APPUNTI Erving Goffman “La vita quotidiana come rappresentazione” Con questo lavoro ho voluto scrivere quasi un manuale che illustri una delle prospettive sociologiche attraverso le quali si può studiare la vita sociale, in particolare quel tipo di vita sociale che si svolge entro i confini fisici di un edificio o di una fabbrica. Verrà descritto un gruppo di caratteristiche che, nel loro insieme, costituiscono uno schema di riferimento che può essere utilizzato nell'analisi di ogni sistema sociale, sia esso familiare, industriale o commerciale. La prospettiva che viene usata in questo lavoro è quella della rappresentazione teatrale; i principi che ne derivano sono di tipo drammaturgico. Prenderò in esame il modo in cui un individuo, in normali situazioni di lavoro, presenta se stesso e le sue azioni agli altri, il modo in cui guida e controlla le impressioni che costoro si fanno di lui, e il genere di cose che può o non può fare mentre svolge la sua rappresentazione in loro presenza. Nell'usare questo modello, non cercherò di celare le sue palesi carenze: il palcoscenico presenta delle finzioni; presumibilmente, invece, la vita presenta cose vere e non sempre ben imparate in precedenza. Cosa ancora più importante, forse, è che in teatro un attore si presenta nelle vesti di un personaggio che si riflette nei personaggi proiettati dagli altri attori; il pubblico costituisce un terzo elemento dell'interazione: elemento essenziale, che, tuttavia, se la rappresentazione fosse realtà, non avrebbe occasione di esistere. Nella vita quotidiana i tre elementi si riducono a due soli; la parte rappresentata da un individuo è adattata alle parti rappresentate dagli altri, ma questi, a loro volta, costituiscono anche il pubblico. (p.9) Quando un individuo viene a trovarsi alla presenza di altre persone, queste, in genere, cercano di avere informazioni sul suo conto o di servirsi di quanto già sanno di lui (…) I presenti possono ricavare informazioni da diverse fonti e molti indicatori (o « strumenti segnici ») sono disponibili a questo scopo (p.11). Molti fatti cruciali restano al di fuori dei limiti spaziali e temporali dell'interazione o, pur essendovi compresi, non sono evidenti. Per fare un esempio, le convinzioni, gli atteggiamenti, le emozioni « vere » o « reali » dell'individuo possono essere accertate solo indirettamente, attraverso le sue dichiarazioni o ciò che appare essere un comportamento espressivo involontario. Analogamente, qualora l'individuo presenti agli altri un prodotto o un servizio, costoro si accorgeranno spesso che, durante l'interazione, non ci sarà né il tempo né lo spazio per accertare subito la natura di quanto è stato loro offerto. Gli osservatori saranno infatti obbligati ad accettare certi avvenimenti come segni convenzionali o naturali di qualcosa che non è direttamente percettibile ai sensi. (p. 12) Due tipi di attività semantica radicalmente diversi: l'espressione assunta intenzionalmente e quella « lasciata trasparire ». La prima comporta quei simboli verbali, o quei loro sostituti, che l'individuo usa deliberatamente e soltanto per comunicare le informazioni che egli stesso e gli altri convengono di attribuire a tali simboli: questa è comunicazione nel senso tradizionale e ristretto del termine. La seconda comprende una vasta gamma di azioni che gli osservatori possono considerare come sinto-matiche dell'attore: si da per scontato, infatti, che l'azione sia rappresentata per un motivo diverso da quello di trasmettere quella determinata informazione. Come vedremo, questa distinzione ha soltanto una validità iniziale. L'individuo può naturalmente comunicare di proposito informazioni fuorvianti per mezzo di questi due tipi di comunicazione: nel primo caso avremo un inganno, nel secondo una finzione. Dei due tipi di comunicazione (…) questo studio si occuperà principalmente del secondo, del tipo cioè di spiccato carattere teatrale e contestuale, di genere non verbale e presumibilmente non intenzionale, a prescindere dal fatto che questa comunicazione sia stata più o meno volutamente costruita. Quando un individuo è in presenza di altri (…) [ha] molte ragioni per cercare di controllare le impressioni che essi ricevono della situazione. Questo studio riguarda alcune delle tecniche più comunemente adoperate al fine di maniere tali impressioni e alcune delle evenienze che si verificano più di frequente nell'impiego di queste tecniche (…). Al centro 1 dell'interesse sono solo i problemi drammaturgici incontrati da un attore nel presentare la sua attività di fronte ad altri. Quando un individuo interpreta una parte, implicitamente richiede agli astanti di prendere sul serio quanto vedranno accadere sotto i loro occhi. (p29) Quando l’individuo non è convito della propria recitazione e non è interessato all’opinione del pubblico, possiamo definirlo “cinico”, serbando invece il termine di “sincero” per coloro che credono nell’impressione comunicata con la propria azione” (p.30) almeno così ci immaginiamo). Fra gli elementi che compongono la facciata personale possiamo includere: i distintivi di rango o di carica; il vestiario; il sesso, l'età e le caratteristiche razziali; la taglia e l'aspetto; il portamento; il modo di parlare; l'espressione del viso; i gesti della persona, e via di seguito. Alcuni dì questi strumenti semantici, quali le caratteristiche razziali, sono generai i mente fissi e non variano nel tempo, né da una situazione ad un'altra; altri, invece, sono relativamente mobili e transitori — come le espressioni del viso — e possono variare durante l'azione e da un momento all'altro. La facciata. Talvolta conviene scindere in « apparenza » e « maniera » gli stimoli che formano la facciata personale a seconda della funzione svolta dalle informazioni che essi trasmettono. Sto adoperando la parola « rappresentazione » per indicare tutta quell'attività di un individuo che si svolge durante un periodo caratterizzato dalla sua continua presenza dinanzi a un particolare gruppo di osservatori e tale da avere una certa influenza su di essi. Sarà opportuno classificare come « facciata » quella parte della rappresentazione dell'individuo che di regola funziona in maniera fissa e generalizzata allo scopo di definire la situazione per quanti la stanno osservando. La facciata costituisce quindi l'equipaggiamento espressivo di tipo standardizzato che l'individuo impiega intenzionalmente o involontariamente durante la propria rappresentazione (p.33). Sarà quindi opportuno differenziare e denominare quelle che sembrano essere le parti tipiche della facciata. “Ambientazione” : parti sceniche di un equipaggiamento espressivo. Comprende il mobilio, gli ornamenti, l’equipaggiamento fisico: insomma tutti quei dettagli di sfondo che forniscono lo scenario e gli arredi (…) coloro che se ne servono come parte integrante della loro rappresentazione , non possono cominciare la loro azione fintanto che non si trovano nel luogo appropriato e devono terminarla entro quei medesimi confini. “Facciata personale”: per riferirci a quegli altri elementi" dell'equipaggiamento espressivo che identifichiamo strettamente con l'attore stesso e che naturalmente lo seguiranno ovunque (o «Apparenza» può indicare quegli stimoli che suggeriscono gli status dell'attore o che ci informano della condizione rituale temporaneamente vissuta dall'individuo, e cioè ci dicono se egli è impegnato in un'attività sociale ufficiale, in un lavoro o in una semplice attività ricreativa, se sta o meno celebrando una nuova fase di un ciclo stagionale o del suo ciclo vitale. « Maniera » indica invece quegli stimoli la cui funzione in un dato momento è quella di avvisarci del ruolo interattivo che l'attore pensa di svolgere nella situazione che sta per verificarsi. Cosi una maniera altezzosa ed aggressiva può dar l'impressione che l'attore si aspetti di esser colui che darà inizio all'interazione verbale e che ne dirigerà lo svolgimento; una maniera mite e dimessa può invece dare l'impressione che l'attore si aspetti di seguire la guida altrui, o almeno che possa essere indotto a farlo. Oltre alla coerenza fra apparenza e maniera, ci aspettiamo di trovare naturalmente anche una certa coerenza fra ambientazione, apparenza e maniera. Per poter esplorare in modo più esauriente il rapporto fra le diverse parti che formano la facciata dì un individuo, ci sarà utile adesso considerare una significativa caratteristica delle informazioni che vengono trasmesse dalla facciata, vale a dire la loro astrattezza e generalità. 2 “Routine” : anziché riservare un modello di aspettative e di trattamento differenziati per ogni attore e rappresentazione leggermente diversi, egli può collocare la situazione entro una vasta categoria intorno a cui gli risulta facile organizzare la sua passata esperienza e un modo di pensare stereotipato. La differenza dietro un ristretto numero di facciate, costituisce un naturale sviluppo all’organizzazione sociale. Differenti routines possono servirsi della stessa facciata, questa tende a divenire istituzionalizzata e ad assumere un significato e una stabilità che prescindono dai compiti specifici che in quel momento capita siano rappresentati in suo nome. La facciata diventa “rappresentazione collettiva” e realtà a sé stante. Dato che di solito le facciate sono scelte e non create, è probabile che sorgano difficoltà quando coloro che svolgono un determinato compito sono obbligati a scegliersene una adatta fra le molte disponibili e fra loro diverse. La facciata sociale può essere divisa in parti tradizionali quali l’ambientazione, l’apparenza, la maniera e -poiché differenti routines possono essere presentate dietro una stessa facciata – può darsi che non sia possibile trovare un perfetto adattamento fra il carattere specifico di una rappresentazione e il modo in cui essa appare dal punto di vista sociale. Esempi: organizzazioni formali o di una società organizzazioni militari creano nuovi compiti accordi con i livelli gerarchici (incarichi per rango) infermiere anestesiste (sono più che infermiere e meno che medici) organizzazioni individuali nelle comunità rurali la puntualizzazione di una visita di un amico (repertorio semantico: bicchierino di liquore o di vino, uso dell’argenteria “buona”, vestiti da indossare) carattere specifico della rappresentazione vs punto di vista sociale: esempio = l’avvocato che parla al proprio cliente di una ambientazione sociale utilizzata solo per quello scopo (lo studio) ma usando abiti che può utilizzare anche in altre occasioni perché ugualmente appropriati (a pranzo, al teatro, ecc.) L’ambientazione, la maniera e l’apparenza possono essere specifiche ed usate unicamente per rappresentazioni di un solo tipo di routine, ma tale uso esclusivo del repretorio semantico è più una eccezione che la regola. Qualità teatrali della rappresentazione Quando è in presenza di terzi, l’individuo puntualizza tipicamente la propria attività con segni che accentuino in modo teatrale fatti che altrimenti potrebbero passare inosservati o apparire oscuri. L’attività di un individuo per avere un significato per gli osservatori è necessario che egli la svolga in modo da esprimere durante l’interazione quanto desidera comunicare. Nel caso di certi status, la resa teatrale non costituisce alcun problema. Dal punto di vista della comunicazione riescono a trasmettere con efficacia le qualità e gli attributi affermati da colui che sta agendo. I ruoli dei pugili, dei chirurghi, dei violinisti e dei poliziotti costituiscono esempi di questo fenomeno. Queste professioni permettono una tale messa in scena che i loro migliori esponenti — lo siano essi nella realtà o solo nella finzione — diventano famosi e occupano un posto speciale nelle mitologie organizzate dei mass-media. In molti casi, però, la resa teatrale del proprio lavoro costituisce effettivamente un problema. (es. il lavoro delle infermiere dopo una fase post-operatoria, sembrano perder tempo…) il commerciante o gli impresari di pompe funebri alzano i prezzi per compensare investimenti in cose non visibili: assicurazioni, risparmi, ecc.). Il problema di valorizzare la propria attività è più complesso di quanto non sia il far soltanto figurare costi che non appaiono (es. arredare una casa, conversazione radiofonica che sembra spontanea, modella di “Vogue”…dilemma di espressione o azione (impegnarsi a far finta di capire la lezione, può andare a discapito della comprensione stessa della lezione). Idealizzazione Tendenza che hanno gli attori a offrire ai propri osservatori un’impressione che è idealizzata in molti modi diversi 3 Se non tentassimo mai di mostrarci un poco migliori di quello che effettivamente siamo, come potremmo migliorarci o svilupparci interiormente traendo spunti dal mondo esterno? Quando l’individuo si presenta davanti a terzi, la sua rappresentazione tenderà ad incorporare ed esemplificare i valori sociali già accreditati, anche di più di quanto non comporti l’insieme del suo comportamento. In quasi tutte le società sembra esistere un sistema generalizzato di stratificazione, nonché un’idealizzazione dei ranghi più elevati ed una certa aspirazione da parte di chi si trova nei più bassi ad ascendere ai più alti. In genere la mobilità verticale implica la messa in scena di rappresentazioni appropriate, e gli sforzi per salire e quelli per evitare di scendere socialmente sono espressioni di sacrifici fatti per il mantenimento della facciata. (esempi: - - - vita domestica in Scozia, vita frugale dei proprietari terrieri e nelle grandi occasioni grandi banchetti; situazione inversa: neri del Sud degli Stati Uniti, mostrano maniere ignoranti, incapaci e buontemponi: una rappresentazione che esalta i valori ideali che attribuiscono all’attore una posizione inferiore rispetto a quella con cui egli privatamente si identifica – questo per risolvere la competizione per gli impieghi studentesse universitarie americane che si mostrano più stupide con i giovanotti “papabili”, serve per dimostrare la superiorità del maschio ed affermare il ruolo più debole della donna; esibire la povertà per ovviare ai proprietari di case che vogliono estorcere affitti più alti rappresentazioni inscenate dagli accattoni) Quando un individuo da luogo ad una rappresentazione, egli in genere nasconde qualcosa di più dei piaceri sconvenienti o dei propri sforzi di far economia. (esempi di alte cause di occultamento o dissonanze tra apparenza e realtà: Attività lucrativa che resta nascosta al suo pubblico e che è incompatibile con l’impressione che spera di dare della sua attività –es. tabaccaio –scommessa corse cavalli; svolgere il proprio lavoro con utensili, derrate, ecc. a spese della ditta. In questo caso il posto di lavoro e le attività ufficiali diventano una specie di guscio che nasconde la vera attività dell’attore; Sbagli ed errori che spesso vengono corretti prima che abbia luogo la rappresentazione mantenendo quell’impressione di infallibilità. Es. i medici seppelliscono i loro errori. Presentazione di un prodotto come operazione finita, il pubblico sarà indotto a giudicare il presentatore sulla base di qualcosa di completo, rifinito e ben presentato ignorando ad esempio il pochissimo o il molto tempo di lavoro; molte rappresentazioni non potrebbero aver luogo se prima non fossero stati eseguiti dei lavori fisicamente poco puliti, semi-illegali, crudeli e in qualche modo degradanti, aspetti espressi raramente; l’attività di un individuo deve incarnare con successo standard ideali diversi, alcuni di questi sostenuti in pubblico, grazie al sacrificio compiuto in privato in alcuni degli altri (es. sfoggio di prodotti costosi comprati al mercato nero, velocità del servizio ma scarsa qualità, occultamento di maltrattamenti ai pazienti per il mantenimento dell’ordine; dare l’impressione di avere avuto motivi ideali per procurasi il ruolo che stanno rappresentando, di aver tuttora le qualità ideali per svolgerlo, di non aver dovuto sopportare alcuna offesa, insulto, umiliazione né di aver dovuto lavorare “sottobanco” per ottenere quel particolare ruolo). Tendenza a nascondere o sminuire quelle attività, fatti e motivi che sono incompatibili con una versione idealizzata di se stessi e dei suoi prodotti 4 (es. gli attori incoraggiano l’impressione che la routine che si sta rappresentando al momento sia l’unica rappresentata o almeno la più importante; segregazione del pubblico per proteggere le impressioni desiderate gli attori tendono a comunicare che il rapporto con l’attuale pubblico ha qualcosa di unico e speciale, si accentuano gli aspetti spontanei della situazione, si esagera l’unicità del rapporto intercorrente tra attore e pubblico) Conservazione del controllo dell’espressione L’attore può contare sul fatto che il pubblico accetti indicazioni di secondaria importanza come prova dell’importanza della sua rappresentazione. Ma può succedere che il pubblico può fraintendere il significato che un’indicazione avrebbe dovuto esprimere = carattere ambiguo della comunicazione. Si fa in modo che durante la rappresentazione il maggior numero possibile di fatti secondari abbia luogo in modo da non comunicare alcuna impressione, o almeno un’impressione che sia compatibile e coerente con la definizione della situazione in corso. Avvenimenti inopportuni: un attore può accidentalmente comunicare incapacità, scorrettezza o insolenza perdendo momentaneamente il controllo dei propri muscoli (ruttare, sbadigliare, cascare, ecc.); può agire in modo da dare l’impressione di essere troppo o troppo poco interessato all’interazione (balbettando, dimenticando la sua parte, apparendo nervoso, colpevole, imbarazzato, ecc.) può mettere in scena una rappresentazione che risente di una regie inadeguata (calcolare male la sincronia dei tempi, causare pause imbarazzanti durante l’interazione) Nella nostra stessa società molte rappresentazioni profane della vita di ogni giorno devono essere sottoposte ad un controllo rigoroso di conformità, convenienza, correttezza e decoro (…) dobbiamo essere disposti a rilevare che l’impressione della realtà suscitata da una rappresentazione è qualcosa di fragile e delicato che può essere incrinato dalla minima trascuratezza. Rappresentazioni fuorvianti Un pubblico è in grado di orientarsi in una data situazione accettando in buona fede le indicazioni rappresentate, trattandosi questi simboli come prova di qualcosa di più grande o di diverso dai simboli stessi. L’impressione che l’attore cerca di dare in pubblico può essere vera o falsa, sincera o finta, valida o “fasulla”. Quando pensiamo a quelli che mostrano una falsa facciata pensiamo ad una contraddizione fra apparenza e realtà, pensiamo ad un imbroglione che non aveva il diritto di recitare la parte che stava recitando, che non era, cioè, un autorizzato titolare dello status in questione. Quanto più la rappresentazione dell’impostore si avvicina a quella vera, tanto più ne possiamo essere minacciati Esempio: attore di status (più elevato di quello che egli ci aveva fatto credere o viceversa) falsanti coscienti di tutto quello che riguarda la loro vita privata (per nascondere gravi menomazioni) certi aspetti di concetto di status non sono bene definiti, così come per certi versi anche il concetto di assunzione di una personalità fittizia. (la pretesa di essere un laureato in giurisprudenza può essere verificata su basi empiriche, la pretesa di essere un amico sincero un credente ecc. può essere convalidata o misconosciuta solo in modo relativo). Tecniche di comunicazione quali l’allusione, l’ambiguità strategica, l’omissione di fatti importanti permettono all’impostore di approfittare delle bugie senza averne detta tecnicamente alcuna. La collocazione strategica di punti di segretezza rende 5 possibile mantenere un equilibrio favorevole nel rapporto senza dover estendere indistintamente tale arrangiamento a tutti i settori della vita sociale. Viene offerta un’impressione idealizzata attraverso l’accentuazione di certi fatti e l’occultamento di altri; l’attore mantiene la coerenza espressiva. Invece di eseguire semplicemente il proprio compito dando sfogo ai propri sentimenti, l’attore ne esprime l’esecuzione, trasmettendo in maniera accettabile quanto sente. La rappresentazione di una attività è, in certa misura, diversa dalla attività stessa e quindi inevitabilmente la farsa. Esiste un rapporto fra le informazioni e le prescrizioni rituali … E’ opinione largamente diffusa che l’imporre restrizioni al contatto, cioè il mantenere le distanze, sia utile al fine di creare e mantenere il rispetto del pubblico. modo solo per raggiungere quel dato effetto (…) non significa che egli non sappia esprimersi per mezzo di questi accorgimenti in una maniera drammatica e precostituita del suo repertorio. Tutti recitiamo meglio di quanto pensiamo di farlo Realtà ed artificio Una rappresentazione riesce nella misura in cui i testimoni possono credere che gli attori siano sinceri. Questa è la collocazione strutturale della sincerità nel dramma degli avvenimenti. Certe rappresentazioni sono risolte brillantemente con la più totale disonestà, altre con la più completa onestà; ma per le rappresentazioni in genere, non è essenziale nessuno di questi estremi. Esiste la capacità di scambiare con altri la parte recitata quando sia necessario Non ci sono copioni per la maggior parte della espressività non intenzionale. Le rappresentazioni quotidiane legittime non sono “recitate” o “inscenate” nel senso che l’attore sa in anticipo esattamente quello che deve fare e quindi agisce in un certo 6 7