Scienze della Terra Secondo l’“ipotesi di Gaia”, elaborata nel 1979 da Lovelock e Margulis, la Terra non sarebbe altro che un sistema integrato capace di omeostasi, esattamente come un essere vivente. Per esempio, al variare della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, dovuto a disboscamento e combustione, cioè all’antropizzazione, la Terra reagisce: nel rispetto della legge di Henry, parte di essa viene assorbita in acqua, dove può trasformarsi in composti chimici solidi, carbonati, che daranno origine a rocce. Le risposte della Terra avvengono però in tempi geologici o astronomici, e per questo il pianeta fatica a stare dietro all’uomo, che è una specie permeante. Attualmente è appurato che i componenti del sistema Terra sono tre: atmosfera, idrosfera e litosfera; la biosfera non viene infatti considerata dai geologi. Il primo a ipotizzare che la Terra non fosse omogenea fu nel 1885 Suess, il cui modello prevedeva tre involucri concentrici all’incirca dello stesso spessore: il più esterno, chiamato SiAl perché costituito da silicio e alluminio; un involucro intermedio costituito da silicio e magnesio, perciò detto SiMa; quello interno chiamato NiFe perché costituito da nichel e ferro. La composizione chimica dei vari involucri fu dedotta da Suess in base a dati, all’epoca già disponibili, sulla densità della Terra, che mediamente è 5,5 g/cm3; le rocce superficiali però raggiungono al massimo la densità di 3 g/cm3, per cui la parte interna doveva essere composta da materiali molto più pesanti e aggirarsi attorno ai 13 g/cm3. L’intuizione su quali questi materiali potessero essere venne a Suess da dati riguardanti meteoriti composti da nichel e ferro, le condriti; questi calcolò il dato ipotetico di 13 g/cm3 di densità per la parte interna basandosi sul volume della terra. Nei primi anni del ’900 si iniziò a indicare gli involucri concentrici come crosta, mantello e nucleo. La disomogeneità della Terra fu confermata dallo studio delle onde sismiche, che consentì anche di determinare la diversa estensione dei quattro involucri; quattro perché il nucleo comprende un nucleo esterno liquido e uno interno solido, entrambi formati principalmente da ferro, come era stato ipotizzato da Suess. Allo stesso modo, la crosta considerata singolarmente è formata all’80% da O, Si e Al. La Terra nella sua totalità è invece formata per il 90% da Fe, O, Si, Mg; la presenza dell’ossigeno tra i costituenti principali sia della sfera biotica sia di quella abiotica è dovuto alla sua estrema reattività. I termini volti a indicare i diversi componenti del sistema Terra cambieranno comunque ancora negli anni ’70 del Novecento, con la teoria della tettonica delle placche. Ben prima che gli scienziati avessero accesso diretto alla crosta terrestre, la conoscenza delle rocce si sviluppò in epoca preistorica come patrimonio della scienza per necessità; la nascita della geologia come scienza moderna si colloca invece a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900. Minerali I minerali sono da un punto di vista chimico sostanze pure; non possono cioè essere separate in tipi più semplici di materia con normali processi chimici. Un minerale è un solido generalmente cristallino, si forma in natura attraverso un processo inorganico di natura chimica e ha una composizione esprimibile con una formula. I processi di formazione dei minerali si svolgono nelle facies, soprattutto acquatiche, in cui in tempi geologici avvengono processi di precipitazione dei sali; solfati, carbonati e alogenuri derivano appunto da antichi bacini che hanno subito un processo di evaporazione. Un’altra grande facies è quella magmatica, dove si verificano processi di raffreddamento all’interno della crosta terrestre. La terza facies è quella metamorfica, in cui il processo di cristallizzazione avviene soprattutto per effetto della pressione; in genere vi si formano cristalli di minerali a partire da altri minerali, per cui si parla di processo di ricristallizzazione. La classificazione dei minerali è su base chimico-cristallografica. Gli elementi nativi sono una classe in un certo senso a sé; chimicamente si tratta infatti di elementi, formati da un solo tipo di atomo, ad esempio l’oro o il bismuto nativo. Tutte le classi hanno comunque una composizione definita cui corrisponde una precisa formula chimica. Un esempio di minerale è NaCl, da un punto di vista chimico definito cloruro di sodio, come minerale invece salgemma. Il salgemma è diverso dal sale marino perché prodotto in tempi geologici; per questo motivo è molto più puro e non presenta assolutamente iodio. Deve inoltre avere una forma cubica, data dall’abito cristallino, che invece il sale marino non ha per via del processo di formazione troppo rapido. Un’adulterazione ad esempio del sale rosa dell’Himalaya si può riconoscere attraverso la forma dei grani, che dev’essere appunto cubica, e il colore, che se è artificiale tende a perdere. Un altro minerale è SiO2, il quarzo, il cui abito cristallino gli conferisce un aspetto prismatico. Fu Berzelius a introdurre un criterio organizzativo di tipo chimico legato all’anione che caratterizza il composto; eccone degli esempi. Cloruro di sodio (NaCl); l’anione è il cloro; il cloro è un alogeno; dunque il cloruro di sodio è un alogenuro. Quarzo (SiO2): l’anione è l’ossigeno; dunque il quarzo è un ossido. Gesso (CaSO4); l’anione è lo zolfo; dunque il gesso è un solfato. Calcite (CaCO3); l’anione è il carbonio; dunque la calcite è un carbonato. L’indagine sui minerali è stata comunque in principio di tipo fisico; un minerale è caratterizzato infatti anche da precise proprietà fisiche, quali durezza e densità. Una scala di durezza, detta scala di Mohs, dall’omonimo mineralogista tedesco che la elaborò, pone alla base il talco, con valore di durezza 1, e al vertice il diamante, con valore di durezza 10; gli elementi superiori della scala possono scalfire quelli inferiori ma non viceversa. Altre caratteristiche fisiche sono il colore, la lucentezza e la forma; ogni minerale si presenta infatti come un solido dotato di una particolare forma geometrica, detta abito cristallino. Le regole per studiare la struttura fisica dei cristalli furono introdotte dal primo cristallografo in assoluto, Stenone, nel XVII secolo; questi formulò la regola della costanza degli angoli diedri, data dal calcolo, nella forma geometrica del minerale, degli angoli adiacenti, che sono costanti. La sua classificazione di tipo cristallografico prevedeva fino a 32 classi. All’interno di un cristallo gli atomi si dispongono in maniera ordinata in funzione di T e P in un reticolo cristallino; la più piccola unità di questo reticolo cristallino è la cella elementare, unità strutturale minima che si ripete nelle tre dimensioni. L’ordine interno di un minerale ha un effetto macroscopico, l’abito cristallino; in base ad esso e alla struttura chimica è possibile identificare qualsiasi minerale. Esistono in realtà anche minerali amorfi, che non presentano reticolo cristallino; sono anche detti minerali vetrosi e hanno una struttura disordinata, simile alla disposizione che le particelle di un gas o di un liquido assumono in ogni istante. I minerali amorfi si originano quando la formazione dei cristalli è impedita da un passaggio di stato eccessivamente rapido, a seguito di brusche variazioni di T e P; è il caso dello zolfo amorfo che si forma per brinamento, cioè per passaggio dallo stato aeriforme allo stato solido, a livello di solfatare. Un altro esempio di minerale amorfo è l’opale, che ha la stessa composizione del quarzo e deriva da una soluzione calda contenente silice che si raffredda rapidamente provocando la precipitazione del soluto; si parla anche per indicarla di idrogel di silice, o silice idrata. La differenza tra sostanze cristalline e sostanze amorfe si ripercuote anche sul piano fisico. Le sostanze cristalline sono anisotrope; ciò significa che in esse grandezze fisiche come lucentezza, colore e altre proprietà ottiche assumono valori diversi a seconda della direzione considerata. Le sostanze amorfe sono isotrope; presentano cioè le stesse caratteristiche fisiche in tutte le direzioni. Ulteriori caratteristiche particolari dei minerali sono il polimorfismo e l’isomorfismo. – Il polimorfismo è la caratteristica propria di minerali che hanno la stessa composizione chimica ma diverso reticolo cristallino, la cui formazione è influenzata dalle condizioni di temperatura e pressione. Un esempio di polimorfismo sono il diamante e la grafite, entrambi formati unicamente da atomi di carbonio. • Nel diamante gli atomi di carbonio presentano una struttura tetraedrica completata nel centro di simmetria (il punto interno a una figura geometrica equidistante dalle facce) da un ulteriore atomo di carbonio, per un totale di cinque nella cella elementare. Le condizioni che consentono al C di assumere questa struttura tetraedrica sono in natura estremamente rare; esse sono dette stato (chimico) di ibridazione sp3, il che significa che sono coinvolti un orbitale s e tre orbitali p. Tra gli atomi di carbonio che compongono il diamante sono presenti legami covalenti puri estremamente stabili. In ambito biotico, la struttura tetraedrica si può riscontrare anche nel metano, CH4, in cui ai vertici del tetraedro si collocano gli atomi di idrogeno. • Nella grafite invece la cella elementare ha una forma esagonale e un’estensione bidimensionale; tra diversi piani si instaurano legami intermolecolari, i quali si rompono ad esempio quando si scrive con una mina di grafite. Tale struttura si forma in condizioni di temperatura e pressione più comuni e meno estreme rispetto a quelle del diamante; si parla di stato di ibridazione sp2. La struttura planare della grafite è data da tre atomi di carbonio disposti a triangolo al cui centro si colloca un quarto atomo di carbonio; queste strutture danno la cella elementare di forma esagonale. In ambito biotico, la medesima struttura caratterizza l’etilene (CH2=CH2), una sorta di ormone vegetale il cui effetto è accelerare la maturazione. Sono polimorfe anche le forme cristalline e amorfe dello stesso minerale; è questo il caso di quarzo e opale, di zolfo cristallino e zolfo amorfo – L’isomorfismo è il fenomeno per cui nel reticolo cristallino di un minerale sono compresenti ioni di due elementi diversi, che prendono il nome di ioni vicarianti. Un minerale isomorfo è la dolomite, (Ca, Mg)CO3, contenuta nella dolomia, roccia presente in abbondanza nella catena delle Dolomiti; queste erano un mare tropicale, con una barriera corallina formata da CaCO3, carbonato di calcio o calcite. In seguito a movimenti delle placche questa si ritrovò in condizioni di elevata temperatura e pressione in presenza di una soluzione contenente Mg; il Mg in questione si inserì nel reticolo cristallino della calcite, sostituendo parzialmente il Ca con cui ha volume e caratteristiche chimiche simili. Questo fenomeno è indicato con il nome di vicarianza. Un altro minerale isomorfo è l’olivina, un silicato di ferro e magnesio, (Mg, Fe)2SiO4; sono isomorfi del resto la maggior parte dei silicati. Rocce Le rocce sono miscugli solidi naturali di minerali; si tratta in genere di miscugli eterogenei, sono estremamente rare le rocce monominerale, tra cui il marmo bianco di Carrara. Un esempio di roccia è il granito, che si forma per lentissimo raffreddamento, nel corso di milioni di anni, del magma; questo processo consente la formazione di cristalli di minerali riconoscibili a occhio nudo. È una roccia magmatica, o ignea, ed è composto sempre da quarzo, feldspati (una classe di silicati, dal colore generalmente rosato) e mica (nera, detta anche biotite, o bianca, detta anche muscovite), più, eventualmente, minerali accessori. La presenza di taluni minerali piuttosto che altri è dovuta al processo di formazione della roccia stessa. Le rocce hanno una classificazione genetica, in base cioè appunto alla genesi; si distinguono tre categorie di formazione. – Processo magmatico, la cui durata è variabile; può essere più lento o più rapido a seconda del tempo impiegato dal magma a raffreddarsi. – Processo sedimentario, che dà origine alla maggior parte delle rocce che costituiscono la porzione superficiale della crosta; ha luogo in facies molto diverse, che possono essere acquatiche (mari, fiumi), continentali (deserto, vedi ad es. rose del deserto) o di transizione (sorgenti, foci). – Processo metamorfico; si verifica in condizioni di T e/o P estreme, particolarmente elevate, dando origine ad esempio a marmo e dolomia. Il modello per la classificazione delle rocce in base alla genesi venne proposto in forma semplificata a inizio ’800 e affinato a partire da inizio ’900 grazie all’avanzamento delle tecnologie. Il ciclo litogenetico nella sua forma semplificata contempla i seguenti passaggi. – Rocce magmatiche. Si originano da un magma, una massa fusa di altre rocce, che risalendo si raffredda. Questo raffreddamento può aver luogo all’interno della crosta, nel qual caso si hanno rocce ignee intrusive dette olocristalline, con cristalli cioè visibili a occhio nudo, come il granito, che spesso è il cuore di orogeni (ad es. il Monte Bianco), la diorite e il gabbro; oppure all’esterno della crosta, a contatto con atmosfera e/o idrosfera, nel qual caso si hanno rocce ignee effusive come pomici e ossidiane, dette vetri vulcanici. Occorre precisare che la lava, la quale fuoriesce dai vulcani negli eventi eruttivi, è magma che ha perso tutta la sua componente gassosa. – Rocce sedimentarie. Gli agenti esogeni (vento pioggia cambiamenti termici ghiaccio) provocano la demolizione delle rocce preesistenti; a questa frantumazione fisica e a volte anche chimica segue il trasporto. I frammenti di rocce che raggiungono le facies sedimentarie attraversano un processo di litificazione, dando origine alle rocce sedimentarie. – Rocce metamorfiche. Rocce preesistenti di tipo sedimentario, sottoposte a elevate temperature e pressioni nelle profondità della crosta, vanno incontro a un processo di ricristallizzazione, cioè di trasformazione di minerali in altri minerali senza il passaggio dallo stato fuso, che origina le rocce metamorfiche. Le venature presenti in tali rocce, ad esempio il marmo, non sono altro che la visualizzazione di questo processo. La crosta terrestre è formata per il 65% da rocce magmatiche, per il 27% da rocce metamorfiche e per l’8% da rocce sedimentarie; queste ultime ricoprono però ben l’80% della superficie terrestre. Rocce magmatiche Le rocce magmatiche o ignee si formano attraverso il processo magmatico, in cui riveste particolare importanza l’andamento della temperatura, parametro determinante. Il processo magmatico coinvolge un magma, ossia una massa di minerali allo stato fuso, contenente in soluzione anche sostanze allo stato aeriforme. Poiché esso è molto più caldo rispetto alle rocce circostanti, dette rocce incassanti, il magma risale attraverso fenditure esistenti o se le crea frantumando appunto le rocce incassanti. Questa risalita dura intere ere geologiche; nel corso di essa il magma va raffreddandosi. Se questo processo avviene tutto all’interno della crosta terrestre, i cristalli si formano nella loro interezza man mano che vengono raggiunti i punti di solidificazione e si formano le celle elementari dei vari minerali; si originano così le rocce ignee intrusive olocristalline, formate solo da cristalli, come il granito, la diorite, il gabbro, la peridotite. Le rocce effusive subiscono lo stesso processo nelle fasi iniziali, che durano comunque non meno di milioni di anni; la differenza sta però nel fatto che, se il magma raggiunge la superficie sfruttando un condotto già esistente o creandoselo, comincia a fuoriuscire perdendo così la sua componente gassosa. Il raffreddamento dato dal contatto con l’atmosfera o l’idrosfera è molto rapido e repentino; non sussistono cioè più le condizioni perché si formi un reticolo cristallino. Se nelle fasi precedenti alla fuoriuscita dalla crosta terrestre avevano iniziato a formarsi cristalli, ma questi erano rimasti molto piccoli di dimensioni, si originano così rocce ignee effusive microcristalline; esempi sono la riolite, il corrispondente effusivo del granito, e la pietra pomice, la cui struttura vacuolare le conferisce un peso molto ridotto. Se i cristalli formatisi precedentemente alla fuoriuscita hanno raggiunto dimensioni visibili e si trovano immersi in una pasta amorfa o microcristallina, si parla invece di rocce nesocristalline o porfiriche; ne è appunto un esempio il porfido. Se al contrario non fanno in tempo a formarsi cristalli prima della fuoriuscita, si originano rocce amorfe o vetrose; ne sono esempi il basalto, costituente unico dei fondali oceanici, e l’ossidiana, la cui peculiarità è di rompersi formando molto spigoli molto taglienti. Proprio a causa di ciò è stata largamente impiegata dall’uomo in epoca antica per armi e altri manufatti; è presente in grande quantità sulle Eolie, di origine vulcanica, e in particolare a Lipari, non a caso uno dei primi insediamenti neolitici in Italia. Rocce sedimentarie Le rocce superficiali subiscono un lento ma continuo processo di disgregazione ad opera degli agenti esogeni; questi non sono esclusivamente gli agenti meteorici o atmosferici, ma includono vento, acqua selvaggia o incanalata; l’escursione termica, termoclastismo. In particolare, la temperatura può avere un’azione indiretta su rocce contenenti acqua; essa passando allo stato solido a seguito di una diminuzione della temperatura aumenta di volume. Quando ciò avviene l’acqua può frantumare la roccia in cui è contenuta; si parla per indicare questo fenomeno di crioclastismo. Gli agenti esogeni non solo frantumano le rocce, ma ne trasportano anche i frammenti; questi si accumulano sotto forma di sedimenti, cioè di rocce incoerenti, nelle facies sedimentarie, dove vanno incontro a litificazione. Il processo di litificazione più importante è la diagenesi, che si compone di due fasi, compattazione e cementazione. La compattazione consiste nell’accumulo di nuovi sedimenti che vanno compattandosi per effetto della forza di gravità; la cementazione avviene in modo differente a seconda della facies in cui ha luogo. Le facies sedimentarie sono di tre tipi. – Facies acquatiche. Rientrano in questa categoria i fondali oceanici, soprattutto quelli prossimi alle coste, il letto e talvolta gli argini dei fiumi, il fondo dei laghi. In questi ambienti la cementazione ha luogo come segue. I sali contenuti in soluzione, raggiunto il punto di saturazione, precipitano e vanno a formare un cemento che tiene insieme i sedimenti; danno così origine, tramite reazioni chimiche con i frammenti del sedimento, e a una roccia coerente. Prodotti di questo processo sono l’arenaria e le argille. – Facies continentali. Sono tali i deserti, rocciosi o sabbiosi, e le pietraie d’alta quota. In esse la cementazione avviene attraverso processi chimici in determinate condizioni di temperatura e pressione. – Facies di transizione. Ne è un esempio la foce dei fiumi, dove avviene il deposito dei sedimenti; questi possono andare incontro a un processo di litificazione al punto di formare zone continentali, come è accaduto per la Pianura padana. Esempi di rocce sedimentarie sono la calcite da cui si origina la dolomia, che invece è metamorfica, alcuni calcari e il travertino; quest’ultimo è una roccia sedimentaria particolare, poiché non si forma attraverso normale processo di diagenesi, ma attraverso processi chimici. Fa parte di una particolare categoria, quella delle rocce chimiche o evaporitiche; queste si formano in facies sedimentarie in cui avviene un rapido cambiamento di T e P, facies quindi di transizione come le sorgenti. L’acqua che ne fuoriesce cambia rapidamente temperatura, che si abbassa (all’interno della crosta è più elevata per via del gradiente geotermico), e pressione, che diminuisce a sua volta (all’interno della crosta è maggiore per via del pacco di rocce che preme). Il carbonato di calcio, la calcite, costituente fondamentale del travertino, è fortemente insolubile in condizioni normali; tuttavia in presenza di CO2, a causa dell’acidificazione dell’acqua, si forma bicarbonato di calcio, solubile. Questo processo è descritto dal seguente equilibrio chimico: CaCO3s + H2Ol + CO2g ↔ CaCO3s + H2CO3aq ↔ Ca(HCO3)2 Quando un corso d’acqua carsico, cioè sotterraneo, arriva alla sorgente, l’equilibrio si sposta verso sinistra, CO2 evapora, CaCO3 precipita formando rocce sedimentarie come appunto il travertino. Questo è inoltre una roccia biogena, poiché la calcite di cui è composto ha origine biologica; le rocce biogene hanno quindi questa classificazione in base non al processo di formazione ma all’origine dei loro componenti. Esse presentano nella loro composizione calcite o silice; la calcite va a costruire le barriere coralline, la silice viene utilizzata dalle diatomee per costruire strutture scheletriche. Rocce metamorfiche Le rocce metamorfiche si originano attraverso un processo detto metamorfismo; esso consiste nella ricristallizzazione di una roccia allo stato solido, che si verifica grazie a variazioni di temperatura e/o pressione. Gli atomi cioè, senza che la roccia coinvolta passi per lo stato liquido, si dispongono nello spazio a formare nuovi reticoli cristallini e di conseguenza nuovi minerali. Il metamorfismo si distingue in tre tipi: da contatto, quello delle rocce incassanti, in particolare per effetto della temperatura; regionale, quello delle rocce sottoposte ad elevatissime pressioni nel corso di processi tettonici e di sollevamento, processi cioè orogenetici; dinamico, quello delle rocce poste nelle faglie trascorrenti. Sono un prodotto di metamorfismo regionale le rocce che formano le Alpi, serpentinite, quarzo e dolomia. Le rocce metamorfiche si formano dunque in facies particolari, che corrispondono a tre diversi luoghi: le zone intorno ai magmi che si stanno raffreddando, in cui sono localizzate le rocce incassanti e in cui è prevalente l’azione della temperatura; i margini convergenti, in cui le rocce vengono sottoposte ad elevatissime pressioni a causa delle interazioni fra forze opposte; e i margini trascorrenti, in cui è sempre prevalente l’azione della pressione. Le rocce metamorfiche presentano generalmente cristalli visibili a occhio nudo; non sono però dette olocristalline. Un esempio è lo gneiss, in cui i cristalli sono così evidenti da formare sfere allungate circondate da linee scure; si ha dunque lo gneiss occhiadino, che ricorda l’occhio bistrato. Un altro esempio è il marmo, a sua volta con cristalli molto grandi, visibili soprattutto nel marmo grezzo, che presenta l’aspetto di una zolletta di zucchero; si parla così di marmo saccaroide. Un’altra caratteristica delle rocce metamorfiche è la presenza di piani di scistosità, piani di rottura della roccia, più o meno sottili, lungo i quali essa si frantuma; sono la conseguenza della pressione orientante che si ha durante il processo metamorfico. La formazione di cristalli avviene cioè su piani perpendicolari alla pressione orientante; si formano piani di deposito visibili a occhio nudo, lungo i quali avviene la frantumazione della roccia. A un grado di scistosità basso corrispondono piani molto spessi, come per il marmo; a uno alto piani più sottili, formatisi in tempi più brevi, come per le serpentiniti. Ha grado di scistosità medio l’ardesia, mentre è basso o intermedio quello degli scisti, grande famiglia di rocce metamorfiche. Ciclo litogenetico Il modello concettuale del ciclo litogenetico è stato modificato in conseguenza delle scoperte sulla distribuzione delle rocce ignee. Essa non è infatti omogenea né per le rocce intrusive, tra cui prevale nettamente il granito, né per quelle estrusive, tra cui è preponderante il basalto. I basalti sono rocce di tipo femico, ricche cioè di Fe e Mg, contenenti un’elevata percentuale di silicati; esse sono anche dette rocce basiche, cioè con bassa percentuale di quarzo. I graniti sono invece rocce sialiche, ricche di quarzo, con un’elevata percentuale di silicati; esse sono anche dette rocce acide. Questo poneva interrogativi sull’eventuale esistenza di due tipi di magma; si è pervenuti così al modello a due magmi, non più concettuale ma con una base sperimentale. Bowen infatti per la prima volta simulò la formazione di rocce ignee in laboratorio, nei primi anni del ’900. Egli parlò di un magma che per sua natura tende a non risalire e di un altro magma che invece ha maggiore tendenza a farlo. Il primo è il magma secondario, che ha origine nella crosta terrestre e forma prevalentemente graniti; presenta temperature attorno agli 800° C ed è anche detto magma freddo, acido, o anatessico, dall’anatessi che è il processo di fusione di una roccia a livello naturale. Il secondo è il magma primario, molto più profondo, che ha origine nell’astenosfera del mantello e quindi non partecipa in modo convenzionale al ciclo litogenetico; si aggira intorno ai 1000° C. La maggiore o minore tendenza a risalire è dovuta sia alla natura chimica del magma sia alla sua temperatura. Un’altra scoperta legata al ciclo litogenetico fu quella che una piccola percentuale di rocce sedimentarie si forma grazie a contributi esterni da parte dell’atmosfera. Si formano infatti rocce chimiche sedimentarie all’interno dell’idrosfera grazie al contenuto dell’atmosfera che, secondo la legge di Henry, passa in soluzione. Il ciclo litogenetico subisce quindi due contributi esterni: il magma primario e la formazione di rocce chimiche all’interno dell’idrosfera in ottemperanza alla legge di Henry.