e ci si pone il problema del riarmo della Germania su pressioni americane e inglesi ma osteggiato dalla Francia che propone una soluzione: la costituzione di un sistema di difesa integrato dei paesi della CECA. Viene firmata quindi nel 52 l'istituzione della Comunità Europea di Difesa, con l'impegno a costituire poi una vera Comunità Europea Politica ( soluzione caldeggiata da De Gasperi). Questo primo tentativo di difesa comune fallisce, anche perché la morte di Stalin rende meno impellente la questione. Riprende invece il progetto europeista con la costituzione della CEE e dell Euratom nel 57 con il trattato di Roma. Se gli anni 50 furono quelli della nascita dell'Europa economica, il decennio successivo fu caratterizzato dall'idea di De Gaulle che la vedeva come una associazione di stati guidati da Parigi, nuovo soggetto autonomo rispetto alla contrapposizione USA URSS. Per realizzare questo progetto necessitava di due condizioni: 1 l'esclusione della GB troppo legata agli USA, 2 un legame sempre più forte tra F e Germania, sancito infatti con il trattato dellEliseo nel 63. La GB dopo due rifiuti riuscì ad entrare solo nel 73, assieme a Irlanda e Danimarca. Gli anni 70 e 80 furono fondamentali per lo sviluppo della dimensione economica, con il SME nel 78 (e la moneta unica nel 2002) La CEE dimostrò anche di influenzare la spinta verso la democrazia nei paesi sottoposti a regimi dittatoriali come Grecia Spagna e Portogallo che appena liberati entrarono nella CEE tra il 1981 e 86. Capitolo 13 I nuovi conflitti 13.1 il Vietnam La sconfitta dei francesi in Indocina per opera delle truppe nazionaliste e anticolonialiste dei Vietminh nel 1954, fu subito ratificata dalla conferenza di Ginevra ma era ormai chiaro che la questione andava oltre il colonialismo francese ed era inserita invece nelle dinamiche della guerra fredda. Proprio allIndocina si riferiva Eisenower con il concetto di “effetto domino". Dal 49 con la rivoluzione comunista cinese, gli americani avevano dato un significato nuovo alla guerra di liberazione vietnamita vedendola come il riflesso della influenza comunista in Asia. I francesi avevano appoggiato il ritorno al potere, nella parte meridionale, dellex imperatore di una regione storica, utilizzandolo come regime fantoccio contro Ho Chi minh. Gli accordi di Ginevra lasciarono in sospeso la questione della riunificazione del Vietnam, dividendolo temporaneamente in due zone: a nord la Repubblica democratica di Ho Chi minh con capitale Hanoi, a sud capitale Saigon controllo francese in attesa felle elezioni che avrebbero portato allunificazione. Di Laos e Cambogia invece si sancì l'indipendenza. Il Vietnam del nord ricevette aiuti da Cina e URSS e cominciò a riformare il sistema con un impianto socialista, modello di stato a partito unico, nazionalizzazione delle terre. I costi dall'operazione furono disastrosi, violenze e repressioni, campi di rieducazione. Gli USA, che non avevano firmato accordi a Ginevra per non riconoscere la Cina, ma che avevano capito che il Paese poteva diventare una diga all'espansione del comunismo, si mossero su due fronti: 1cercarono assieme alla F di trovare un leader anticomunista, 2 attivarono una alleanza per la area asiatica. 1 misero nel 55 al governo a Saigon l' anticomunista nazionalista cattolico Ngo dinh Diem 2 attivarono la SEATO Ma il progetto sarebbe andato in fumo se si fossero fatte le elezioni, nessuno però le pretese e Diem si dedico ad una sistematica repressione sia dei viet minh che di qualsiasi gruppo contrario alla sua leadership anche solo a livello religioso. Nasce quindi il fronte di liberazione nazionale per riunire tutti gli oppositori che verranno erroneamente definiti vietcong = comunista vietnamita. Il programma prevedeva parità uomo donna, libertà di religione, neutralità del Paese, rivitalizzazione dell'economia, riduzione canoni d’affitto per le terre, rientro in patria dei consiglieri americani. Il Frnte traeva legittimità come erede dei vittoriosi viet minh e si batteva per la riunificazione. Intanto gli americani erano preoccupati dalle numerose minacce: crisi di Cuba, muro di Berlino, rivolta algerina, filocomunisti in Laos e Cambogia. L'amministrazione Kennedy allora aumentò gli aiuti e la presenza di consiglieri americani nel Vietnam del sud. Tra il 62 e 63 l'opposizione contro Diem si fece più estesa e perfino gli americani lo abbandonarono, un colpo di stato lo spodestò a fine 63. Nonostante la presenza americana si intensificasse il regime non riusciva ad avere la meglio sulla guerriglia dei vietcong che nel frattempo otteneva aiuti da Cina e URSS. Il pretesto di uno scontro navale avvenuto nella baia di Tonchino nel 64 tra americani e nordvietnamiti, permise agli USA di bombardare direttamente, il Congresso americano autorizzò Johnson a “tutti i passi necessari per difendere i paesi asiatici dal comunismo". Nel 68 oltre mezzo milione di uomini erano impegnati in Vietnam. Nonostante l'uso dei più sofisticati strumenti bellici gli americani non riuscirono a piegate la resistenza dei vietcong e a questo si aggiunse il dissenso dell'opinione pubblica americana. Nel 69 si aprirono i negoziati di pace a Parigi ma gli scontri non cessarono. Il nuovo presidente repubblicano Nixon tentò di vienaminizzare il conflitto rafforzando l'esercito sudvietnamita ma nel 70 72 fece riprendere i bombardamenti e solo nel 73 si negoziò la pace. La guerra durò ancora ma priva del supporto americano Saigon venne conquistata e nel 75 il regime comunista di Hanoi unificò il paese nella Repubblica socialista del vietnam. Il Laos dopo l'indipendenza aveva conosciuto conflitti tra la fazione comunista e il governo filoccidentale la guetta civile finì nel 75 con la instaurazione della Repubblica popolare di Laos, regime socialista a partito unico. Anche la Cambogia vide trionfare nel 75 i khmer rossi, fa anni impegnati in guerriglia contro il regime filoamericano. Fu proclamata la Repubblica democratica di Kampuchea e nel 76 divenne capo del governo Pol Pot che governò fino al 79 quando il suo regime fu rovesciato dagli oppositori interni aiutati anche dal Vietnam. Il regime di Pol Pot fu responsabile di deportazioni degli oppositori, sterminio pianificato e genocidio, con la scomparsa di un quarto della popolazione (come riconosciuto dall ONU). 13.1 il conflitto israelo palestinese Fin dalla guerra del 48 il principale nemico di Israele si era rivelato l'Egitto. Anche dopo la guerra continuarono a partire da lì gli attacchi di guerriglieri arabi a cui Israele rispose sempre con violente rappresaglie. Anche la guerra di Suez del 56, per quanto colpo di coda del colonialismo europeo, si era fondata sulla rivalità Egitto Israele. In quella occasione lo stato ebraico riuscì a conquistare Gaza e tutta la penisola del Sinai. Nel 57 Israele si ritirò da Sinai lasciando posto ai caschi blu. Nasser rafforzò il proprio esercito anche grazie all'intesa, non formalizzata, con l’URSS. Nel frattempo in Siria vince il partito Ba'ath favorevole alla lotta contro Israele e nel 64 nasce l’OLP. La tensione crescente portò Israele a compiere attacchi verso Siria e Cisgiordania, come reazione lEgitto volle ripristinare il pieno controllo sul Sinai e lo ottenne nel 67 ottenendo il ritiro dell'ONU. La tensione aumenta, la Giordania firma un accodo con Egitto, l'atteggiamento degli arabi è minaccioso. Esplode la guerra dei 6 giorni con l'attacco della aviazione israeliana alle basi aeree egiziane, Rabin avanza e arriva addirittura all'altra sponda di Suez, la Giordania accetta il cessate il fuoco seguita dall'Egitto. Israele aveva ottenuto il controllo del Sinai, Gaza, Cisgiordania, alture del Golan (Siria ). Il breve conflitto fu combattuto sullo sfondo della guerra fredda, tutto l'occidente era schierato con Israele, Nasser quindi intensificò il rapporto con l’URSS . Il conflitto portò ad una radicalizzazione dello scontro, al Fatah riuscì ad imporre allOLP la presidenza di Arafat. Solo dopo la morte di Nasser il successore Sadat firmò un accordo con Israele ma intanto implementava gli armamenti facendosi finanziare dallArabia saudita visto che aveva cacciato i consiglieri russi. Nel 73 in coincidenza della festa ebraica dello Yom Kippur gli eserciti Siriano ed egiziano attaccarono le alture del Golan e il Sinai. Altri paesi arabo musulmani inviarono aiuti, anche Cuba. Gli stati mediorientali produttori di petrolio bloccarono la vendita del greggio ai paesi schierati con Israele. La controffensiva israeliana coadiuvata dall'intervento americano (stavolta esplicito) fu tale da ripristinare la situazione di partenza. Nonostante i risultati nulli dal punto di vista territoriale, per l'Egitto si trattò di un successo diplomatico, aveva sbloccato lo stallo e coinvolto le superpotenze e lONU nella questione mediorientale. Dopo una lunga fase diplomatica Sadat andò in Israele nel 77 per perorare una soluzione pacifica. L'anno dopo a Camp David Carter fece da mediatore all'accordo tra Sadat e Begin: l'Egitto riotteneva il Sinai a prezzo della definitiva rottura dell'alleanza con Siria e URSS e della espulsione della lega araba. 13.3 lo scenario africano: il corno d'Africa e l'Africa australe Dopo la decolonizzazione gli stati africani si sono trovati coinvolti nelle pressioni che il sistema bipolare esercitava sui paesi più fragili politicamente ed economicamente. I legami politici, militari ed economici con la Francia mantennero le sue ex colonie dell'Africa occidentale e centrale nell'orbita atlantica. Le aree dove la guerra fredda ebbe maggiori ripercussioni furono il corno d'Africa e l'Africa australe. Il Congo consegue l'indipendenza nel 60, nel 61 l'esercito secessionista del Katanga uccide il primo ministro Lumumba, interviene l'ONU, il coinvolgimento di Belgio e USA caratterizza la lunga crisi protratta fino al 65 quando il colpo di stato di Mobutu instaura un regime autoritario politicamente alleato al blocco occidentale. La guerra tra Etiopia e Somalia esplose la prima volta nel 64 e poi più gravemente nel 77, il conflitto aveva radici nel rifiuto da parte somala di accettare la decisione della GB dopo la IIGM, di assegnare l’Ogaden all’Etiopia. I due paesi si rivolsero alle due grandi potenze in cerca di aiuto: nel 64 la Somalia invade l’Ogaden e allora gli USA rafforzano gli aiuti all’Etiopia. Poi in Somalia avviene il colpo di stato da parte di Siad Barre che concluse una alleanza con l'URSS cedendole l'utilizzo della base militare di Berbera. In Etiopia però il governo di Hailè Selassiè nel 74 viene rovesciato dal DERG (consiglio militare amministrativo provvisorio) che avvicinò il nuovo regime comunista all’URSS. Quando la Somalia lanciò una nuova invasione dell’Ogaden Mosca si schierò con l’Etiopia, privata di sostegno militare la Somalia sospende l'attacco e si avvicina progressivamente agli USA tanto da concedere a loro la base di Berbera. La guerra fredda non ha più interesse a foraggiare le due parti, il governo del DERG cade per una guerra civile nel 91. Nel 93 L’Eritrea conquista l'indipendenza. La cacciata di Siad Barre da Mogadiscio nel 91 fa precipitare la Somalia in un periodo di grave instabilità che non è ancora finito. L'indipendenza dell’Angola dal Portogallo avviene nel 75 mentre tre diverse fazioni di movimenti di liberazione si fronteggiavano in una sanguinosa guerra civile. Il primo governo indipendente fu quello di ispirazione marxista dell MPLA di Neto che chiese quindi sostegno al blocco sovietico per respingere le truppe sudafricane che sostenevano gli oppositori del UNITA. L'invio di aiuti da Mosca e il permanere di truppe cubane giustificarono il Sudafrica nel mantenimento del controllo sulla Namibia nonostante la revoca del mandato dallONU. In Rodesia il governo razzista di Ian Smith, non riconosciuto dalla comunità internazionale, dal 65 combatteva la lotta armata dei nazionalisti neri, solo nel 79 ci furono le prime elezioni democratiche di quello che sarebbe divenuto lo Zimbawe. l'elezione di Reagan nell80 segnò una nuova fase. Gli USA legarono l'indipendenza della Namibia al ritirop delle truppe cubane dall’Angola e continuarono a sostenere l’UNITA. Questa politica beneficiò il Sudafrica che voleva mantenere il sistema dell'apartheid anche se era sempre più in crisi. A subire gravi costi di questa politica furono invece la Namibia e la Angola che subirono ripetute invasioni dal Sudafrica e il Mozambico che vide il suo fronte di liberazione del Mozambico oggetto di grandi violenze da parte dei ribelli del fronte di resistenza sostenuti prima dal governo rodesiano razzista di Smith e poi dal Sudafrica. Nell88 l'esercito sudafricano subisce una parziale sconfitta in Angola grazie ai combattenti cubani, complice il nuovo clima internazionale e la grave crisi del regime dell'apartheid, i negoziati tra Angola Cuba e Sudafrica si conclusero. L'indipendenza della Namibia fu raggiunta nel 90, la guerra civile in Angola si protrasse fino al 2002. Capitolo 14 Gli anni settanta come svolta 14.1 il 1968: la rivolta di una generazione Il movimento del 68 toccò simultaneamente molti paesi. Cause. Il boom demografico del dopoguerra, diffusione dei consumi di massa e generale miglioramento di vita, posticipazione dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, modelli comportamentali cambiano velocemente. Temi Influenzati dallo studio delle scienze umane e politiche i giovani rifiutano la società dei consumi e i modelli di sviluppo che la generava, proponendo una controcultura critica nei confronti dei padri e del sistema di potere dominante. Propongono stili di vita incentrati sul comunitarismo e sull’egualitarismo, sul pacifismo, rifiuto del puritanesimo,del conformismo borghese, del potere maschilista. Tratto dominante della protesta è la contestazione di ogni forma di autorità gerarchica, genitori, scuola, lavoro, chiesa. Inizio Nel 64 all'università di Berkeley, occupazione e contestazioni studentesche, studio di Marcuse. In America Il movimento ha un carattere meno politico e meno violento che in Eu, ma comunque vede le lotte per i diritti dei neri (assassinio di M L King) e e le contestazione contro la guerra del Vietnam. Francia Il maggio francese ai giovani delle università che contestavano la riforma scolastica e la cultura accademica tradizionale si uniscono gli operai. De Gaulle reagisce con fermezza e spezza il fronte trattando con i sindacati, poi indice elezioni che sconfiggono le sinistre. Italia La protesta parte dalle università di Trento Torino, Milano, Roma, coinvolge la classe operaia e assume una più marcata connotazione ideologica riconducibile alla sinistra maoista e leninista. Si formano molti gruppi che prendono le distanze sia dal comunismo sovietico che dal PCI accusato di connivenza con la DC (lotta continua, potere operaio, avanguardia operaia). Per gli operai la protesta culmina nell’autunno caldo, che finì per aprire un dialogo tra le tre confederazioni sindacali che ottennero il rinnovo dei contratti con importanti aumenti salariali, la riduzione della settimana lavorativa e nel 70 lo statuto dei lavoratori. Praga Nei paesi del blocco sovietico la protesta assume il carattere di lotta contro la mancanza di libertà e pluralismo politico. In Cecoslovacchia era cresciuto un fenomeno di cui si era fatto interprete il leader del partito comunista cecoslovacco Dubcek, appartenente all'area moderata e fautore di riforme politiche che avevano incontrato il favore della gente e dei lavoratori. Il suo programma di socialismo dal volto umano prevedeva la fine del sistema a partito unico e la abolizione della censura sulla comunicazione… ma non proponeva l'uscita dallURSS. Nonostante questo Breznev ritenne pericolosa la primavera di Praga e i giovani che manifestano a favore delle novità, quindi invade la Cecoslovacchia. Uno studente si diede fuoco e le immagini si diffusero nel mondo sdegnato. Lo shock dell'invasione colpì i partiti comunisti occidentali che presero le distanze da comportamento dellURSS a differenza di quello che fecero nella precedente vicenda ungherese di 12 anni prima. Un riferimento per una parte del movimento era la rivoluzione culturale di Mao (di cui non si conosceva ancora la vera natura) contro la burocratizzazione del partito. Il 68 fu repentino, si spense altrettanto in fretta, ebbe il merito di portate alla ribalta temi come il pacifismo, l’antirazzismo, l'emancipazione femminile. Il carattere transnazionale evidenziò per la prima volta la fragilità dei confini geopolitici tradizionali. 14.2 il “nuovo femminismo” e l'affermazione dei diritti delle donne Anche se alla fine della IIGM le donne avevano ottenuto il diritto di voto in quasi tutta l'Europa occidentale, gli anni 50 non furono una svolta nei processi di emancipazione, continuava ad esistere la potestà maritale ed il ruolo tradizionale relegava la donna in casa. Obiettivo era la eliminazione degli stereotipi tradizionali. Questo ideale della domesticità fu il primo bersaglio delle femministe americane, Betty Friedan parla di mistica della femminilità, ideale veicolato dai mass media, per cui le donne, ipocritamente valorizzate come madri della nazione, venivano culturalmente emarginate da un sistema patriarcale. Negli USA il movimento femminista si interseca con quello dei diritti degli afroamericani. Altra voce determinante fu Simone De Beauvoir che nel 49 pubblica il testo fondamentale “ il secondo sesso" in cui sosteneva che la liberazione dalla subordinazione all'uomo poteva avvenire solo in modo collettivo. In seguito a questa “seconda ondata" di femminismo furono finalmente modificate le norme del diritto di famiglia, del divorzio, dell'aborto. Le rivendicazione del 68 si incontrarono e a volte intersecarono con il femminismo ma le donne denunciarono le discriminazioni che anche in quell’ambiente si riproponevano. Il rapporto uomo donna appariva dunque da ricostruire integralmente, a partire dalla rivendicazione del proprio corpo e della propria sessualità. La lotta per la contraccezione e per l'educazione sessuale portò all'organizzazione di centri e consultori. Accentuando l'aspetto del separatismo e delle differenze le femministe hanno contribuito af affermare e riconoscere le differenze – di culto, di classe, di etnia, preferenze sessuali – sempre più presenti nelle società contemporanee.lONU nel 75 lanciò il decennio della donna, nel 79 fu approvata la Carta dei diritti delle donne. 14.3 la crisi petrolifera e il crollo del sistema di Bretton Woods Alla fine degli anni 60 iniziarono a manifestarsi le prime crepe nel sistema economico e finanziario dei paesi del blocco occidentale che si fondava ancora sugli accordi di Bretton Woods del 44. Essi stabilivano un sistema di cambi che legava le singole monete al dollaro stabilendolo come unica valuta convertibile in oro e dunque riferimento per gli scambi. Ma, 1. nel 67 la GB svaluta la sterlina Violando gli accordi, per sostenere le proprie esportazioni. 2. Il primato del dollaro vacilla per le continue risorse assorbite dagli armamenti e perché le economie di Europa e Giappone erano cresciute tanto da far concorrenza agli USA 3. L’URSS negli anni 70, per timore che gli USA possano congelare i depositi russi, inizia ad accumulare le proprie riserve valutarie su banche europee (eurodollari) 4. I paesi produttori di petrolio inflazionarono l'offerta di dollari sul mercato (petrodollari) Tutto questo rendeva difficile il controllo di molta massa monetaria agli USA tanto che la banca di stato americana ne ignorava allocazione e volume, e produsse il progressivo deprezzamento della moneta americana per via della diminuzione del rapporto di cambio tra dollaro e oro. Il presidente Nixon, di fronte al rischio di una grave crisi di insolvenza, nel 71 annunciò la sospensione della convertibilità dollaro oro e decise di introdurre dazi protezionistici sui beni d'importazione. Questo segnò la fine del sistema di Bretton woods e il ridimensionamento del ruolo della economia americana nel mondo. Il principale fattore che aveva messo in crisi il sistema fu il costante aumento dei prezzi del petrolio. Nel 1960 era nata l'OPEC che riuniva un gruppo di paesi produttori di petrolio per arginare lo strapotere delle sette sorelle. Nel 67 dopo la guerra dei sei giorni l’OPEC tentò un embargo per colpire le economie occidentali riuscendo solo in parte. Allo scoppio della guerra dello Yom Kippur nel 73 l’OPEC annunciò una drastica riduzione della produzione e il prezzo del greggio raddoppio nel giro di 2 mesi. Lo shock petrolifero colpì la produzione industriale occidentale, provocò l'aumento dei prezzi, del tasso di inflazione e della disoccupazione. La recessione si mostrò diversa da altre del passato, alla stagnazione si unì la inflazione, questo fenomemo fu definito stagflazione. ( in Italia contribuì a questo la scala mobile) La crisi produsse effetti sociali tipo: disoccupazione e calo del tenore di vita, la terziarizzazione accelerò riuscendo ad assorbire parte dei disoccupati. In sintonia con le idee liberiste e monetariste di von Hayek e di Milton alcuni paesi intrapresero politiche di riduzione della spesa pubblica per contrastare l'inflazione e favorire la stabilizzazione monetaria. 14.4 le difficoltà statunitensi e l'avvio della distensione La campagna elettorale del 68 ( dopo l'annuncio di Johnson di non ricandidarsi), fu incentrata sul tema Vietnam. Anche il partito democratico era diviso, tra i contrari alla continuazione della guerra c'era Robert Kennedy fratello del presidente assassinato, lui stesso fu ucciso in un attentato. Anche M.L. King era stato assassinato due mesi prima. Le elezioni furono vinte dal repubblicano Nixon che sul Vietnam aveva questa idea: ritiro graduale delle truppe di terra, intensificazione dei bombardamenti, vietnamizzazione del conflitto. Cercò anche di estendere il conflitto in Laos e Cambogia. In politica interna oppose ai movimenti di protesta una repressione fisica e giudiziaria, smantellò molti provvedimenti di previdenza sociale varati da Johnson in nome della Autosufficienza e controllo locale, progettò un new federalism per ridurre le competenze del governo centrale. Nonostante tutti questi provvedimenti conservatori, promosse anche un pacchetto anti discriminazione a sostegno delle minoranze etniche. Il Vietnam e in generale la corsa agli armamenti si erano rivelati estremamente costosi per gli USA, si aprì dunque una nuova fase della guerra fredda definita “ distensione" che sarebbe durata un decennio. Anche a Breznev faceva piacere ridurre le spese per armamenti, e trovava nella distensione un sostanziale riconoscimento del blocco sovietico che avrebbe consentito l'accesso alle tecnologie e al commercio occidentali. In Europa la stessa politica fu portata avanti da Brandt, cancelliere tedesco con la Ostpolitk cioè l'apertura verso la Germania est. Anche tra Cina e USA ci fu un avvicinamento, Nixon incontrò Mao nel 72 in Cina. Nel 72 Nixon e Breznev firmarono l'accordo che limitava il numero di missili balistici intercontinentali, ma la stabilizzazione definitiva delle sfere di influenza europee non implicava la fine dell’antagonismo nelle aree periferiche del terzo mondo (vedi Cile nel 73). Nel 73 74 Nixon fu travolto dallo scandalo Watergate (coprì spionaggio di suoi collaboratori a danno del partito democratico) e si dimise. 14.5 L'Italia negli anni di piombo Sull'onda del 68 si avviò in Italia una stagione di grandi riforme che si protrasse per tutti gli anni 70: istituzione delle regioni, sistema sanitario nazionale, sistema pensionistico, nuovo diritto di famiglia, divorzio, aborto. Ma il sistema politico rimaneva bloccato per impossibilità di una alternanza tra i principali schieramenti e impediva di far fronte con interventi strutturali al malessere del paese. Inoltre lasciava spazio a frange politiche estremiste extraparlamentari, infatti nacquero a dx ordine nuovo, avanguardia nazionale, … a sx brigate rosse, prima linea, lotta continua.. Gli anni di piombo iniziarono con la strage di piazza Fontana, nel 69 la bomba alla banca dell'agricoltura di Milano fu inizialmente imputata agli anarchici, seguendo quella pista venne arrestato Pinelli che poi morì cadendo dalla finestra. Di questo fu accusato Calabresi e “ giustiziato" da lotta continua. Il disegno eversivo della destra, in collaborazione con settori deviati dei servizi segreti e dell'esercito, voleva dar vita alla strategia della tensione per spostare a destra gli equilibri politici. Seguirono Piazza della Loggia a Brescia nel 74 e la strage dellItalicus, nel 80 della stazione di Bologna. In parte come reazione agli attentati neri, in parte per rilanciare una prospettiva rivoluzionaria abbandonata dal PCI, i gruppi di sinistra extraparlamentare cominciarono a colpire i simboli dello stato capitalista. Giornalisti, magistrati, dirigenti industriali e sindacalisti entrarono nel mirino delle brigate rosse a cominciare col giudice Sossi nel 74. La drammatica stagione del terrorismo si sovrappose alla recessione economica che a partire dal 73 riacutizzò i conflitti sociali. Di fronte alla miscela esplosiva di recessione economica e terrorismo, una parte della classe politica suggerì governi di solidarietà nazionale e si mise in campo il governo Andreotti dove un monocolore DC era sostenuto dalla astensione di PCI PSI PSDI PLI. Questo era possibile anche perché dopo l'intervento sovietico a Praga i partiti comunisti di Italia Francia e Spagna avevano dato il via ad una via al socialismo alternativa a quella di Mosca aperta alla collaborazione con partiti liberal democratici. Questo eurocominismo e la esperienza Cilena convinsero Berlinguer della necessità di trovare un patto di solidarietà nazionale cha allargando il consenso fosse i grado di tutelare le istituzioni da colpi di coda reazionari. Con il sostegno di Moro si parlò di compromesso storico. Le elezioni del 76 vedevano una polarizzazione spinta, 38% DC 34% PCI. Le resistenze di ampia parte della DC e la perplessità statunitense alla possibilità del PCI al governo fecero optare per la astensione concordata. Però nel 77 si aggravò l'emergenza terrorismo e si ebbe una nuova fiammata di proteste studentesche, emblematica la contestazione al discorso di Lama alla Sapienza. La strategia di solidarietà nazionale rischiava di esacerbare ancor di più il radicalismo di una patte della sinistra ed effettivamente è allora che si consumò l'azione più eclatante delle brigate rosse, il sequestro Moro. L'obiettivo era quello di colpire uno dei simboli del potere democristiano ( e del dialogo con la sx?). Nella drammatica scelta se trattare o meno con le br solo il PSI si schierò per la trattativa. Le indagini per la ricerca di Moro, è stato accertato, furono mal condotte. Il 9 maggio 78 fu ritrovato il corpo giustiziato. L'assassinio di Moro segnò una svolta negli anni di piombo, la linea della solidarietà nazionale era entrata in crisi, si ripropose il pentapartito, le br sempre più isolate anche dalla sx furono smantellate dal gen. Dalla Chiesa cui furono affidati speciali poteri. 14.6 dalla crisi dei modelli di welfare al neoliberismo di Margaret Thatcher e Ronald Reagan A coronamento della politica di distensione nel 75 la conferenza di Helsinki sancì la volontà comune di stabilizzare l'assetto europeo e di promuovere le relazione commerciali tra stati. La nuova amministrazione americana di Carter eletto nel 76 sembrò proseguire la linea della distensione, favorevole al processo di riduzione degli armamenti, si trovò però ad affrontare nuove tensioni: Il coinvolgimento dellURSS e di Cuba nella guerra civile dell’Angola e il sostegno dell’Etiopia nel conflitto contro la Somalia. Anche l'importante successo ottenuto in medio oriente nel 78 con i negoziati a Camp David tra il leader egiziano Sadat e l’israeliano Begin, costarono l'espulsione dell'Egitto dalla lega araba, la vita di Sadat per mano della jihad e la compromissione delle relazioni con lURSS che perdeva il proprio tradizionale alleato nella zona. Intanto cresceva l’interventismo di Mosca in diverse aree del terzo mondo, con l'invasione dell’Afghanistan e il rovesciamento dello scià in Iran, privando gli USA del loro principale alleato nell'area. Per questi motivi arrivare alla firma del secondo trattato SALT nel 79 fu piuttosto complicato. Ma gli anni 70 rappresentarono una svolta anche dal punto di vista economico e politico, la grave crisi finanziaria aggravata dallo shock petrolifero del 73 portò ad un cambiamento drastico neoliberista finalizzato a contenere l'inflazione e diminuire il debito pubblico, in molti paesi, primi tra i quali USA e GB. In GB l'artefice di questa svolta fu M Thatcher eletta dai conservatori nel 79, ridusse la pressione fiscale diretta aumentando lIVA, tagliò la spesa pubblica, in particolate i sussidi di disoccupazione e il sistema pensio istico, privatizzò aziende statali. I tagli non toccarono la scuola e la sanità. Ispiratore di questa politica erano le teorie di Friedman. Nel 82 con la guerra delle Falkland occupate dal governo argentino riuscì anche a recuperare i consensi che cerro le mancavano quando ebbe aspri conflitti con i sindacati, soprattutto quelli dei minatori. Sfuggì ad un attentato dellIRA e compì il primo e più vasto progetto di privatizzazioni in Europa. Altro grande modello neoliberista fu il repubblicano Reagan, eletto nel 80 con un programma incentrato sulla politica estera in chiave patriottica e anticomunista, ripristinò tutto il vocabolario della guerra fredda, avviò una campagna contro lURSS definito impero del male, diede priorità al riarmo violando gli accordi SALT, e adottò i a politica estera più aggressiva e interventista in Afghanistan e Iraq che dal 79 erano al centro del conflitto bipolare, ma anche in Angola appoggiando movimenti e governi anticomunisti anche se non democratici. Grande comunicatore e leader carismatico, Reagan ottenne alto consenso interno, facendo leva sul patriottismo americano la sua strategia economica stimolava l’orgoglio e lo spirito di competizione. La sua politica inyerna fu fondata sullinnalzamento del costo del denaro e tagli drastici alla spesa sociale. Operò una riduzione delle tasse sui redditi d'impresa e attuò una vasta deregolamentazione del sistema economico. Nonostante una consistente ripresa, non potè eliminare il disavanzo pubblico e la riduzione delle tasse alle fasce di reddito più alte e la parziale privatizzazione di scuole e settori dell'assistenza sociale portarono ad un aumenro delle diseguaglianze. Nonostante questi limiti venne rieletto nel 84. La diffidenza nei confronti dell'intervento dello stato, la competizione spietata, l’ostentazione dei simboli del benessere, diventarono i modelli culturali di una generazione, gli Yuppies che anche i Europa propose l’edonismo reaganiano come contro mito rispetto ai valori della generazione 68. 14.7 le tigri asiatiche La crescita dell'economia giapponese nonostante le scarse risorse del paese e l’altissima densità di popolazione, fu legata alla forte espansione dell'industria e del terziario ma anche alla stabilità politica. Venne favorita dall'investimento nell'istruzione pubblica, e dal particolare spirito di collaborazione e sacrificio individuale derivati dallo scintoismo e dell'etica dei samurai. Anche l'abitudine alla disciplina, la ricerca della perfezione e lo spirito di coesione nazionale furono importanti, tanto che in occidente si cominciò a guardare con interesse al modello giapponese fatto di attaccamento dei lavoratori alle aziende e sapiente razionalizzazione dei cicli produttivi. La prospera economia giapponese cominciò poi a fare da traino a quelle di Corea del sud, Hong Kong, Singapore, Taiwan, che tra il 73 e il 90 si resero protagoniste della seconda ondata di sviluppo economico dell'Asia. Le 4 tigri asiatiche furono favorite da manodopera a basso costo, rispetto per le gerarchie, tutela sindacale inesistente, ma soprattutto da capitali americani che le logiche della guerra fredda consigliavano di investire lì per contenere l’espansionismo sovietico e cinese. È detto modello di capitalismo senza democrazia perché i cittadini di questi stati non godevano delle libertà civili democratiche. La triangolazione tra le tigri asiatiche, il Giappone e il mercato statunitense, portò queste regioni al boom economico, poi lo sviluppo si diresse verso i paesi a sud che avevano, invece, prodotti agricoli e materie prime. Tra i paesi dell ASEAN e le tigri si creò una complementarietà economica e l'intera area diventò un polo di straordinario dinamismo economico. Capitolo 15 La crisi delle dittature 15.1 Spagna Portogallo Grecia verso la democrazia Mentre tutta Europa era attraversata dalle proteste del 68, Spagna, Portogallo e Grecia erano ancora retti da regimi autoritari. Grecia Dopo la IIGM la Grecia aveva vissuto una guerra civile dove si fronteggiavano il partito comunista e il governo monarchico, ritornato in patria e sancito con plebiscito nel 46. Inizialmente le forze governative erano aiutate dalla GB e dagli USA mentre i comunisti ricevevano sostegno da Tito e URSS. La rottura di Tito con Mosca ebbe l’effetto di bloccare i rifornimenti jugoslavi e nel 49 i comunisti si arresero. Il paese rimase molto instabile, nonostante gli aiuti statunitensi. Nel 52 infatti gli USA fecero entrare la Grecia dell'alleanza atlantica dirottando molte risorse soprattutto verso l'esercito considerato il vero baluardo contro il comunismo. Questo fini per legittimare l'idea che la stabilità potesse venire solo dai militari e indirettamente aprì la strada alla presenza militare in politica. Negli anni 50 e primi 60 vince le elezioni un partito di dx (Karamanlis) che governa col beneplacito dei militari, nonostante la relativa stabilità i governi conservatori non riuscirono a far decollare economicamente il paese. Lo scontento dei ceti medi diede la vittoria nelle elezioni del 64 a Papandreu leader del partito riformista di centro ma la sua gestione (volta al rinnovamento democratico) non fu apprezzata dal re che lo costrinse a dimettersi. Nel 67 il colonnello Papadopulos prese il potere con un colpo di stato giustificando la sua azione come contrasto al pericolo comunista. La dittatura dei colonnelli ebbe il tacito appoggio degli USA, contraria alla convenzione europea dei diritti dell'uomo, cessò i rapporti con la CEE. Nel 73 anche per distogliere l'attenzione dalle proteste studentesche il generale Ioannides attacca l'isola di Cipro, viene battuto dalla Turchia e la sconfitta si aggiunse all'opposizione fino a far cadere il regime. Ioannides fu costretto a chiamare in patria Karamanlis che fu poi confermato con elezioni nel 74. Nel 75 la Grecia approva la costituzione repubblicana e la vita politica vide alternarsi il partito di centro destra con il Movimento socialista panellenico di Papandreu. Portogallo Dal colpo di stato del 26 Salazar era rimasto saldamente al potere con un regime militare cattolico, chiuso alle interferenze straniere tranne che per la tradizionale dipendenza dalla GB e basato sulla economia delle colonie. Durante la IIGM rimase neutrale e fu ammesso al Piano Marshall e alla NATO. Dagli anni 60 dovette affrontare le guerre indipendentiste coloniali (Angola Mozambico Guinea) e i costi costrinsero il governo ad aprire l'economia ad investimenti stranieri e al turismo, cosa che avviò il primo boom economico e spezzo l'isolamento facendo crescere la richiesta interna di riforme. Nel 69 muore Salazar per infarto, sostituito dal suo principale collaboratore. Nel 74 fu organizzato un colpo di stato appoggiato dalla popolazione? Cd rivoluzione dei garofani, cui seguirono la nazionalizzazione delle industrie e una estesa riforma agraria. Alle elezioni del 75 vince il socialista Soares, confermato nel 76, e il Portogallo scrive la sua nuova costituzione, sostenuto da USA FMI e CEE. Spagna Fu Franco stesso a designare il Juan Carlos come successore che diventò re nel 75 quando Franco morì. In segno di continuità il re confermò il capo del governo che però l'anno successivo si dimise, al suo posto il re chiamò il moderato Suarez che intraprese u programma di riforme. Nel 76 il referendum approvò la riforma istituzionale che reintroduceva il suffragio universale e il larlamenro bicamerale, vennero legalizzati i partiti e nel 77 si tennero le elezioni per l'assemblea costituente. Suarez sottoscrisse un accordo con tutte le forze politiche per favorire la ripresa economica. Nel 78 entra in vigore la nuova costituzione che mantiene la monarchia ma segna un profondo cambiamento anche nel senso di maggiore autonomia alle province. Proprio la nascita di amministrazioni di sinistra portò al rischio di ingerenze dei militari ma il re condannò pubblicamente gli aspiranti golpisti. Dal 1986 la Spagna entra nella comunità economica europea. 15.2 l’URSS e i paesi del patto di Varsavia: una convivenza difficile Gli anni della dirigenza Chruscev rappresentarono una fase di cambiamento, vennero introdotte una serie di norme che definivano un abbozzo di welfare e una inedita piccola libertà di espressione espressiva e artistica. Sul piano economico invece le ardite sperimentazioni in campo agricolo non riuscirono a incrementare la produzione, nel 63 il paese fu costretto ad importare grano dall’occidente. Le difficoltà economiche e le conseguenze della crisi cubana del 62, unite al fallito tentativo di riforma del partito, portarono alla destituzione di Chruscev. Gli successe Breznev nel 1964, che chiuse immediatamente gli spazi di apertura riformista. Nel corso degli anni 60 si assiste al deterioramento dei rapporti con la Cina. L'Albania stringe i rapporti con Pechino e esce dal Patto di Varsavia. Anche la Romania preoccupa Mosca: da quando aveva aiutato le truppe sovietiche nella repressione Ungherese del 56, l'armata rossa aveva abbandonato il paese. Il comunismo rumeno divenne sempre più nazionalista e autonomo, i leader ottennero una certa fiducia dell'Occidente e aiuti economici dagli USA, nel 69 Nixon s else la Romania per la sua prima visita ufficiale oltrecortina. In Cecoslovacchia nel 68 Dubcek diventò segretario del partito comunista e avviò una serie di riforme col suo socialismo dal volto umano. Non tanto per le riforme in sé, ma per la paura che sulla scia della primavera di Praga si potesse perdere il controllo su tutti i paesi satellite, Breznev represse l'esperimento. In Polonia il regime che era stato acclamato nel 56 dalla popolazione mostrava molti segni di debolezza, il partito mise a tacere le critiche che arrivavano dalla intelligencija riportando alla memoria pregiudizi antisemiti. Nel 70 usò la mano dura contro gli operai che protestavano a Danzica e Stettino per l'aumento dei prezzi e per non acuire tensioni interne il leader fu sostituito con Gierek. Nonostante misure congiunturali la grave recessione mantenne però alta l'opposizione contro il regime. Alla fine degli anni 70 furono poste al partito due grandi richieste: diritto di sciopero e liberi sindacati. La forza di questo movimento derivava dal malcontento degli operai e dalla influenza della chiesa cattolica. Nel 1978 fu eletto Wojtyla che si recò a Varsavia e la pose all'attenzione mondiale. Anche per questo nel 1980 i lavoratori polacchi ottennero i diritti richiesti. Il primo sindacato libero fu Solidarnosc, guidato da Lech Walesa, e fu prudente. Questo non rassicurò Mosca che nel 81 decise di sostituire Gierek con il generale Jaruzelski e proclamare la legge marziale, il sindacato fu messo fuori legge e i capi arrestati. 15.3 il 1979 in Medio Oriente: Afghanistan, Iran, e Iraq Il 1979 fu un anno cruciale per il Medio Oriente, la rivoluzione teocratica in Iran mise in allerta gli americani per le conseguenze che la destabilizzazione della regione avrebbe potuto portare all’accesso ai giacimenti di petrolio, e l'invasione sovietica dell'Afghanistan suggeriva che l’URSS fosse interessato a penetrare nel Golfo Persico. La rivoluzione iraniana che abbattè il regime di Reza Pahlavi fu il risultato di un movimento di massa che coinvolse religiosi, mercanti e intellettuali configurandosi come una vera rivoluzione di popolo con caratteri inediti nel Medioriente contemporaneo. Il regime assolutista e oppressivo di Pahlavi non aveva portato miglioramenti nelle condizioni di vita degli iraniani nonostante il boom petrolifero avesse arricchito il paese. Le protestesi protrassero per due anni, la partecipazione dell ayatollah Komeini (dal esilio a Parigi) fu determinante e, quando Pahlavi lasciò l'Iran, egli assunse il potere e costruì uno stato islamico teocratico sciita. Gli iraniani si espressero approvarono la nuova costituzione che però eliminava completamente tutti gli aspetti sociali ed economici che erano stati all'origine delle manifestazioni. Un gruppo di studenti islamici prese d'assalto la ambasciata americana e tenne in ostaggio per 14 mesi una cinquantina di americani per chiedere l'estradizione di Pahlavi. La repubblica islamica assunse connotati sempre più antioccidentali e antisovietici. Komeini esprimeva disprezzo per tutti i governi empi (come quello saudita) che avevano rapprti con il “grande satana" cioè gli USA. In Iraq invece, un colpo di stato militare aveva portato al potere nel 1968 il partito Ba'ath, movimento di ispirazione nazionalista panaraba laico e socialisteggiante. Il presidente al Bakr era coadiuvato da Saddam Hussein capo dei servizi di sicurezza. Nel partito Ba'ath prevalevano gli interessi materiali su quelli ideologici e per raggiungere i propri obiettivi si sforzò di coinvolgere la minoranza curda e i comunisti. Nel tentativo di consolidare l'alleanza coi comunisti lIraq strinse accordi con lURSS. Alla fine della 4guerra araboistraeliana partecipò al boicottaggio del petrolio contro le nazioni che avevano sostenuto Israele e partecipò al boom petrolifero.. Gli enormi incassi furono spesi per armamenti. Co l'avvento al potere del partito Ba'ath si deteriorarono ulteriormente i rapporti con lIran, da sempre tesi per questioni di confine e di controllo su giacimenti, rafforzati dalla differenza etnico religiosa essendo lIran sciita e il regime baathista dominato dai sunniti. Con gli enormi guadagni e i nuovi armamenti lIraq si rese indipendente dagli aiuti sovietici e si sbarazzò dei comunisti, Saddam nel 77 divenne capo dell'intero settore petrolifero e rafforzò il suo potere personale. Quando nel 79 al-Bakr lasciò la presidenza, Saddam gli successe immediatamente. Il suo progetto era di egemonizzare il Golfo Persico. Nel 80 invase l'Iran. Pesarono su questa decisione anche il desiderio di impadronirsi dei giacimenti a sud dellIran e le pressioni degli altri paesi arabi, soprattutto lArabia saudita, spaventati dalla rivoluzione sciita di Komeini. Inoltre Saddam sperava di attirarsi l'appoggio degli USA, acerrimi nemici dei Teheran. (In effetti gli USA fecero dellIraq di Saddam il principale alleato contro il terrorismo iraniano) Doveva essere un conflitto rapido e invece diventò una sanguinosa guerra di logoramento, nemmeno gli aiuti militari e finanziari di numerosi paesi arabi e occidentali furono sufficienti a piegare la resistenza iraniana. Nel 87 lONU impose il cessate il fuoco, accettato da Khomeini solo un anno dopo. L'indebitamento estero dellIraq divenne causa di ulteriori tensioni. Se lIran della rivoluzione Khomeinista era diventato il tempio dellIslam sciita, il resto del mondo musulmano, a maggioranza sunnita, guardava allArabia saudita, custode dei luoghi santi della Mecca e Medina. Il vero terreno di scontro tra le due teocrazie, arabia saudita e Iran, fu lAfghanistan. Nel 1979 il paese fu invaso dallURSS che sperava di consolidare al potere il partito comunista ma mentre per Mosca si trattava di difendersi contenendo il fondamentalismo islamico che rischiava di estendersi alle repubbliche sovietiche con maggioranza musulmana, gli USA interpretarono l'iniziativa sovietica come interesse per il Golfo Persico. Anche per i paesi mediorientali le vicende afgane avevano un significato ben più ampio delle vicende interne: l'Arabia saudita vide nel Jihad ( la guerra morale condotta dai fondamentalisti afgani contro il comunismo locale) una possibilità di riprendere il proprio ruolo di guida spirituale e politica dellIslam, ruolo che era le stato soffiato lallIran sciita ( la presenza di minoranze sciite nella zona di Herat poteva portare lIran a voloer esportare il SUO modello di islam) Il ritiro delle truppe sovietiche dall'Afghanistan avvenne nel 1988, fu un totale fallimento per Mosca. Nel paese si affermarono i Taliban “studenti di religione" che nel 96 grazie anche al sostegno del zpakistan, conquistarono Kabul. Gli USA una volta crollato il regime sovietico, gemelle. non interferirono più in Afhganistan fino alla strage delle torri 15.4 la politica riformatrice di Gorbacev e la dissoluzione dellURSS All'inizio degli anni 80 l’URSS si trovava in crisi, le spese militari che per anni avevano assorbito fino al 40% del PIL, avevano prostrato l'economia, l'industria aveva una produttività pari alla metà di quella americana e l'agricoltura un decimo… nel 81 l’URSS fu costretta ad importare grano dagli USA. La mancanza di libertà e benessere, Le tensioni etniche e religiose, la guerra in Afhganistan che era diventata il Vietnam russo, alimentavano una crescente insofferenza verso il regime. Questo è il quadro che si presentava alla morte di Breznev nel 82, gli succedettero un paio di vecchi nomi della nomenklatura e, nel 1985 il giovane Gorbacev. Apparteneva ad una nuova generazione e credeva nella necessità di riformare senza smantellare il sistema. I suoi principali obiettivi erano due, migliorare le condizioni di vita e aumentare la produttività. La parola d'ordine perestroika significava ristrutturazione. La prima cosa evidente era la necessità di ridurre le spese militari, dopo lunghe trattative nel 1987 Gorbacev e Reagan firmarono un accordo per lo smantellamento degli euromissili, nel frattempo il Cremlino si ritirò dallAfghanistan. Fu liberalizzata in parte l'iniziativa privata, si introdusse il concetto di profitto, tuttavia dopo una fase di moderata crescita l'economia sovietica entrò nuovamente in recessione. Intanto si avviò la glasnost, trasparenza, che portò alla soppressione della censura e alla de ideologizzazione dell'informazione e alla apertura alle critiche. I conservatori del partito condannarono il processo in atto sostenendo che avrebbe portato alla delegittimazione dei leader, ma Gorbacev rimaneva convinto che il sistema sovietico ne sarebbe uscito positivamente rinnovato. Quindi fece approvare un progetto di riforma costituzionale, nel 89 le elezioni premiarono la corrente riformatrice, e Gorbacev divenne presidente dellURSS. Il disfacimento dellURSS avvenne per la spinta secessionista, prime fra tutte le repubbliche Baltiche. Il primo a dichiarare l'indipendenza fu il parlamento della Lituania nel 90, Gorbacev tentò prima un blocco economico poi fece intervenire l'esercito, infine provò a cambiate radicalmente l'impianto della federazione aumentando l'autonomia dei singoli stati ma questa opzione non venne accettata dai conservatori che tentarono un colpo di stato. A impedirlo furono 1 la popolazione moscovita in piazza, 2 Boris Eltsin che assunse la guida dei manifestanti, 3 l'esercito che si rifiutò di sparare. Eltsin, che già aveva spinto per la Russia indipendente dall'Unione, sciolse il PCUS e il KGB e dichiarata la fine dellURSS, costituì con Ucraina e Bielorussia la Comunità di Stati Indipendenti che fu poi allargata a tutte le repubbliche ex sovietiche. 15.5 la caduta del muro di Berlino Il nuovo corso avviato da Gorbacev in Unione Sovietica fu all'origine del crollo dei regimi comunisti nel resto dell'Europa. Mentre i passato era stato il potere sovietico a interferire per riportare sotto controllo la situazione che sfuggiva di mano ai governi nazionali, nel 1989 fu l'opposto, fu la scelta sovietica del non intervento ad aprire la strada alle rivoluzioni che in pochi mesi fecero crollare i regimi comunisti. Gorbacev stesso aveva affermato ripetutamente la fine della “sovranità limitata" che Breznev aveva rivendicato per i paesi del blocco orientale. l'Ungheria era già il paese più occidentalizzato, si era aperto alla proprietà privata negli anni 70 e dal 82 aveva avuto accesso al FMI. Le contestazioni iniziarono nel 88, nel 1990 si tennero le prime elezioni pluripartitiche. In Polonia, sotto il regime di Jaruzelski, il sindacato Solidarnosc anche se ufficialmente sciolto, rimaneva il principale riferimento per l'opposizione. Nel 82 il premio per la pace venne dato a Walesa. Il regime fu costretto ad alcune aperture, le proteste poi spinsero le trattative e nel 89 Solidarnosc venne legalizzato, si tennero elezioni libere e il sindacato ottenne il 99% dei seggi disponibili. Alle elezioni presidenziali del 1990 vinse Walesa. La DDR grazie ai vantaggi conseguiti dalla Ospolitik, riteneva di avere l'economia più solida del blocco, ma i contatti tra le due germanie finirono per accrescere la percezione delle differenze. La gente cominciò a passare dallUngheria per andate all’ovest approfittando delle frontiere più permeabili. Le proteste della vecchia guardia comunista e la decisione di chiudere anche ai viaggi tra paesi fratelli riaccesero le contestazioni. La vista di Gorbacev a Berlino nell'ottobre 1989 diede il colpo di grazia al regime: una folla immensa inneggiava alla perestroika. Quando a novembre fu annunciata l'approvazione di una legge che avrebbe permesso i viaggi in Germania ovest, la popolazione berlinese si recò al muro cercando di oltrepassarlo e presto da entrambi i lati si cominciò l'abbattimento. Per l’URSS la riunificazione della Germania significava perdere un paese del patto di Varsavia, ma con realismo politico non vi si oppose. La determinazione del cancelliere tedesco Kohl, appoggiato da Bush e dall'opinione pubblica di entrambe le germanie, riuscì a portare a termine la unificazione, prima economica, poi politica e istituzionale. Nel 1990 la DDR cessava di esistere. In Cecoslovacchia il vecchio leader della primavera di Praga Havel fu eletto presidente della repubblica. In Bulgaria la transizione fu gestita interamente dal partito, l'area riformista fece arrestare il vecchio leader, cambiò il nome in partito socialista bulgaro e indisse libere elezioni. La fuoriuscita dal comunismo in Romania avvenne invece con violenze e spargimenti di sangue e si concluse con la condanna a morte del megalomame Ceausescu e moglie nel dicembre 1989. In realtà il Colpo di stato mantenne a lungo il paese intrappolato in una transizione che aveva i caratteri della restaurazione. 15.6 piazza Tienanmen: il vento della libertà non soffia in Cina Mao morì nel 1976, l'ala più radicale del partito, favorevole a continuare nel solco della rivoluzione culturale, era rappresentata dalla banda dei quattro che intendeva guidare la Cina dopo Mao. Nel giro di pochi anni invece, furono tutti arrestati e condannati, e la guida del paese venne assunta nel 78 da Deng Xiaoping, che era stato dapprima epurato perché accusato di sostenere idee moderate, poi riabilitato. Deng impostò il suo programma sulle “quattro modernizzazioni" riguardanti i settori della agricoltura, difesa, industria, scienza e tecnologia. In agricoltura, dove l'obiettivo a lungo termine era di abbandonate progressivamente il sistema collettivistico e favorire un graduale ripristino della economia di mercato, ottenne soddisfacenti risultati con un incremento produttivo del 5% annuo. Questo però non bastava a modificare il tenore di vita della popolazione, e decise di indirizzare una parte di investimenti verso l'industria leggera modificando il sistema produttivo grazie all’importazione di tecnologie e investimenti esteri. Nell80 la Cina entrò nella banca mondiale e nel FMI, per facilitare gli investimenti stra ieri furono create quattro zone economiche speciali coincidenti con i principali porti. Il progresso economico che ne risultò produsse anche fenomeni negativi come il crescente divario tra regioni, il massiccio spostamento dei giovani verso la città, la forte evasione fiscale di gruppi sociali arricchiti in modo rapido e incontrollato. Al miglioramento economico non corrispose una maggiore apertura in ambito politico. All'inizio degli anni 80i crescenti contatti coi paesi occidentali finirono per introdurre usanze e comportamenti molto lontani da quelli tradizionali e sembrò che un'aria di apertura si affacciasse anche nel partito dove Hu Yaobang espresse giudizi positivi sulloccidente. Nel 86 dilagò una protesta gli studenti e si parlò di democrazia, la repressione colpì studenti e intellettuali e Hu Yaobang dovette dimettersi. Al momento della sua morte nel 1989 gli studenti vollero commemorarlo con una grande manifestazione che divenne l'occasione di criticare il governo e il suo autoritarismo. Le proteste erano influenzate anche dai fatti sovietici, quando gli studenti decisero di non abbandonare la piazza Tienanmen la tensione crebbe, l'esercito entrò in azione il 4 giugno provocando una strage. La tragedia di piazza Tienanmen fu vista in diretta da tutto il mondo, le relazioni tra Cina e Occidente vennero interrotte per un certo periodo. 15.7 i partiti comunisti dei paesi occidentali di fronte al crollo del mito sovietico La caduta del muro e la successiva dissoluzione dei regimi comunisti nel paesi dell'est ebbero conseguenze politiche importanti anche in occidente mettendo in discussione il ruolo tradizionalmente svolto dai partiti comunisti. Tra le democrazie occidentali quella che fina dal dopoguerra disponeva del più solido partito comunista era l'Italia. Il PCI aveva raggiunto nel 76 pochi punti dalla DC. Già negli anni 70 e primi 80 il segretario Berlinguer aveva preso le distanze da Mosca, lanciando il progetto di una società socialista compatibile con le istituzioni democratiche, una via occidentale al comunismo detto eurocomunismo. Da un lato quindi il segretario aveva progressivamente modificato la linea del PCI ma dall'altro l'unione Sovietica rimaneva la patria del socialismo nell'immaginario di molti militanti. Alla morte di Berlinguer nel 84 il nuovo segretario Natta avviò un dibattito in sintonia con le aperture di Gorbacev, la svolta prese corpo quando ( dopo una serie di sconfitte elettorali) viene eletto segretario Occhetto, membro della nuova generazione, che a seguito della caduta del muro, formalizzò anche il cambio del nome. Nel 91 il PCI cessa di esistere e nasce il Partito Democratico di Sinistra. questo causò l'immediata uscita delle correnti legate ancora all'ideologia marxista leninista che costituirono Rifondazione Comunista. In Francia il PCF aveva conosciuto un progressivo ridimensionamento che lo aveva costretto ad avvicinarsi ai socialisti e nel 1989 perse quasi tutti i sindaci. Nel tentativo di risollevare il partito i dirigenti puntarono sulla riaffermazione dell'identità storica del comunismo, criticando Gorbacev e chiudendosi nel culto di Cuba e Vietnam. Tali scelte provocarono l'allontanamento di altri militanti e nel 93 il PCF prese il 9%. In Spagna il partito si era avvicinato al progetto eurocomunista di Berlinguer ma a prezzo di contrasti interni e scissioni. Nonostante questo, col 10 % la sua linea moderata e riformista ebbe un ruolo importante nel processo di democratizzazione della spagna. Nella Germania dell'Est la SED cioè il partito socialista unificato della Germania, cambiò il proprio nome dopo la caduta del muro in Partito della Sinistra e si presentò solo nella parte ex orientale. Fallito il golpe della vecchia guardia moscovita nel 91, ebbe inizio un vero processo di revisione interna e il partito imboccò una strada riformista e pluralista. In Portogallo il PCP aveva posizioni vicine all’eurocomunismo, si alleò col partito socialista e vinse a Lisbona. Dopo aver preso le distanze dalle politiche adottate ad est, nel 90 prese il 13% ma a partire da allora cominciò una fase di declino. In Grecia già nel 86 era entrato in una coalizione della Sinistra Ellenica, ma la s celta di formate un governo con i moderati portò a una scissione, l'ala separatista radicale appoggiò il colpo di stato moscovita. Nei paesi del nord europa il declino dei comunisti era iniziato prima degli anni 80, quando confluirono in coalizioni moderate con socialisti, pacifisti ecologisti. 15.8 l’Unione europea guarda ad est: gli allargamenti Per la CEE gli anni novanta si aprirono con due i portanti sfide: 1 la realizzazione dell'unione monetaria ( grande scommessa di Delors, in carica dal 85 al 94); 2 l'apertura ai paesi dell'ex blocco sovietico. Sorta in piena guerra fredda la CEE era rimasta un club ristretto dei fondatori, poi negli anni 80 si era allargata a Grecia, Spagna Portogallo neo democratici, al crollo del muro era un organismo di 12 paesi. Era anche in corso un dibattito sull’approfondimento della unione a livello politico oltre che monetario. La riunificazione della Germania si pose come primo problema, giacché la F e la GB temevano la modificazione che l'incremento demografico, economico e geopolitico avrebbe portato gli equilibri europei. Mitterrand propose la creazione di una confederazione europea per associare tutti gli stati del continente e garantire pace, sicurezza e proficue relazioni economiche. Considerando l'unione europea come la continuazione della politica francese di contenimento del gigante tedesco, sottolineò che proprio la Cee era diventata un punto di riferimento e di attrazione per i popoli dell'est. (Teoria del magnete di Schumacher) Kohl era europeista ed era anche convinto che una maggiore integrazione tra i paesi europei avrebbe dissipato i timori di F e GB in merito ad un possibile predominio tedesco. Ribadì più volte che il suo obiettivo non era una Europa tedesca ma una Germania Europea. Quindi le pressioni della Germania erano verso la formazione di un vero soggetto politico, l'Europa con connotati federali diventava un ancoraggio reciproco davanti alla disgregazione del blocco sovietico. Nel 91 il trattato di Maastricht istituendo la Unione Eu, aggiungeva alla cooperazione economica elementi di carattere politico in materia di giustizia, difesa, sviluppo tecnologico, politiche sociali e ambientali, introduceva la cittadinanza europea e fissava le regole per consentire l'introduzione della moneta unica. Restava da risolvere il problema dell’ammissione dei nuovi paesi. La questione riguardava soprattutto la debolezza delle economie dell'est, ma pur prendendone atto, prevalse la logica politica che considerava l'inclusione delle neonate democrazie ex sovietiche un modo per favorirne la stabilità. Nel consiglio europeo di Copenaghen 1993 furono stabiliti i criteri per l'ingresso, tra gli obblighi la condivisione dell'obiettivo di una unione sempre più profonda. Tra varie accelerazioni e rallentamenti, compreso il tentativo fallito di costituzione europea nel 2003, Nel 2004 nasce la nuova Europa a 25 allargata nel 2007 a Romania e Bulgaria.